domenica 6 aprile 2014
Ipotesi archeologiche
Il vulcano di Santorini alleato del faraone nella guerra agli HyksosIn un’iscrizione egizia la chiave per spiegare il collasso delle grandi civiltà del Bronzo alla metà del secondo millenniodi Vittorio Sabadin La Stampa 4.4.14
I frammenti di una antica stele egizia, trovati da una spedizione
francese nel 1947 vicino al terzo pilone del tempio di Karnak,
potrebbero costringere a datare diversamente la cronologia dei faraoni e
contribuire a spiegare perché le antiche civiltà dell’Età del Bronzo
collassarono all’improvviso tutte assieme, più di 3000 anni fa.
La «Stele della tempesta» era già stata studiata da decine di esperti,
incuriositi dalla tremenda descrizione, ricavabile dalle 48 righe di
testo rimaste intatte, di un evento meteorologico estremo: per giorni e
giorni, raccontano le incisioni nella pietra, sull’Egitto cadde una
pioggia devastante, il cielo divenne nero, l’oscurità totale. Le acque
sempre più vorticose del Nilo trasportavano a valle centinaia di
cadaveri e il rombo dei tuoni copriva le urla della folla terrorizzata.
Risalente al regno di Amose I, primo faraone della XVIII dinastia, la
stele è il più antico resoconto dettagliato di una tempesta, ma poiché
eventi meteorologici così devastanti sono del tutto rari nell’Egitto
moderno, molti studiosi hanno pensato che il testo non fosse altro che
una metafora per descrivere l’invasione degli Hyksos, che dominarono il
paese tra la XV e XVII dinastia.
Per nulla convinti di questa ipotesi, Robert Ritner e Nadine Moeller,
due ricercatori del Chicago Oriental Institute, un’istituzione molto
rispettata nel campo dell’Egittologia, hanno ora avviato una nuova serie
di studi sui frammenti della stele, cominciando nel modo più semplice:
con una nuova traduzione. Esaminando le iscrizioni, Ritner si è convinto
sempre di più che gli eventi descritti rispondevano perfettamente ai
mutamenti del clima che si riscontrano dopo una imponente eruzione
vulcanica. Bisognava dunque scoprire quale.
Ai tempi di Amose, intorno al 1520 a.C. non ce n’era stata nessuna. Ma
solo un secolo prima nel Mediterraneo era però esplosa un’intera isola
vulcanica, quella di Thera, ora chiamata Santorini. Ritner e Moeller
sono convinti che la «Stele della tempesta» descriva le conseguenze di
quella eruzione, e che l’evento fu di tale portata da avere riflessi
letali per tutte le civiltà dell’area mediterranea. Per provarlo
bisognava però prima mettere a posto le date, cosa non facile. Tutti gli
esperti dicono che l’eruzione di Santorini avvenne pochi anni prima del
1600 a.C. Nel 1620, secondo la datazione al radiocarbonio di un ramo di
ulivo, nel 1630 in base alla datazione ricavabile dagli anelli degli
alberi, nel 1644 secondo lo strato di un carotaggio effettuato nel
sottosuolo della Groenlandia. In ogni caso Amose, che visse tra i 30 e i
40 anni, non era ancora nato e non avrebbe quindi potuto fare iscrivere
in una stele le conseguenze di un evento al quale non aveva assistito.
I due studiosi dell’Oriental Institute di Chicago sono però convinti che
basti retrodatare di pochi anni, fra i 50 e i 100, l’epoca del regno
del faraone perché tutti i pezzi della teoria combacino. Non si tratta
di una forzatura: l’esatta cronologia dei faraoni è ancora incerta e
dibattuta, perché è stata desunta da pochi reperti in contraddizione tra
loro.
Se Amose avesse regnato al tempo dell’eruzione di Santorini, molti altri
avvenimenti del passato troverebbero una spiegazione più plausibile di
quella che è stata finora data. A cominciare dalla vittoria del faraone
sugli Hyksos, culminata nella distruzione della loro capitale, Avaris.
Il regno degli Hyksos, più che essere annientato da Amose, potrebbe
essere crollato a causa delle terribili conseguenze dell’eruzione
vulcanica, che bloccarono le vie di comunicazione, distrussero i porti e
la flotta, incrinandone fortemente la potenza militare.
L’evento catastrofico generato nella caldera di Santorini non distrusse
soltanto la civiltà minoica, ebbe conseguenze in Egitto e ancora più
lontano, sostengono i professori Ritner e Moeller. Anche la civiltà
babilonese ne fu fortemente indebolita, lasciando spazio alle scorrerie
degli Ittiti. E forse nuove indagini porteranno ancora oltre, a dare una
spiegazione al quel «riallineamento» dell’Età del bronzo che vide
cadere quasi contemporaneamente le grandi civiltà dell’epoca, con la
distruzione di città come Hattusa, Micene, Ugarit e improvvisi cedimenti
nelle strutture sociali dell’Anatolia, dell’Egitto, della Siria.
Gli storici hanno spiegato questo decadimento, collocato tra il XIII e
XII secolo a.C., con il collasso delle autorità centrali, la distruzione
delle connessioni su lunga distanza e la perdita dell’alfabetizzazione.
Recentemente, scienziati israeliani lo hanno attribuito a un lungo
periodo di siccità. Può darsi invece che l’inizio di tutto sia da
collocare in quella apparentemente pacifica laguna, che oggi i turisti
percorrono in barca e ammirano estasiati guardando tramontare il sole.
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