domenica 9 novembre 2014

I camerieri della famiglia Bennet: l'anti- Jane Austen


Jo Baker: Longbourn House, tr. it. di Giulia Boringhieri, Einaudi

Risvolto
C'era una volta la famiglia Bennet: un padre distratto, una madre soffocante e cinque figlie da maritare. Jane Austen ne racconta magistralmente i signorili affanni in Orgoglio e pregiudizio, ma tace sulla servitú che dall'alba a tarda notte si affaccendava perché la conversazione in salotto scorresse serena. Jo Baker svela una metà del mondo popolata di ombre che, mentre cucinano e puliscono per gli altri, vivono vite e nutrono speranze proprie. E che sotto gli abiti di seconda mano nascondono segreti, ferite e passioni non meno intense di quelle che animano i piani superiori.

Sarah è a servizio a Longbourn House da quando era bambina, ma non si è ancora rassegnata a certi compiti ingrati quali lavare la biancheria e svuotare i pitali dei signori. Questa pesante routine senza svaghi la opprime: non vuole accontentarsi di mandare avanti la casa d'altri come Mrs Hill, la governante, fa da sempre. Perciò, quando un giorno di settembre Mr Bennet assume a sorpresa un nuovo valletto, la gioia per la novità è grande. James ha il fisico asciutto e gli avambracci scuriti dal sole. Lavora di buon umore, fischiettando, ed è gentile, ma dà poca confidenza. Sembra sapere tante cose, eppure sul suo passato è stranamente vago. Ama i cavalli e dorme nel solaio della stalla: lí, su una mensola, ha dei libri e, sotto il letto, una sacca scolorita piena di conchiglie. È un mondo intero quello che apre per Sarah, una nuova geografia di orridi, vallette in fiore e campi di battaglia.

Ispirato al non detto di Orgoglio e pregiudizio, Longbourn House ricostruisce con tono brioso la vita della servitú nell'Inghilterra di inizio Ottocento, facendo emergere tra le righe la fatica e le disuguaglianze su cui si reggeva il bel mondo. All'interno di questo affresco storico, che oltre alla campagna dell'Hertfordshire include la Spagna sconvolta dalle guerre napoleoniche e i porti commerciali sull'altra sponda dell'Atlantico, Jo Baker dona pensieri ed emozioni autentici alle ombre che nel celebre romanzo di Jane Austen si limitavano a passare sullo sfondo rapide e silenziose.



Orgoglio, pregiudizio ed elogi alla servitù 
Jo Baker racconta la dura vita di cameriere e valletti mentre le sorelle Bennet frascheggiano con i pretendenti

Margherita Oggero Tuttolibri 8 11 2014

Che reazioni contraddittorie è in grado di provocare un bel libro: da un lato il piacere di leggerlo e dall’altro il rammarico di finirlo!  Longbourn House, di Jo Baker, è uno di questi: arrivati all’ultima pagina se ne vorrebbero ancora altre (cosa non frequentissima), perché la prosa elegante senza compiacimenti né sbavature, il registro stilistico sempre sorvegliato e coerente, inducono ad assaporare con calma la sapienza narrativa delle descrizioni, l’esattezza dei dialoghi, il crescendo delle connotazioni psicologiche dei personaggi, mentre aumenta la curiosità di conoscere gli ulteriori snodi della trama e lo scioglimento delle vicende.
Dunque: siamo a casa di Mr e Mrs Bennet e delle loro cinque figlie (cioè nell’universo di Orgoglio e Pregiudizio), ma lo sguardo della Baker si volge raramente al piano nobile e preferisce piuttosto occuparsi della servitù ai piani bassi, nelle anguste soffitte o nella scuderia con soprastante soppalco. Qui si sfianca la servitù: la laconica governante e cuoca Mrs Hill, burbera e tuttavia comprensiva, la giovane cameriera Sarah, intristita dalla monotona e faticosa routine da cui non vede via di scampo, la ragazzina Polly, scampata con sua relativa fortuna dalla fame e dall’ottuso rigore di un orfanotrofio. L’unico a sfangarla un po’, concedendosi qualche furtiva pausa e qualche ancor più furtivo bicchiere di vino padronale, è Mr Hill, marito della governante, malfermo di salute, mentre il valletto, James, assunto da poco per smania di decoro e velleità di ascesa sociale della padrona di casa, non si risparmia nelle svariate mansioni.
Certo è che la vita è dura: l’alternanza di acqua gelida e bollente nel bucato spacca i geloni a Sarah; il ferro con cui arriccia i boccoli di Jane le piaga le mani; le capricciose richieste delle signorine – compere in paese mentre infuria la pioggia – la costringono ad arrancare per miglia su sentieri scivolosi, infradiciandosi fin le ossa. Intanto la governante sbudella, farcisce e cuoce selvaggina, impasta e inforna torte e pasticcini, prepara aspic e pâté, accorre a ogni scampanellata per consolare dei suoi futili e piagnucolosi rovelli la padrona. La piccola Polly, ossuto scricciolo curioso e osservatore sempre in debito di sonno, lucida argenti, spazza e spolvera, con la sola consolazione di qualche zuccherino, mentre il subdolo Wickham, non pago di aver messo nei guai Lydia, la più sventata delle sorelle, le rivolge proposte oscene di cui lei non capisce il senso. Il valletto James trascorre ore al gelo, paziente, aspettando di ricondurre a casa in carrozza le belle miss che frascheggiano e civettano con gli ufficiali nelle frequenti serate danzanti organizzate nelle dimore patrizie: la sua sola preoccupazione è di passare inosservato, a causa di un passato doloroso e misterioso. Un mistero appartiene anche alla lontana giovinezza della governante, mentre il dolore a esso legato l’accompagna quotidianamente, e soltanto l’orgoglio del lavoro ben fatto può, se non placarlo, almeno dare un senso alle sue giornate. 
Nella durezza della vita si insinua però la consolazione dell’amore: Sarah e James si scoprono dopo essersi ignorati per ragioni diverse e progettano un futuro comune sotto l’occhio benevolo di Mrs Hill, ma per i servi gli ostacoli sono ben più insidiosi e gravi che non per i padroni.
La coscienza di classe era di là da venire ma, alla famiglia Bennet, la Austen e la Baker assestano soavi stilettate. 

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