Nuove indagini sul segreto della scomparsa di Majorana - il GIornale Dom, 21/04/2013
martedì 2 aprile 2013
Ancora il caso Majorana
Stefano Roncoroni: Ettore Majorana, lo scomparso e la decisione irrevocabile, Editori Riuniti, pagg. 256, euro 18
Risvolto
Ettore Majorana scompare, imghiottito nel
nulla, nel 1938. Da allora le misteriose circostanze della scomparsa, il
riserbo della famiglia e le strane omissioni delle indagini hanno
generato teorie e supposizioni. Alcune ragionevoli, altre inverosimili.
Finora nessuno ha dimostrato di conoscere realmente quale sia stato il
destino del fisico italiano più brillante dell'epoca. Una fuga? Un
suicidio? La verità si cela sicuramente nei documenti che i discendenti
di Majorana conservano nei loro archivi. "Ettore Majorana, lo scomparso"
è l'inedito dello zio Giuseppe Majorana, scritto nel 1940 come versione
ufficiale di famiglia per quella scomparsa. Il libro di Stefano
Roncoroni, lontano parente di Ettore, pubblica e commenta per la prima
volta questo documento, che getta nuova luce sul mistero, e denuncia
l'inspiegabile riserbo della famiglia e di molte istituzioni che ritarda
da oltre settant'anni la conoscenza della verità.
Majorana ritrovatoStefano Roncoroni, parente del fisico racconta in un libro una nuova verità Le indagini furono fermate. La sua morte, secondo un gesuita, avvenne nel 1939 “Ettore decise di sparire e la famiglia era d’accordo”
di Luca Fraioli Repubblica 2.4.13
Ettore
Majorana è stato ritrovato. Inutile continuare a cercare tracce dei
suoi passaggi in Germania o in Argentina. Inutile scomodare le sue
presunte simpatie per il regime nazista. E si rassegnino coloro che
hanno creduto di riconoscere il geniale fisico siciliano nel senza tetto
di Mazara del Vallo o nel taciturno professore di Buenos Aires. Né ci
fu il suicidio, un tuffo in mare dalla nave postale che lo riportava in
continente da Palermo, ipotesi che indusse la polizia a perlustrare il
Golfo di Napoli alla ricerca del cadavere. Tutto da rifare. Ma è da
riscrivere anche la versione del ritiro in convento avanzata da Leonardo
Sciascia ne La scomparsa di Majorana.
È questa la tesi
dell’ultimo dell’infinita serie di libri dedicati al mistero dei misteri
italiani: Ettore Majorana, lo scomparso, in libreria per Editori
Internazionali Riuniti. Qual è la novità? Che a scriverlo è un parente
di Ettore. Stefano Roncoroni, 73 anni, una lunga carriera di critico
cinematografico e regista televisivo alle spalle, dal 1962 ha avuto
accesso ai documenti familiari relativi alla scomparsa di Ettore e alle
testimonianze dirette dei parenti che parteciparono alle ricerche.
Roncoroni, cominciamo dalla fine. Ettore Majorana fu ritrovato?
«Sì, intorno al marzo del 1939. Circa un anno dopo la scomparsa».
Chi lo ritrovò?
«Suo fratello maggiore Salvatore. Ma ebbe un ruolo fondamentale anche mio padre, Fausto Roncoroni».
Ci aiuti a capire la sua posizione nel complesso albero genealogico dei Majoriana.
«Mia madre ed Ettore erano cugini di primo grado. Per questo mio padre collaborò alle ricerche».
Lei come ha saputo del ritrovamento?
«Fu
mio padre a dirmelo a metà degli anni Sessanta. Mi raccontò di essere
stato uno degli artefici insieme a Salvatore. E Salvatore confermò.
Un’altra conferma mi arrivò da Angelo Majorana, anche lui cugino di
primo grado di Ettore».
Come e dove fu ritrovato?
«Nessuno
di loro volle dirmi di più. Mio padre aveva promesso ai Majorana che non
ne avrebbe parlato con nessuno. E all’epoca la parola data veniva
rispettata, tanto che anche con me non scese nei dettagli. Né lo fecero
mai gli altri membri della famiglia. C’è però una traccia di cui parlo
nel libro: mio nonno materno Oliviero Savini Nicci annota nel suo diario
di un improvviso viaggio in macchina nell’ottobre del 1938 di mio padre
e Salvatore fino a un vallone vicino Catanzaro dove è stata segnalata
la presenza di Ettore. Se già non è agevole oggi, si può immaginare
quanto fosse complicato andare e tornare dalla Calabria sulle strade
italiane del 1938. Dovevano avere un buon motivo per mettersi in
cammino, anche se nelle carte di mio nonno quel viaggio non è definito
risolutivo».
Riepiloghiamo: Ettore scompare il 25 marzo del 1938
mentre da Palermo torna verso Napoli dove lo attende una cattedra
universitaria. Tutta l’Italia che conta, polizia, Vaticano, mondo
accademico, si mette sulle sue tracce. Invece a trovarlo sono i
familiari più stretti circa un anno dopo. Poi che succede?
«Ettore
è irrevocabile nella sua decisione di sparire. Chi lo trova non riesce a
convincerlo a tornare sui suoi passi. I Majorana ne prendono atto. E da
quel momento fermano o depistano le indagini».
