martedì 3 aprile 2012

Il revisionismo storico e l'intervento sovietico in Ungheria

Alessandro Frigerio: Budapest 1956: la macchina del fango. La stampa del Pci e la rivoluzione ungherese: un caso esemplare di disinformazione, Lindau

La pubblicazione del libro di Alessandro Frigerio ha fornito l'occasione a Paolo Mieli e a Francesco Borgonovo per una nuova  offensiva revisionistica, all'insegna della teoria del totalitarismo, nei confronti della tradizione rivoluzionaria novecentesca e in particolare della storia del Pci. Per favorire una riflessione più approfondita e meno ideologica su una questione di grande importanza, che chiama in causa le insufficienze del movimento comunista novecentesco di fronte alla questione nazionale, ripubblichiamo un intervento di Domenico Losurdo, scritto nel 1996 [SGA].


Il 1956, la questione nazionale e la guerra fredda
Domenico Losurdo
(ed. orig. in «Annali della Fondazione Ugo Spirito», 1996, VIII, La crepa nel muro: Ungheria 1956, Fondazione Ugo Spirito, Roma 1999, pp. 133-158; ripreso in «Marxismo oggi», 1997/2, pp. 72-95).



1. Una, due, tre dottrine Monroe

Mentre, respingendo e ricacciando indietro l’esercito hitleriano d’invasione, l’Armata Rossa avanza in Europa orientale, Stalin osserva:
«Questa guerra è diversa da tutte quelle del passato; chiunque occupa un territorio gli impone anche il suo sistema sociale. Ciascuno impone il suo sistema sociale, fin dove riesce ad arrivare il suo esercito; non potrebbe essere diversamente» (Gilas, 1978, p. 121).
Pochi mesi dopo la conclusione del gigantesco conflitto, nel 1946, Ernest Bevin, personalità di primo piano del partito laburista e ministro inglese degli esteri, vede il mondo tendenzialmente diviso «in sfere d’influenza ovvero in quelle che possono essere definite le tre grandi dottrine Monroe», in un modo o nell’altro rivendicate e fatte valere rispettivamente dagli USA, dall’URSS e dalla Gran Bretagna...


Molti intellettuali avallarono le calunnie del Pci
di Paolo Mieli Corriere della Sera 3.4.12












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