Come sempre, si distingue Paolo Mieli per l'arte di portare il discorso dove piace a lui. Cioè sempre la denuncia del totalitarismo del Pci [SGA].
Come mai il nome di Vittorio Gassman appare nei faldoni di polizia? Perché il grande Eduardo è nelle liste dei questurini? Come pure Italo Calvino, Gian Maria Volonté, Marco Bellocchio, Renato Guttuso, Mario Tronti, Gad Lerner e Pier Paolo Pasolini? Sono personaggi che nessuno si aspetterebbe di ritrovare in mattinali e rapporti riservatissimi. Eppure sotto controllo per anni ci sono stati proprio loro, i più famosi uomini di spettacolo, scrittori, artisti, prime firme del giornalismo. La strana vicenda prende avvio nel dopoguerra e s'intensifica in epoca scelbiana quando si lavora intensamente per schedare l'intellighentia di sinistra, ritenuta non solo un covo di potenziali sovversivi ma anche la longa manus della propaganda dei partiti all'opposizione, i tentacoli di una polipesca operazione socialista e comunista per conquistare consensi. Emerge così dai rapporti di polizia il resoconto insolito di riunioni riservate, assemblee, cenacoli, circoli e conventicole che impegnano le più note teste d'uovo di sinistra, dagli anni in cui si genuflettono al mito dell'Unione Sovietica agli incontri più carbonari e segreti dei primi anni Settanta. Raccontati e spiati non solo da segugi specializzati e mimetizzati nell'ambiente, ma anche da consanguinei, da altri intellettuali che si assumono l'incarico di farsi occhio e orecchio della polizia. Si può dire che sia finita l'era del sospetto sugli intellettuali? L'aria che tira fa pensare proprio di no.
A sinistra solo i radicali attaccavano il Cremlino
Abbagli e reticenze degli intellettuali progressisti
di Paolo Mieli Corriere della Sera 7.2.12
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