lunedì 26 aprile 2021

La liberazione è per tutti?

 

Disgiunto da ogni prospettiva di emancipazione generale di tutti gli uomini e tutte le donne e da ogni progetto di giustizia sociale ed eliminazione dello sfruttamento e delle discriminazioni, anche l'antifascismo - ad esempio in bocca a un segretario del PD o a una stellina media, al direttore di Repubblica o a un presidente della Repubblica o persino a un presidente degli Stati Uniti - rischia di rovesciarsi in vuota retorica, buona per pulirsi la coscienza, e persino in un terribile dispositivo ideologico di dominio e guerra.
È la tragedia sempre possibile nel cuore dell universalismo che diventa astratto e vale anche per i diritti umani.
Il significato delle cose cambia nella storia e secondo i rapporti di forza. Solo il conflitto dà ad esse e alle parole che le incarnano un direzionamento progressivo.
No, la Liberazione non è per tutti, come suggerisce la storiografia revisionista oggi dominante [SGA]. 


L'intervento di Sinistra per Urbino alla manifestazione di commemorazione della Giornata della liberazione nazionale, 25 aprile 2021

Le commemorazioni si riducono spesso a uno semplice sfogo di retorica. Quante volte abbiamo sentito esponenti di questa o quella forza politica battersi il petto in maniera appassionata per la Resistenza, mentre contemporaneamente facevano cose che della Resistenza contraddicevano totalmente lo spirito?

Quante volte è stato celebrato in piazza il 25 Aprile, quasi a pulirsi la coscienza e a voler lucrare sull’appartenenza a una storia politica gloriosa, mentre nello stesso tempo al governo del paese o delle amministrazioni locali si approvavano norme e disposizioni che toglievano diritti ai lavoratori, che abolivano l’art. 18, che introducevano precarietà, che smantellavano il Welfare, che privatizzavano la Sanità, che umiliavano la scuola; oppure mentre si governava con la destra, come avviene anche adesso e come tante volte è avvenuto da oltre 10 anni; o mentre i migranti venivano respinti o lasciati affondare nel Mediterraneo; o – peggio ancora – quando si davano sostegno e truppe per le infinite e tragiche guerre con cui la Nato e gli Stati Uniti hanno portato dolore devastazione ai popoli di mezzo mondo?

In tutti questi casi, più che di omaggi al sacrificio dei partigiani - i quali erano in gran parte comunisti e si sono battuti per la liberazione del paese ma anche per una Repubblica democratica fondata sul lavoro e sull’uguaglianza e per un mondo di pace - si è trattato di vere e proprie manifestazioni di ipocrisia.

C’è un unico modo politicamente produttivo per omaggiare in maniera degna quel momento storico e per non cadere nel vizio nazionale della retorica, in realtà: ricordare che il 25 Aprile è e deve rimanere una festa divisiva. Altro che pacificazione della memoria, come da sempre pretendono i nostalgici del fascismo e come a suo tempo è stato detto anche da qualcuno a sinistra! Per fortuna la memoria del Paese è divisa, perché altrimenti si confonderebbero ragioni e torti.

Ma c’è anche un altro modo, non meno importante, per essere fedeli allo spirito della Resistenza: essere consapevoli che la memoria non serve a niente se non aiuta a cogliere nel presente l’orrore del passato.

E’ necessario allora ricordare che il fascismo non è stato soltanto generica prepotenza o violenza, ma è stato in primo luogo il braccio armato di manganello e olio di ricino al servizio del grande capitale: al servizio dei padroni delle industrie e del latifondo, i quali intendevano impedire in ogni modo l’avanzata dei lavoratori. Così come il fascismo è stato, in misura non minore, una tendenza il cui razzismo strutturale nasceva da un preciso progetto imperialistico di colonizzazione: le leggi razziali, sì; ma prima ancora i gas all’iprite e lo sterminio in Africa orientale, a cui seguiranno l’aggressione dell’Albania e quella della Grecia, per non parlare degli orrendi crimini commessi dagli italiani nei territori jugoslavi.

E’ necessario ricordare, allora, che la Resistenza e la lotta di liberazione sono vive soltanto se proseguono anche oggi. Se proseguono nella difesa senza ambiguità dello stato sociale, del salario e dei diritti del lavoro subordinato contro tutti i padroni. E se proseguono al contempo nella solidarietà verso i popoli oppressi che lottano contro una nuova ondata di ricolonizzazione del mondo, alla quale l’Occidente lega la persistenza del proprio dominio: nella lotta dei palestinesi per la loro terra e per avere una patria, dunque, come nella lotta di Cuba contro l’embargo e nella lotta di tutto mondo ex coloniale per uno sviluppo moderno.

La lotta dei partigiani vive, insomma, solo se si rinnova nella lotta contro ogni guerra e oppressione, ma anche nella lotta contro ogni forma di esclusione: contro lo sfruttamento dei migranti, contro la discriminazione di etnia, classe, orientamento sessuale.

Se si incarnano, in una parola, nell’idea di una comune umanità.

Sinistra per Urbino



Nessun commento: