giovedì 13 marzo 2014

I comunisti e il governo

Sarebbe bello se i comunisti italiani, che in un recente passato hanno partecipato a governi vergognosi per redistribuire i soldi dai poveri ai ricchi, imparassero qualcosa [SGA].



Intervista. La leader delle lotte studentesche cilene, eletta in parlamento con il Partito comunista, racconta il suo nuovo ruolo nel governo e le sue aspirazioni. «Per me è fondamentale che al processo legislativo partecipi la gente». Educazione, ambiente, riforme popolari…. «E ora la Costituzione»

Geraldina Colotti, il manifesto • 11 mar 14

«In Cile ci bat­tiamo per appro­fon­dire la demo­cra­zia, in Vene­zuela gli stu­denti vogliono vio­larla cer­cando di far cadere un pre­si­dente eletto». Così dice al mani­fe­sto Camila Val­lejo, lea­der delle lotte stu­den­te­sche cilene, eletta in par­la­mento con il Par­tito comu­ni­sta. Nel giorno in cui a San­tiago Michelle Bache­let assume la pre­si­denza del Cile. 


Qual è il suo nuovo ruolo nel governo e quale pos­si­bi­lità ha di rea­liz­zare gli obbiet­tivi dei suoi elettori? 

Sono parte di un pro­getto col­let­tivo che ha obiet­tivi con­di­visi dalla mag­gio­ranza del nostro popolo, e la nostra scom­messa è che tanto dal par­la­mento come dal governo (con la mini­stra del Par­tito comu­ni­sta e il nostro sot­to­se­gre­ta­rio) e insieme al mondo sociale, pos­siamo pro­muo­vere il pro­gramma di tra­sfor­ma­zioni pro­fonde pro­po­sto ai cit­ta­dini dalla nuova mag­gio­ranza. Spin­gendo da que­sti distinti fronti nella stessa dire­zione, è asso­lu­ta­mente pos­si­bile rea­liz­zare i nostri obbiet­tivi. Il mio com­pito è quello di pro­muo­vere una pro­fonda riforma edu­ca­tiva garan­tita dallo stato come un diritto sociale e non come un pri­vi­le­gio per chi ha i mezzi eco­no­mici. Pro­muo­verò una legge che per­metta di farla finita final­mente con il lucro nell’educazione. Inol­tre fac­cio parte delle com­mis­sioni sull’ambiente e per la Scienza e tec­no­lo­gia. In entrambi i campi, il Cile non ha poli­ti­che pub­bli­che serie che mirino a un vero svi­luppo soste­ni­bile e io spero di con­tri­buire a che lo stato abbia un ruolo distinto da quello attuale, in cui tutto viene lasciato all’arbitrio della neces­sità del mer­cato e di una eco­no­mia pre­da­trice che mira solo all’accumulazione e alla cre­scita basata sull’impoverimento. Per me è fon­da­men­tale che nel pro­cesso legi­sla­tivo par­te­cipi la gente e, così come ho pro­messo in cam­pa­gna elet­to­rale, rea­liz­zerò assem­blee perio­di­che per­ché gli abi­tanti del comune la Flo­rida non solo siano al cor­rente del mio lavoro nel Con­gresso, ma anche siano parte nel creare le leggi che pre­sen­tiamo e pos­sano dare un con­tri­buto su quel che viene discusso. Chia­miamo tutto que­sto ren­di­conti pub­blici e spazi di co-legislazione popo­lare. Per il Par­tito comu­ni­sta, quel che più conta è che il Cile abbia una vera demo­cra­zia e per que­sto abbiamo biso­gno di una nuova Costi­tu­zione. Tutto il nostro lavoro in par­la­mento, nel governo e nelle orga­niz­za­zioni sociali mira a com­piere quel che l’indimenticabile com­pa­gno Volo­dia Tei­tel­boim segna­lava come nostro prin­ci­pale com­pito: «Rom­pere i luc­chetti dell’istituzionalità pinochettista». 

Quali sono le pos­si­bi­lità di arri­vare a un’Assemblea costituente? 

Un’Assemblea costi­tuente, il mec­ca­ni­smo più demo­cra­tico per arri­vare a una nuova Costi­tu­zione, sarà pos­si­bile solo se la cit­ta­di­nanza si batte per que­sto, la nostra isti­tu­zio­na­lità attuale rende impos­si­bile la sua con­vo­ca­zione imme­diata e sarà neces­sa­rio esplo­rare distinte strade per otte­nere che la Carta magna del Cile sia creata dalla gente. Anche se la stessa dit­ta­tura ha richia­mato il ple­bi­scito nella sua costi­tu­zione, non lo ha sta­bi­lito come mec­ca­ni­smo per eser­ci­tare la sovra­nità del popolo. Solo la lotta delle per­sone e un’azione con­se­guente dei rap­pre­sen­tanti nelle isti­tu­zioni ren­de­ranno pos­si­bile rea­liz­zare que­sta aspi­ra­zione che secondo diverse inchie­ste sull’opinione pub­blica è appog­giata dalla immensa mag­gio­ranza dei cileni e delle cilene. All’interno di Nueva Mayo­ria vi sono visioni diverse sul mec­ca­ni­smo, però tutti con­di­vi­diamo l’idea che la nuova costi­tu­zione debba crearsi con una forma ampia­mente partecipativa. 

