Emanuele Severino: Intorno
al senso del nulla, Adelphi, pp. 212, 22
Risvolto
Il
significato radicale che il «nulla» ha assunto nella riflessione
filosofica occidentale accompagna come un'ombra non solo questa forma di
pensiero, ma l'intero tragitto della nostra civiltà. Radice prima
dell'angoscia, il nulla turba anche e soprattutto per il suo carattere
sommamente ambiguo: già Platone, infatti, osserva che pensare il nulla e
parlare del nulla significa pensare qualcosa e parlare di qualcosa –
come se il nemico che si ha di fronte si sdoppiasse, ingannandoci sulla
sua identità. Questa nozione spaesante, che esige di essere interpretata
alla luce delle forme più rigorose della speculazione, è stata
affrontata da Severino a partire da La Struttura originaria (1958) e fino a La morte e la terra (2011): a tali due opere, e alla seconda in particolare, si ricollega Intorno al senso del nulla,
dove da un lato si mostra come l'ambiguità sia ben più profonda di
quanto possa sembrare e dall'altro si indagano «le condizioni che
rendono possibile la via di uscita». Approfondimento quanto mai
necessario, giacché se si rinunciasse a discutere le aporie suscitate
dal senso del nulla resterebbe in sospeso la stessa tesi di fondo del
pensiero di Severino: che l'uomo e ogni altro ente «sono da sempre salvi
dal nulla».
Oltre l'ombra paurosa del Nulla dove le cose non finiscono mai
L'angoscia occidentale e il vero senso della ricerca filosofica
L'angoscia occidentale e il vero senso della ricerca filosofica
di Emanuele Severino Corriere 17.4.13
Esce oggi per l'editrice Adelphi il saggio di Emanuele Severino «Intorno al senso del nulla» (pp. 212, 22), ulteriore tappa di un cammino ideale compreso fra «La Struttura originaria» (1958) e «La morte e la terra» (2011). Vi si mostra da un lato come l'ambiguità del nulla sia più profonda di quanto possa sembrare e dall'altro si indagano «le condizioni che rendono possibile la via d'uscita»
Esce oggi per l'editrice Adelphi il saggio di Emanuele Severino «Intorno al senso del nulla» (pp. 212, 22), ulteriore tappa di un cammino ideale compreso fra «La Struttura originaria» (1958) e «La morte e la terra» (2011). Vi si mostra da un lato come l'ambiguità del nulla sia più profonda di quanto possa sembrare e dall'altro si indagano «le condizioni che rendono possibile la via d'uscita»
Il filosofo
Emanuele Severino, nato a Brescia 84 anni fa, è autore di numerosi saggi
che hanno caratterizzato il dibattito internazionale nel dopoguerra:
fra i titoli più recenti ricordiamo «La Gloria», «Oltrepassare», «La
buona fede», «L'identità del destino», «Democrazia, tecnica,
capitalismo»
Il senso del vuoto, della privazione, dell'assenza
sta al centro della storia dell'uomo. Il significato radicale che il
«nulla» ha assunto nel pensiero filosofico accompagna come un'ombra non
solo questa forma di pensiero, ma l'intera storia dell'Occidente. È la
radice dominante dell'angoscia dell'uomo occidentale (che ormai è l'uomo
planetario). Non solo perché il nulla è il nulla, ma anche per il
carattere ambiguo di tale radice. Già Platone si accorge che pensare il
nulla e parlare del nulla è pensare qualcosa e parlare di qualcosa. Come
se il nemico che si ha di fronte si sdoppiasse. E ci ingannasse sulla
sua identità.
Da gran tempo i miei scritti hanno affrontato questo
evento spaesante: da La struttura originaria (1958) a La morte e la
terra (2011). Appunto a queste due opere si ricollega Intorno al senso
del nulla: da un lato mostrando come l'ambiguità del nulla sia ben più
profonda di quanto possa sembrare, dall'altro approfondendo le
condizioni che rendono possibile la via di uscita.
Lasciando
irrisolte le aporie suscitate dal senso del nulla si lascia avvolto
dall'ambiguità ciò che peraltro non può essere negato, cioè lo stesso
tratto di fondo del destino della verità: che l'uomo e ogni altro ente
sono da sempre salvi dal nulla. (Ma il disorientamento avvolgerebbe
anche la convinzione, dominante nella storia dell'Occidente, che il
tutto provenga dal nulla e vi ritorni).
Appunto a questi temi si
rivolge la parte centrale di queste pagine, la seconda, che dà il titolo
all'intero volume. Ritornando al tema del «senso del nulla» e ai
problemi da esso suscitati, li accosta però in modi diversi da quello
sviluppato nel capitolo IV della Struttura originaria. Diversi ma
complementari. Anche questa Parte seconda, cioè, ritorna al tema del
«senso del nulla» attraverso la considerazione dell'aporetica a cui tale
senso dà luogo, ma riferendosi a tipi di aporie che differiscono da
quello presente nel capitolo IV della Struttura originaria.
La Parte
prima, oltre a sviluppare il senso del rapporto tra «nulla»,
«possibilità» e «potenza» (procedendo dal capitolo V della Parte prima
di Fondamento della contraddizione), mostra un ulteriore aspetto della
contraddizione dell'essenza autentica del nichilismo — l'aspetto per il
quale il diventare altro, quindi il diventare nulla o l'uscire dal
nulla, è un'«infinità» di contraddizioni.
Infine la Parte terza
(«Errare e dialogare del linguaggio che testimonia il destino e
fondamento di tale testimonianza») considera la più ampia aporetica
relativa al l'affidabilità del linguaggio che testimonia il destino
della verità e pertanto, in esso, il destino del nulla.(...)
