lunedì 13 ottobre 2014

Ci danno la «Internet Bill of Rights» mentre ci tolgono il pane e il lavoro


Alla Camera Magna Carta di Internet
di Juan Carlos De Martin La Stampa 13.10.14

Da oggi sul sito della Camera dei Deputati è disponibile la prima bozza pubblica di un documento intitolato: «Dichiarazione dei diritti in Internet».
Èla prima volta che un’istituzione parlamentare produce quella che si potrebbe definire una Magna Carta per la Rete. Alcuni paesi, come il Brasile con la legge detta «Marco Civil», hanno adottato leggi ordinarie che trattano dei diritti in Rete. E negli ultimi vent’anni la società civile internazionale ha certamente prodotto molte dichiarazioni e carte aventi come obiettivo quello di tutelare le libertà digitali.
La Dichiarazione promossa dalla Presidenza della Camera, tuttavia, è la prima proposta di «Internet Bill of Rights» proveniente da un Parlamento nazionale, iniziativa che colloca l’Italia all’avanguardia a livello internazionale.
Si tratta di un documento conciso, meno di sei pagine, composto da un preambolo e da quattordici articoli.
Il preambolo sottolinea - con un linguaggio che vuole essere accessibile a tutti - il ruolo ormai cruciale assunto dalla Rete nell’economia, nella cultura, nelle nostre vite personali e più in generale nella società. Davvero «la più grande invenzione del secolo», come l’aveva definita Rita Levi Montalcini.
Tuttavia, la Rete è uno spazio che - per quanto straordinario - rischia di venir snaturato per servire gli interessi del più forte, come sempre capita nella storia quando non si erigono argini a difesa dell’interesse collettivo.
Ecco allora i quattordici articoli che identificano altrettanti diritti in Internet.
Alcuni di questi articoli specificano come tutelare nel contesto della Rete diritti già esistenti, come il diritto alla protezione dei dati personali.
Altri invece introducono nuovi diritti, come il diritto di accesso a Internet, ormai giudicato essenziale per poter essere cittadini a tutti gli effetti. O come il diritto a che le informazioni che si trasmettono e si ricevono in Rete non siano soggette a discriminazioni, restrizioni o interferenze (la cosiddetta «neutralità della Rete»). Importante anche l’articolo dedicato ai diritti degli utenti delle grandi piattaforme online e quello relativo al diritto all’educazione all’uso consapevole e attivo della Rete.
L’ultimo articolo, invece, definisce i criteri per il governo della Rete, toccando sia l’indispensabile dimensione internazionale, sia il metodo con cui produrre norme in materia di Internet.
Il testo pubblicato oggi è dichiaratamente una bozza. Alla commissione di studio, infatti, che ha prodotto la Dichiarazione (composta per metà da parlamentari e per metà da esperti e guidata da Stefano Rodotà) era chiaro fin dall’inizio che si può tentare di definire una Magna Carta per Internet solo col coinvolgimento diretto di tutti gli interessati.
Nei prossimi mesi, quindi, si potrà commentare la bozza di Dichiarazione sia per proporre modifiche al testo esistente, sia per suggerire integrazioni.

Intanto la commissione interagirà non solo con i molti esperti che non hanno potuto far parte dei lavori in questa prima fase, ma anche con i parlamenti di Regno Unito, Francia e Germania. In questi tre paesi, infatti, sono attive commissioni parlamentari dedicate, rispettivamente, alla democrazia digitale, ai diritti in Rete e alla società digitale. Il tema dei diritti in Internet, insomma, dopo anni di incubazione, si sta preparando a entrare in una fase costituzionale, prima a livello di singoli stati e poi inevitabilmente a livello europeo e globale. Solo in questo modo potremmo assicurare che anche le generazioni future possano godere del più grande spazio pubblico che l’umanità abbia mai conosciuto.


Contro i padroni del web arriva per Internet la Dichiarazione dei diritti È pronta una bozza di 14 articoli che potrà essere discussa per quattro mesi su una piattaforma online. Fra i punti rilevanti, neutralità della rete e lotta alle discriminazioniFABIO CHIUSI La Repubblica 14 ottobre 2014

LA BATTAGLIA per una “Costituzione per la rete” non è nuova. Stefano Rodotà la conduce da anni. E lo stesso padre del web, Tim Berners- Lee, ripete a ogni occasione che è una lotta che va combattuta, specie ora che Edward Snowden — e non solo — ha rivelato l’estensione e i pericoli della sorveglianza digitale di massa, che la censura online è in continuo aumento e che i giganti del web concentrano su di sé un sempre maggior potere economico e di influenza politica.
Non si tratta dunque di regolamentare un inesistente Far West, troppo spesso associato alla rete, quanto piuttosto di produrre un testo che metta nero su bianco che le nostre libertà devono essere tutelate anche sul web. È questo l’intento della «Dichiarazione dei diritti in Internet» giunta in queste ore alla sua prima formulazione grazie al lavoro di alcune delle maggiori intelligenze sul digitale nel nostro Paese, e all’iniziativa della Presidenza della Camera. Una bozza, 14 articoli in sei pagine, per una Magna Carta che mira proprio a garantire il «pieno riconoscimento di libertà, eguaglianza, dignità e diversità di ogni persona» anche in rete. E che nasce internazionale, anche in inglese e francese, per informare il dibattito europeo.
Il testo non è definitivo e potrà essere discusso per quattro mesi sulla piattaforma online Civici a partire dal prossimo 27 ottobre. Ma già da ora alcuni punti chiave sono chiari. C’è per esempio una netta presa di posizione in favore della neutralità della rete; ossia, del fatto che «ogni persona ha il diritto che i dati che trasmette e riceve in Internet non subiscano discriminazioni, restrizioni o interferenze », così da tutelarne anche il potenziale di innovazione. Allo stesso modo, ci sono passaggi positivi sul diritto dei cittadini di opporsi alla dittatura degli algoritmi — in particolare, del rischio concretissimo che i Big Data si traducano in nuove discriminazioni — e a quella dell’opacità delle condizioni di utilizzo delle piattaforme, da Facebook in giù, che sempre più scandiscono il ritmo delle nostre vite: le informazioni da loro fornite, si legge, devono essere «chiare e semplificate», e i responsabili comportarsi con «lealtà e correttezza».
Il testo, come è naturale, è migliorabile. In particolare, parole più nette si ritiene potrebbero essere spese contro la sorveglianza di massa — troppo poco, mostra la cronaca, dire che deve avvenire secondo la legge — e servirebbe forse qualche dubbio in più sull’istituto della rettifica e sull’implementazione di un diritto sulla carta inappellabile, ma di difficilissima applicazione pratica, come quello a rimuovere da Internet le informazioni non più rilevanti sul proprio conto (oblio). Ancora, non c’è tutto. Ma il riconoscimento di un diritto all’anonimato, fondamentale per esprimere il dissenso, a ricevere un’educazione digitale, all’accesso stesso alla rete e — bellissima formulazione — che «la sicurezza in rete deve essere garantita come interesse pubblico » non può che essere il benvenuto. Ammesso si traduca prima o poi in tutele effettive. E che il resto del mondo ascolti.


La carta dei diritti dentro e della Rete

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