Che pensa di quel che suc­cede in Vene­zuela? Una certa stampa sostiene che le pro­te­ste degli stu­denti di destra con­tro Maduro siano come quelle che avete fatto voi in Cile. 

Il para­gone non ha senso. Noi in Cile ci siamo mobi­li­tati per una edu­ca­zione pub­blica, gra­tuita, di qua­lità, demo­cra­tica e non eli­ta­ria, que­sto in Vene­zuela è già garan­tito, appunto gra­zie alla Rivo­lu­zione boli­va­riana. Le pro­te­ste in Vene­zuela non hanno espresso altra domanda che la neces­sità di farla finita con l’insicurezza e i suoi lea­der vogliono la caduta di que­sto governo. Per que­sto, nel con­te­nuto siamo molto diversi. In Cile ci bat­tiamo per appro­fon­dire la demo­cra­zia, loro chie­dono di vio­larla cer­cando di far cadere un pre­si­dente eletto da poco tempo dalla mag­gio­ranza del popolo vene­zue­lano. I grandi media con­trol­lati dalla Socie­dad inte­ra­me­ri­cana de prensa, che ha legami pro­fondi con la Cia, capo­vol­gono la realtà. Non ci asso­mi­gliamo né nel con­te­nuto né nei metodi di lotta, noi cer­chiamo di costruire una mag­gio­ranza sociale per il cam­bia­mento e non abbiamo mai chie­sto di attac­care vio­len­te­mente le isti­tu­zioni pub­bli­che né i mezzi di comu­ni­ca­zione come fanno loro. Credo che le recenti vio­lenze siano ripro­ve­voli, e anche se mi sem­bra della mas­sima gra­vità che la stampa di destra uti­lizzi imma­gini di repres­sione e di «vio­la­zione dei diritti umani» in Vene­zuela, con­si­dero fon­da­men­tale che si arrivi a rista­bi­lire la pace per evi­tare qua­lun­que colpo di stato nel paese fra­tello: per­ché non sarebbe altro che un golpe con­tro tutto il Lati­noa­me­rica e uno dei suoi più impor­tanti pro­cessi di sovra­nità popo­lare. In que­sto senso saluto l’iniziativa del pre­si­dente Nico­las Maduro di con­vo­care una Con­fe­renza nazio­nale per la pace e di por­tare a ter­mine l’indagine sulle morti avve­nute nel suo paese. 

Rispetto all’Alleanza del Paci­fico: pensa che Michelle Bache­let si rivol­gerà all’Alleanza per i popoli della nostra Ame­rica (Alba) o con­ti­nuerà la poli­tica di Piñera insieme a Peña Nieto e agli Usa? 

La poli­tica estera del governo Bache­let ha come prin­ci­pio fon­dante la sovra­nità della nazione e il rispetto della sovra­nità degli altri popoli, così come la ricerca di appro­fon­dire l’integrazione del nostro con­ti­nente. Credo sia neces­sa­rio cam­biare l’asse della poli­tica inter­na­zio­nale, che durante gli ultimi governi si è basata solo sullo sta­bi­lire accordi com­mer­ciali. Siamo veri e pro­pri fenici della diplo­ma­zia, è ora di inte­grarci e vederci come popoli fra­telli, non solo come mer­cati. La Celac dev’essere a mio parere il prin­ci­pale spa­zio di inte­gra­zione di cui sia parte il nostro paese. L’Alleanza del Paci­fico è un ten­ta­tivo del Dipar­ti­mento di stato Usa per divi­dere un con­ti­nente in cui pre­do­mi­nano governi che hanno una voca­zione tra­sfor­ma­trice e antim­pe­ria­li­sta. Rispetto all’Alba, non è parte del pro­gramma di Nueva mayo­ria incor­po­rarsi a que­sto mec­ca­ni­smo di inte­gra­zione di governi e popoli che vivono pro­cessi di cam­bia­mento molto più pro­fondi. Tut­ta­via credo che il Cile debba man­te­nere una rela­zione di coo­pe­ra­zione intensa con le nazioni sorelle dell’Alba, così come con il Mer­co­sur e smet­terla di cre­dersi il miglior allievo degli Stati uniti per con­ver­tirsi mag­gior­mente in un buon vicino di quartiere

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