Ma questo non esclude le altre teorie sulla fuga di Majorana all’estero, in Germania o in Argentina.
«E invece le esclude. Perché sono convinto che Ettore sia morto nella tarda estate del 1939».
Come fa a dirlo?
«Lo
prova la documentazione che espongo nel libro. Certo, non ci sono atti
ufficiali di morte o tombe da esibire. Ma le carte parlano chiaro. Pochi
giorni dopo la scomparsa di Ettore si mette in moto una macchina per le
ricerche che in Italia non è mai stata allestita nemmeno per i peggiori
criminali. I Majorana sono una famiglia potente e in ascesa:
scienziati, professori universitari, politici, hanno entrature al
ministero dell’Interno e in Vaticano. Chiedono e ottengono una
mobilitazione senza precedenti. La polizia dirama bollettini di ricerca e
avvisa i posti di frontiera. Il capo della polizia va di persona in un
paesino del Salernitano con tanto di unità cinofile per fare un
controllo. La Santa Sede setaccia tramite i suoi ordini religiosi i
monasteri per sapere se Ettore ha trovato rifugio lì. Indaga anche il
ministero per l’Educazione nazionale: la cattedra di Napoli è vacante e
bisogna prendere una decisione. Poi, prima dell’estate del 1939, accade
qualcosa che ferma tutto questo».
Cioè la macchina delle ricerche si blocca?
«Sì.
La cattedra di Napoli viene riassegnata senza che la famiglia protesti.
La polizia smette di diramare bollettini su Ettore Majorana e di
cercarlo ai posti di frontiera. Dalla Segreteria di Stato del Vaticano
parte una lettera indirizzata alla famiglia in cui, con parole
consolatorie, si spiega che “non vi è più alcuna ragione per le
ricerche”».
Ma questo non necessariamente significa che Ettore sia morto.
«C’è
un altro documento inequivocabile. Nel settembre del 1939 il gesuita
padre Caselli scrive a Salvatore. Gli comunica di accettare la donazione
che la famiglia Majorana fa per istituire una borsa di studio da
intitolare all’estinto Ettore. Se un gesuita nel ’39 usa il termine
estinto vuol dire che non ci sono dubbi sulla sorte di Ettore: è morto
entro il settembre 1939. E questo toglie di mezzo anche l’ipotesi del
suicidio. Non si dedica una borsa di studio religiosa a un suicida».
Si
può obiettare che la sua teoria (ritrovamento e morte) sia solo frutto
di testimonianze orali non verificabili e di deduzioni basate su
documenti.
«Tutta la vicenda di Ettore ruota intorno alla
famiglia. I Majorana sanno come sono andate le cose sin dal 1939. Il
loro silenzio non ha fatto altro che alimentare le teorie più diverse:
il suicidio dalla nave, la fuga in Germania per collaborare con gli
scienziati nazisti, la seconda vita in Argentina».
Perché hanno scelto il silenzio?
«Fu
una decisione di Giuseppe, zio di Ettore e indiscusso capofamiglia
all’epoca dei fatti. Pochi anni prima i Majorana erano stati coinvolti
in un caso di cronaca nera, un infanticidio. Una macchia intollerabile
per l’onore di una famiglia che il fascismo stava celebrando tra i
grandi di Sicilia e che annoverava già senatori, professori universitari
e presidi di facoltà. Quando il giovante talento scompare nel nulla,
nonostante la brillante carriera che si apre di fronte a lui, per
Giuseppe esplode un nuovo scandalo che può compromettere definitivamente
il buon nome e le ambizioni di famiglia. Sceglie dunque di far calare
il silenzio sulla vicenda e lo fa con un documento che detta a tutti i
parenti la verità ufficiale dei Majorana. Nel mio libro parto da quel
documento finora inedito, per dimostrare come invece siano andate le
cose nella realtà».
Ma se lei era al corrente della “verità” fin dagli anni Sessanta, perché la racconta solo ora?
«Mio
padre, Salvatore il fratello di Ettore, mio nonno Oliviero Savini Nicci
erano uomini di un’altra epoca. Avevano dato la loro parola al
capofamiglia Giuseppe Majorana che non sarebbe trapelato nulla. Finché
sono stati in vita io ho rispettato il loro patto. Poi però ho iniziato a
fare ricerche per documentare ciò che mi avevano raccontato».
Il suo libro scrive la parola fine al mistero della scomparsa di Ettore Majorana?
«No.
Mi limito a riferire ciò che mi fu detto da testimoni diretti e a
esibire la documentazione che conferma il loro racconto. Ma manca ancora
molto per una ricostruzione completa della vicenda. Si tratta però solo
di aspettare: quando il Vaticano aprirà gli archivi relativi al
pontificato di Pio XII sarà fatta luce completa sul caso. E si potrebbe
fare ancor prima, se i Majorana attuali, i discendenti di quel Giuseppe
che scelse di far calare il sipario su Ettore, decidessero a distanza di
settant’anni di rompere quel muro di silenzio».
Nuove indagini sul segreto della scomparsa di Majorana - il GIornale Dom, 21/04/2013
Nuove indagini sul segreto della scomparsa di Majorana - il GIornale Dom, 21/04/2013
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