lunedì 30 novembre 2020

USA e Israele Rogue States

“Ha sparato un robot” L’attacco allo scienziato secondo i Pasdaran
Una mitragliatrice comandata da remoto ha fatto fuoco sul convoglio I falchi attaccano Rouhani per la morte del capo del programma nucleare
di Gabriella Colarusso Rep 30 11 2020

L’assassinio di Mohsen Fakhrizadeh sta diventando un problema spinoso per l’apparato di sicurezza iraniano. Tre giorni dopo non c’è ancora una versione unica sulle modalità dell’agguato, e sui social iraniani circola con insistenza una domanda: com’è stato possibile che uno degli scienziati nucleari più influenti e in teoria più protetti del Paese sia stato ammazzato in pieno giorno, poco distante da casa sua, in uno Stato che ha un apparato di sicurezza pervasivo ed esercita un controllo capillare sulla popolazione?
Ieri pomeriggio l’agenzia di stampa Fars News , che è semi ufficiale ma è legata alle Irgc, il corpo paramilitare dei Pasdaran, ha raccontato una storia diversa da quella che aveva condiviso nelle ore successive all’agguato, che è avvenuto nella tarda mattinata di venerdì, giorno di preghiera, nei pressi della città di Absard, nella circoscrizione di Damavand, a est di Teheran.
Fars News sostiene che Fakhrizadeh sia stato ammazzato da una sorta di robot, una mitragliatrice comandata da remoto piazzata su una Nissan parcheggiata a circa 150 metri di distanza dal convoglio che lo scortava, e che non erano presenti sul posto uomini armati. La mitragliatrice era in un furgone pieno di esplosivi che alla fine è saltato in aria.
Secondo questa ricostruzione Fakhrizadeh guidava un’auto blindata su cui viaggiava anche la moglie, erano diretti a casa di alcuni parenti nei sobborghi di Teheran ed erano accompagnati da altre tre auto di sicurezza. La prima si sarebbe allontanata per fare un controllo preliminare della zona verso cui erano diretti. In quel momento la mitragliatrice avrebbe cominciato a sparare colpendo Fakhrizadeh almeno tre volte di cui una alla schiena. «L’intero incidente è durato tre minuti, poiché nessun assassino era presente sulla scena e perché i colpi sono stati sparati solo da armi automatiche », dice il rapporto. Il proprietario della Nissan è stato identificato: ha lasciato l’Iran il 28 ottobre scorso.
Alcuni analisti di difesa sollevano dubbi su questa ricostruzione e fanno notare che le foto della scena diffuse dai media iraniani mostrano colpi molto mirati sull’auto di Fakhrizadeh, difficilmente compatibili con quelli di un’arma governata da remoto. Una delle guardie del corpo di Fakhrizadeh, Hamed Asghari, è sopravvissuto e sarà dimesso dall’ospedale nei prossimi giorni. La versione di Fars News non coincide con quella condivisa sul suo account da Javad Mogouyi, un regista che lavora con le Irgc, ripresa dal New York Times .
Mogouyi ha raccontato che una Nissan abbandonata in una rotonda è esplosa e ha tirato giù una linea elettrica. A quel punto un commando di 12 uomini armati è entrato in azione, alcuni arrivati in motocicletta, altri in auto: ne sono usciti tutti illesi. Il New York Times contestualizza questa operazione nella lunga scia di sabotaggi e omicidi mirati condotti dalle intelligence israeliana e americana in Iran per bloccare il programma nucleare, facendo riferimento alla rete di collaboratori che i due apparati hanno nel Paese. «Sono molto arrabbiato con l’apparato di sicurezza che arresta professori universitari, avvocati e giornalisti mentre i lupi commettono omicidi in pieno giorno», ha scritto un utente iraniano su Twitter dando voce a un sentimento diffuso. «Le autorità iraniane vanno alla ricerca di ambientalisti, studenti, accademici e attivisti per i diritti umani, ma non sono riuscite a prevenire l’assassinio dello scienziato nucleare più importante del Paese” », scrive la giornalista Golnaz Esfandiari.
