giovedì 15 aprile 2021

Ferraris e il "plusvalore documentale": "Documanità"

 MAURIZIO FERRARIS No-mask, no-vax, cospirazioni internazionali: il filosofo del Nuovo Realismo riflette su una tendenza ricorrente

Virus e politica, la sindrome del complotto

Maurizio Assalto Busiarda 17 4 2021
L'ultimo a esibirsi è stato Goffredo Bettini, il padre della neonata corrente filo «Giuseppi» del Pd, che nel Manifesto scritto per il lancio delle sue «Agorà» ha messo nero su bianco che il governo Conte «non è caduto per i suoi errori o ritardi, ma per una convergenza di interessi nazionali e internazionali che non lo ritenevano sufficientemente disponibile ad assecondarli e dunque, per loro, inaffidabile». «Gombloddo!», chioserebbe l'altro Conte, quello che fa l'allenatore. E poco cambia se il giorno dopo, reagendo alla disapprovazione del segretario dem Enrico Letta, lo stesso Bettini ha parzialmente corretto il tiro: «Non c'è stato un complotto, come in Cile nel 1973, ma si muovevano interessi ai quali il governo Conte non corrispondeva». Insomma, c'era qualcosa dietro. La dietrologia è la parente più prossima del complottismo, l'inclinazione a vedere complotti anche dove non ci sono, un virus che affligge da sempre l'umanità e che da ultimo si è incarnato in modo eclatante nei vari movimenti no-mask e no-vax.

«Bettini oggi, come Berlusconi nel 2011, quando accusò della sua caduta l'asse Merkel-Sarkozy, e come tanti altri politici sono inclini ad accusare i poteri forti internazionali», osserva il filosofo Maurizio Ferraris, studioso attento ai temi di attualità da ricondurre entro un discorso teorico. «Ma dimenticano che il mondo è pieno di dittatori perfettamente in sella e che d'altra parte alcuni di questi dittatori, nel passato, amavano parlare "inique sanzioni" e di "complotti demo-pluto-massonici". In questi temi la cautela è d'obbligo, perché dalla congiura internazionale al complotto ebraico non c'è che un passo. Tornando al buonsenso, è sopravvalutare il nostro Paese pensare che ci sia tutta questa voglia di interferire. Non montiamoci la testa».
Ma che cosa c'è dietro la smania complottista? Nel suo libro appena pubblicato da Laterza, Documanità. Filosofia del mondo nuovo (Laterza, pp. 440, € 24), Ferraris prefigura un nuovo ecosistema a cui ci conduce la rivoluzione tecnologica, di cui Internet può essere assunto come l'emblema.
Professore, non è proprio la Rete che favorisce e moltiplica le teorie più demenziali? Ricordiamo tutti l'ultima polemica di Umberto Eco sul web che ha dato «diritto di parola agli imbecilli».
«Il web favorisce e moltiplica, come lei dice giustamente, ma non genera teorie demenziali, proprio come la radio non ha generato il nazismo e la stampa a caratteri mobili non ha generato i Protocolli dei Savi anziani di Sion. Il web ha reso semplicemente più visibili e documentate le credenze che l'umanità in precedenza coltivava in privato».
Quindi non è il caso di demonizzarlo.
«Voglio essere ottimista: con il web l'umanità ha incominciato a pensare con la propria testa, e non con quella della famiglia, dei vicini di casa, della Chiesa o del partito. Sarebbe davvero chieder troppo pretendere che questi pensieri (compresi i miei) fossero tutti intelligenti e giusti».
Ma perché c'è in giro tanto bisogno di credere ai complotti?
«Se la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi, come disse Clausewitz, il complottismo è la prosecuzione della volontà di sapere sotto altri mezzi. Una prosecuzione che, come nel caso della guerra, preferiremmo non ci fosse. Gli esseri umani non si rassegnano al fatto che qualcosa accada, ma vogliono sapere perché accade. Se un fulmine ammazzava qualcuno, gli antichi davano la colpa a Giove. I moderni hanno fatto di meglio, giacché la scienza è un sistema molto efficiente per trovare delle cause. Ma ovviamente la scienza può fallire, la scienza non si applica a qualunque ambito, e soprattutto alcuni umani adorano saperla più lunga degli altri. Ed è qui che scatta il complottismo: cherchez la femme».
Ancora oggi, a un secolo dal «disincantamento» annunciato da Weber? Perché?
«E perché no? Non c'è nulla di più umano, di fronte a una disgrazia, del porsi la domanda più assurda dell'universo: perché proprio a me? Non mi stupirebbe che qualcuno, io per esempio, se la ponesse in punto di morte. Tra la nascita e la morte, la vita è fatta di alti e bassi. I più saggi, a questo punto, ricorrono a una spiegazione potente e non impegnativa: la sfortuna, magari il destino cinico e baro. I meno saggi, ossia la stragrande maggioranza dell'umanità, imputano il tutto a un complotto universale o magari (questo avviene tipicamente tra professori) a qualche collega che non c'entra niente, ma che il complottista ha eletto a persecutore esterno implacabile e onnipotente».
Da un punto di vista epistemologico che cos'è il complottismo? Come funziona, come mette in relazione le cose?
«Leibniz ha enunciato un principio fondamentale: nulla è senza ragione. Questo significa che si deve trovare una ragione per qualsiasi cosa. In teoria funziona, ma in pratica no, perché il mondo è enormemente complicato. Di nuovo, l'atteggiamento più saggio sarebbe concludere che in tutti i casi ciò che avviene ha un perché, ma che in pochissimi casi riusciamo a individuare il perché giusto. Però ovviamente il complottista trova frustrante questa rassegnazione e sviluppa spiegazioni alternative: gatta ci cova, non me la raccontano giusta, io non sono un pecorone, io sono una voce fuori del coro e via pontificando».
Quanto è difficile contrastarli?
«È impossibile. Se qualcuno vuole credere in un oracolo, nessuno glielo può impedire. Se uno sostiene che la causa di tutte le sue disgrazie è un marziano o Manitù, è futile obiettargli che probabilmente né i marziani né Manitù esistono, e che se esistessero avrebbero con ogni probabilità di meglio da fare che infelicitarlo. Il complottista opporrebbe che questo è tipicamente il discorso di coloro che ordiscono complotti per conto dei marziani o di Manitù, e trasformerebbe la confutazione in una conferma».
Che fare allora?
«Il solo modo efficace per contrastare il complottismo è ridurre le infelicità, le frustrazioni, le ingiustizie che spingono gli umani a consolarsi con il complottismo. Ma nel farlo bisogna essere consapevoli del fatto che anche in questo caso, in una umanità sempre più libera dal bisogno e dalla sofferenza (detto di passaggio, e per esempio, l'umanità attuale rispetto a quelle che l'hanno preceduta) ci sarà sempre qualcuno che dirà che abbiamo a che fare con un complotto neoliberista per ottundere le coscienze».
E chi potrebbe essere, nelle diverse situazioni, questo qualcuno? Chi è il soggetto più incline al complottismo?
«Chi crede nelle stelle, ossia ognuno di noi. Ma un conto è buttare uno sguardo ironico e distratto su un oroscopo, un altro sostenere che il virus è frutto di un complotto, e morire maledicendo le stelle come un eroe di Metastasio. Come è avvenuto a quell'imbecille di don Ferrante, e come fortunatamente non è avvenuto a tanti pensatori antimascherina, che si sono limitati a denunciare il complotto, ma che con lodevole buon senso immagino non abbiano economizzato in amuchina». —

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