lunedì 30 gennaio 2012
Una nuova edizione dell'Estetica di Hegel con tutte le varianti
Georg Wilhelm Friedrich Hegel: Estetica, a cura di Francesco Valagussa, Bompiani
Questa nuova traduzione dell’Estetica di Hegel assume come testo canonico l’edizione postuma curata da H. G. Hotho, pubblicata tra il 1835 e il 1838. In nota al testo sono state inserite le varianti più significative tratte dal nuovo materiale di appunti e trascrizioni degli studenti relativo alle lezioni di estetica tenute da Hegel a Berlino nel 1820/1821, nel 1823 e nel 1826, di cui nell’ultimo decennio si è intrapresa la pubblicazione. L’Estetica di Hegel rappresenta lo sforzo più grandioso, per ampiezza e profondità, di attraversamento e comprensione storicoconcettuale dell’arte nella civiltà occidentale. L’introduzione delinea lo statuto ontologico della dimensione artistica; segue una prima parte dedicata alla concatenazione sistematica delle varie forme dell’arte; da ultimo si traccia una visione complessiva dello sviluppo storico delle arti, inteso come movimento progressivo dello spirito verso la conoscenza di sé, scandito secondo tre periodi: simbolico, classico e romantico.
Francesco Valagussa insegna Estetica e forme del fare e Metafisica delle prassi presso l’Università Vita-Salute San Raffaele. Tra le sue pubblicazioni: Impossibile sistema. Metafisica e redenzione in Kant e Hegel (Padova 2009); Individuo e Stato. Itinerari kantiani e hegeliani (Milano 2009). Ha curato una nuova edizione di W. Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica (Torino 2011) e di I. Kant, Prima introduzione alla Critica del giudizio (Milano 2011). Per Bompiani ha pubblicato Il sublime. Da Dio all’io (Milano 2007) e ha curato la nuova edizione delle Opere di Bertrando Spaventa (Milano 2009).
Lo spirito che si fa arte nell'Estetica di Hegel
di Armando Torno Corriere della Sera 30.1.12
L' arte occupa un posto d'onore nel sistema di Hegel. Oltre ad essere il primo momento dello «spirito assoluto», e di esso è la «manifestazione sensibile», ha in sé il proprio fine: non rinvia a una natura da imitare, né presenta un significato edificante. Hegel consegnò le sue idee in materia alle pagine delle lezioni di Estetica. E quest'opera rappresenta uno degli sforzi più grandi per comprendere l'arte.
In italiano l'Estetica ha avuto una prima traduzione a Napoli nel 1863-64 (in quattro volumi), poi ci è voluto un secolo per vederne una seconda: apparve nel 1963 da Feltrinelli, curata da Nicolao Merker (ristampata da Einaudi nel 1967 e ancora nel 1997). Ci sono state anche versioni di parti o di singoli corsi (per esempio, quello del 1823, sotto il titolo Lezioni di estetica, è stato tradotto nel 2000 per Laterza), ma un tentativo per restituire l'insieme dei testi nati in anni diversi vede soltanto ora la luce. È il primo titolo del 2012 della collana «Il pensiero occidentale» di Bompiani. La non facile impresa si deve a un giovane docente, Francesco Valagussa. Presentata con l'originale tedesco a fronte, seguendo l'edizione di Hotho — con le varianti delle lezioni del 1820-21, 1823 e 1826 — viene dunque pubblicata nuovamente tutta l'Estetica di Hegel (pp. 3.036, 50).
In margine a questa fatica degna della massima considerazione, va detto che Valagussa ha fatto tesoro delle ultime ricerche. L'edizione di Hotho — che seguì le lezioni direttamente e utilizzò i quaderni autografi di Hegel e numerosi appunti, poi perduti, del filosofo — uscì in tre volumi tra il 1835 e il 1838 (una seconda tra il 1842 e il 1845) oggi ritradotta è arricchita da un corpus di poscritti che hanno visto la luce nell'ultimo trentennio grazie al lavoro degli studiosi dell'Hegel-Archiv dell'Università di Bochum.
Nel saggio introduttivo Valagussa si sofferma anche sulle questioni riguardanti la fedeltà della lezione di Hotho e gli inevitabili confronti che si devono fare tra il suo testo e i quaderni di altri (uno dei capi d'accusa riguarda la significativa presenza dell'estensore all'interno dell'opera hegeliana). La soluzione adottata risolve diversi problemi. È stato creato un doppio registro di note: il primo aiuta a identificare l'immenso patrimonio di personaggi, figure, brani citati dal maestro; il secondo riporta le varianti e le integrazioni più significative emerse dagli appunti degli studenti berlinesi da poco ritrovate. Il tutto per comprendere che «nell'arte entriamo in rapporto non con un congegno meramente gradevole o utile, bensì con la liberazione dello spirito dal contenuto e dalle forme della finitezza».
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