Francesco Germinario: Totalitarismo in movimento. Saggio sulla visione fascista della rivoluzione e della storia, Asterios
Dal risvolto di copertina
In quanto ideologia rivoluzionaria, il fascismo ha presentato
una propria visione della Storia e della rivoluzione. Questa visione
costituiva una rottura profonda e radicale rispetto alla tradizione
rivoluzionaria occidentale segnata dal razionalismo. Ed era una rottura
provocata dalla visione mitica della politica, già teorizzata da Georges
Sorel fin dal 1908: una visione mitica su cui aveva riflettuto il Carl
Schmitt dei primi anni Venti.
La rivoluzione come mito politico da perseguire rimandava
alla visione fascista della Storia: questa visione negava che,
all’interno della Storia, agissero presunte “leggi”, come supposto dal
liberalismo e dal marxismo, i quali identificavano la Storia come
affermazione del Progresso. Per i fascisti, che negavano sia il
razionalismo sia l’ideologia del Progresso affermatasi con l’Illuminismo
e il giacobinismo prima e col marxismo dopo, era fondamentale un
atteggiamento attivistico, costruito attraverso la negazione della
processualità della Storia e la contrapposizione fascista-mondo. Come
aveva già osservato Augusto Del Noce, per l’attivismo «Se il mondo si
riduce a cose, e io solo mi riconosco come soggetto, il mondo è per me,
io devo dominarlo».
Nella visione fascista risultava fondamentale il ricorso alla
violenza quale strumento per “forzare” la Storia; questa, inoltre, non
approdava ad alcun Regno del Bene, come nell’immaginario delle
precedenti teorie rivoluzionarie. L’ideologia rivoluzionaria del
fascismo, al contrario delle altre ideologie rivoluzionarie, negava
decisamente che la Storia avesse approdi messianici ed escatologici.
In forza di questo attivismo lo stesso totalitarismo era
visto come una soluzione in progress: se la Storia non aveva mai
termine, ciò implicava che lo stesso impegno rivoluzionario del fascista
si svolgeva in un attivismo continuo.