giovedì 7 giugno 2012

Chi l'ha visto? La Fondazione Gramsci cerca un Quaderno


Complimenti a Fabio Frosini, tra i maggiori esperti internazionali di Gramsci [SGA].

Il Quaderno fantasma

Giallo Gramsci, sì all’inchiesta
L’equipe di esperti sarà guidata da Gianni Francioni
La sfida di Franco Lo Piparo: un gruppo di lavoro per accertare se manca un fascicolo 
Oggi sarà resa pubblica la risposta positiva della Fondazione Gramsci

di Bruno Gravagnuolo  l’Unità 7.6.12


UNA COMMISSIONE PER FARE LUCE SU UN QUADERNO «SCOMPARSO». IPOTETICAMENTE VERGATO DA ANTONIO GRAMSCI. E il «giallo» continua. Riassunto delle puntate precedenti: davvero manca uno dei Quaderni del carcere? Talché quelli teorici erano 30 e non 29? È questa la tesi di Franco Lo Piparo, studioso di Gramsci e di linguistica, che l’aveva delineata, tra le altre cose, nel suo I due carceri di Gramsci. La prigione fascista e il labirinto comunista (Donzelli, 2012). Oggi Lo Piparo, che già aveva duellato su l’Unità con Gianni Francioni a riguardo replicando ai suoi rilievi (2/2 e 2/5/2012) riprende la questione e rilancia. Con un nuovo «indizio» sul quaderno «rubato» o scomparso, esibendolo sul Corriere della Sera. Di che si tratta? Di una discrasia calligrafica tra la mano di Tatiana Schucht e quella di una mano altra e misteriosa. Vale a dire: la dicitura in lettere romane, apposta in etichetta da Tania ai quaderni XXXI-XXIII, non collima grafologicamente con la scrittura delle altre etichette apposte da Tatiana, la quale, tra molte confusioni ed errori, si era occupata della classificazione dei singoli quaderni. E c’è tanto di esperto a confermarlo: il professor Pietro Pastena, consulente di vari uffici giudiziari.
Dunque grafia diversa come indizio, proprio su una delle piccole etichette ottagonali a numeri romani che la cognata di Gramsci appose ai fascicoli all’indomani della morte del prigioniero, verso la metà di giugno 1937, e prima di inoltrarli a Mosca. E grafia diversa proprio in corrispondenza di un presunto Quaderno XXXII (mancante) che nell’ipotesi di Lo Piparo potrebbe contenere le prove di una fuoriuscita di Gramsci dal comunismo al liberalismo (o alla socialdemocrazia?). Va da sé, per inciso, che sarebbe stato Togliatti a nascondere il Quaderno «eretico», visto che fu Ercoli a voler gestire in prima persona il lascito gramsciano. Malgrado come è noto il prigioniero volesse affidarlo non a lui ma a Piero Sraffa.
Lo Piparo chiede quindi ufficialmente a Giuseppe Vacca, presidente della Fondazione Gramsci e tra i massimi studiosi gramsciani, l’istituzione di un gruppo di lavoro. Presieduto dall’«antagonista» Gianni Francioni, storico della filosofia e artefice massimo della nuova edizione critica nazionale dei Quaderni, quella non più «cronologica» ma basata su criteri logici e neo-filologici. Vacca, a nome del «Gramsci» risponde positivamente. Ringrazia. E accoglie con piacere la sfida di Lo Piparo: la commissione si farà. Sarà autorizzata ad esaminare de visu e materialmente sui manoscritti originali la congruenza filologica dell’ipotesi di Lo Piparo, eventuali mancanze, anomalie grafologiche ed altro. Al fine di appurare una volta per tutte l’esistenza o meno di quel quaderno fantasma. Un’iniziativa senza precedenti, con al vertice Francioni, che ha subito accolto con piacere la «nomina» giratagli da Vacca in guisa di proposta. E al suo fianco agiranno inoltre Giuseppe Cospito e Fabio Frosini, studiosi e collaboratori di Francioni, nella nuova edizione nazionale. Nonché, dulcis in fundo, come giudici a latere Luciano Canfora e lo stesso Lo Piparo. Dunque, l’istruttoria sta per cominciare e la notizia verrà data ufficialmente nel pomeriggio di oggi. Alla Biblioteca del Senato Giovanni Spadolini in Roma, nel corso della presentazione dell’ultimo libro di Giuseppe Vacca (Vita e pensieri di Antonio Gramsci, Einaudi), libro che entra nel vivo delle questioni evocate da Lo Piparo. Alla quale parteciperanno Anna Finocchiaro, Roberto Gualtieri, Pierluigi Castagnetti e Massimo D’Alema. Sicché non resta che aspettare il dibattimento. Che prima di produrre risultati dovrà passare attraverso un confronto serrato, con le armi della filogia più agguerrita e della storia indiziaria.
Ma prima di allora, e per seguire, meglio il match, ecco ancora un paio di ragguagli. Ecco il primo. Attualmente i Quaderni di Gramsci, custoditi in banca ma passibili di consultazione fisica e non al monitor o in anastatica (come chiede Lo Piparo) sono 36. Ventinove sono quelli teorici, quattro quelli di traduzione, e due quelli non compilati (il 17 bis e 17 ter). Più l’indice avviato da Tatiana Schucht. Più volte s’è letto e detto che erano trenta, escludendo però l’indice, i due vuoti e i quattro di traduzione. Infine, per Lo Piparo nel dicembre 1932, tramite un «messaggio» alla moglie Julia via Tania, Gramsci avrebbe inteso chiedere a Stalin di farlo scarcerare dal fascismo. Perché tanto lui non era più comunista, bensì liberale. Francamente implausibile, e di là di ogni scoop filologico.
Oggi a Roma il libro di Beppe Vacca, spunti per una discussione
L’arresto, la reclusione. E la «famigerata» lettera di Grieco del 1928, dopo il dissenso con Togliatti del 1926. Poi: l’idea di Gramsci di aver subìto la condanna di un tribunale più vasto di quello fascista. Fino ai tentativi di liberazione, alla morte e al destino dei Quaderni. Sono i nodi dell’ultimo libro di Giuseppe Vacca: Vita e pensiero di Antonio Gramsci. 1926-1937 (Einaudi). Se ne discute oggi a Roma alle 16,30, alla Biblioteca del Senato con Anna Finocchiaro, Roberto Gualtieri, Pierluigi Castagnetti, Massimo D’Alema. Modera il direttore de l’Unità Claudio Sardo

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