Gran
parte delle parole che nelle lingue indoeuropee indicano la «cosa»
alludono più o meno direttamente ai beni, alle ricchezze, a ciò che
serve e si adopera, a ciò di cui si ha bisogno, ai valori, al bestiame,
all'affare, a ciò che è pregiato, alla sostanza e al patrimonio. Qui ci
si limiti a richiamare il latino res, il greco prâgma, chrêma, il
tedesco Ding (inglese thing) e Sache. Perfino lo spettro semantico del
participio greco tà ónta (gli essenti, le cose che sono) include le
sostanze e i beni, e anche il participio ousía nomina la sostanza intesa
come patrimonio. Significati che precedono quelli che a queste stesse
parole il pensiero filosofico ha in seguito assegnato. Ma è rilevante
che quei più antichi significati della «cosa» implichino, a volte in
modo del tutto esplicito, che il loro contenuto sia tutt'altro che
indifferente alle singole volontà, le quali invece se li disputano anche
in tempo di pace. Quei significati implicano cioè una situazione
conflittuale e il luogo in cui essa viene discussa, che vengono in luce,
ad esempio, in Ding, thing, che significano anche «causa», «tribunale»,
«parlamento», «assemblea», «verdetto, «processo». La stessa parola
«cosa» proviene dal latino «causa», intesa sia come matrice e principio
del diventar altro (dynamis eis tò patheîn e dynamis eis tò poieîn), sia
in senso giuridico, come motivazione del diritto al possesso di ciò che
è conteso tra volontà differenti.
Che la parola «cosa» significhi
questa conflittualità, mostrata nelle antiche formazioni linguistiche
della terra isolata è una figura che rinvia alla conflittualità
originaria, dove la «cosa» è la risultante della lotta tra la volontà e
l'Inflessibile, ossia è la forma originaria (quindi preontologica) del
diventar altro. Dicendo che Pólemos è il padre di tutte le cose e che
quindi ogni cosa è lotta, conflitto, Eraclito dice già implicitamente
che il conflitto è il significato originario dell'esser «cosa» — sì che,
come altre volte ho rilevato, si può dire che, nella terra isolata, la
cosa è la madre di tutte le guerre.
Una guida per sbloccare strade senza uscita
Da Gilgamesh al Big Bang all'entropia: il percorso che conduce all'eterna verità
di Armando Torno Corriere 17.4.13
Il
nuovo libro di Emanuele Severino, Intorno al senso del nulla, è
dedicato a un tema a cui ha pensato da sempre. Ora l'ha scritto di
getto. Per meglio comprendere il percorso di queste pagine, è il caso di
prepararsi con la lettura di un saggio di Leonardo Messinese, la più
recente delle ricerche riguardanti il pensatore italiano, Né laico né
cattolico. Severino, la Chiesa, la filosofia (Dedalo 2013). Di
Messinese, lo stesso Severino dice: «Un filosofo che mostra la sua
competenza anche nei molti scritti che mi ha dedicato».
Ma, tornando
al libro che oggi esce da Adelphi, diremo che lo stesso Severino ci ha
confidato in una conversazione poco prima di chiudere queste pagine: «Il
tema del nulla ha essenzialmente a che fare con il tema della morte.
Durante il tempo del mito, l'uomo va abituandosi al fenomeno
sconcertante della morte: della morte del sole al tramonto, della morte
altrui (è con sofferenza che Gilgamesh si rassegna alla scomparsa
dell'amico), della morte dei vegetali e degli animali. In questo tempo
una prima difesa consiste nel credere nel ritorno dei morti. Poi appare
la filosofia, la quale evoca il significato radicale e tremendo della
morte, che consiste nell'intenderla come l'andare nel nulla assoluto e
definitivo, quel nulla da cui non si ritorna».
A tale significato del
nulla comincia a rivolgersi Parmenide, il filosofo greco a cui Severino
ha dedicato importanti riflessioni già negli anni Cinquanta, ed esso
scandisce l'intero corso del pensiero filosofico. Non soltanto: il nulla
ghermisce anche le vicende di quello artistico-poetico e della scienza
stessa (a tal proposito, Severino aggiunge: «Si pensi, per esempio, al
nulla da cui sostanzialmente procede il Big Bang e all'annientamento a
cui conduce l'entropia cosmica o lo scontro tra particelle elementari»).
In
campo filosofico il tema avvolge il cristianesimo (basterà ricordare il
concetto di creatio ex nihilo), il sistema di Leibniz (Severino ricorda
la sua celebre domanda: «Perché l'essere piuttosto che il nulla?»), e
lo stesso Kant. Severino si sofferma, nel nostro dialogo e a tal
proposito, sulla «tavola del nulla» al termine dell'Analitica
trascendentale nella Critica della ragion pura; inoltre ricorda Hegel o
il grande finale de Il mondo come volontà e rappresentazione di
Schopenhauer o l'attenzione dedicata da Heidegger al Nichts, inteso
addirittura come l'«essere», contrapposto all'ente. Diciamolo senza
infingimenti: non è tema che manchi nei contemporanei, tutt'altro.
Severino continua: «Penso a Carnap critico di Heidegger e, prima di lui,
a Frege; infine non bisogna dimenticare le indagini compiute dalla
filosofia analitica sul concetto di nulla».
Anche questo libro, come
indica l'autore nelle parti anticipate in questa pagina, «sblocca le
aporie», ovvero le «strade senza uscita». Sono quelle — aggiunge
Severino — che «qualora continuassero a rimanere bloccate
costituirebbero una nube attorno alla verità essenziale. La quale può
essere così indicata: il destino di ogni cosa, dalle più umili alle più
alte, è di essere eterna, e cioè di non essere mai preda del nulla».
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