E mentre l’ala dei falchi accusa il governo Rouhani per le falle nella sicurezza, il generale in pensione vicino ai riformisti Hossein Alai, ex capo della Marina delle Irgc, accende i riflettori sul sistema: «Dovremmo studiare quale debolezza c’è nella struttura dell’apparato di sicurezza iraniano », ha detto.
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Bergman “Israele ha infiltrato l’Iran a livelli unici al mondo”
di Sharon Nizza
Intervista all’esperto del New York Times
Rep 30 11 2020
TEL AVIV — Ronen Bergman da anni racconta quel mondo fatto di ombre, dilemmi e scelte spietate in cui operano i servizi israeliani.
Unico israeliano nella redazione del New York Times , firma di punta di Yediot Ahronot , per il quotidiano americano ha rivelato pochi giorni fa che dietro all’assassinio del numero due di Al Qaeda, Al Masri, a Teheran, c’era la mano del Mossad.
Alla spinosa questione degli omicidi mirati ha dedicato un saggio, Uccidi per primo , tradotto in 20 lingue tra cui l’italiano, che
Hbo sta per trasformare in serie tv.
L’omicidio del padre del programma del nucleare Mohsen Fakhrizadeh, attribuito ad agenti israeliani, dimostra come «siano stati raggiunti livelli di infiltrazione senza precedenti», dice a Repubblica . «Se pensiamo al trafugamento dell’archivio nucleare nel 2018, di quel magazzino erano a conoscenza solo sei funzionari iraniani».
Risultati incredibili, frutto di un percorso in cui «la comunità di intelligence israeliana ha creato una sinergia tra tutte le sue componenti che è unica al mondo.
L’enorme sfida della seconda Intifada ha portato all’acquisizione di esperienza sul campo che si è rivelata critica su altri fronti».
Il tempismo di questo attacco dice qualcosa?
«Ci sono molte speculazioni riguardo al fatto che l’operazione sia avvenuta ora per ostacolare la strada diplomatica che vuole intraprendere Biden con l’Iran. Ma operazioni del genere richiedono mesi di preparativi, il tentativo di legarla al risultato delle elezioni Usa non è plausibile».
Ha descritto l’operazione per eliminare il generale di Hezbollah Imad Mughniyeh come la più complessa di sempre. Quella di venerdì l’ha superata?
«Una delle sfide con Mughniyeh era che nessuno sapeva che volto avesse, la sua ultima foto risaliva al 1983. Fakhrizadeh era più esposto: aveva un blog, aveva insegnato all’università. L’omicidio di Mughniyeh nel 2008 ha rappresentato una svolta nel modus operandi, nella preparazione sul campo durata mesi, nel coinvolgimento di nuove unità di intelligence. Si è creato un modello che non c’è dubbio sia stato utilizzato in seguito».
Si è parlato di motociclisti e cecchini, ma l’agenzia di stampa Fars ha detto che non erano coinvolti uomini, si è trattato di un’operazione gestita da remoto.
«Fakhrizadeh era sorvegliato 24 ore al giorno, sette giorni su sette, e chi ha compiuto l’operazione lo sapeva ed era pronto a uno scontro a fuoco. La ricostruzione di Fars non mi pare realistica. In Iran ne circola anche un’altra secondo cui uno dei cecchini è stato fermato e interrogato. Va considerato che in questa fase le informazioni rilasciate potrebbero essere volte a depistare. Credo ci sia un grande imbarazzo da parte del regime perché, qualunque sia la versione, ha fallito nel compito di difendere una delle sue figure chiave».
Ci sono migliaia di turisti israeliani a Dubai e l’Unità per la lotta al terrorismo ha appena pubblicato un “avviso di viaggio” sugli Emirati. C’è un rischio concreto di rappresaglia?
«L’Iran, rispetto ai durissimi colpi subiti nell’ultimo anno, ha dimostrato di stare facendo di tutto per evitare un’escalation, lo vediamo anche in Libano e Iraq.
Credo che, prima di ogni cosa, a loro interessi la sopravvivenza del regime. E per questo servono soldi, la situazione economica del Paese è drammatica. Credo che aspetteranno di vedere come Biden si comporterà. Arrivano al tavolo delle trattative in una posizione di estrema debolezza e Biden dovrebbe poter sfruttare questa condizione per ottenere un accordo migliore».
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