mercoledì 12 novembre 2014

I viaggi di Alexander von Humboldt nel Nuovo Mondo

Viaggio alle regioni equinoziali del Nuovo ContinenteAlexander von Humboldt, Aimé Bompland: Viaggio alle regioni equinoziali del Nuovo Continente fatto negli anni 1799, 1800, 1801, 1802, 1803 e 1804. Relazione storica, antologia a cura di Franco Farinelli, illustrazioni di Stefano Arienti, traduzione di Giuseppe Lucchesini, Quodlibet, pp. 266, euro 23,50

Risvolto
“Fin dalla mia prima giovinezza ho provato un ardente desiderio di viaggiare in terre lontane e inesplorate. È un sogno questo che caratterizza quell’età in cui la vita ci appare come un orizzonte sconfinato, quando nulla ha per noi maggiore attrattiva dei forti turbamenti dell’anima e dell’immagine di pericoli concreti”.
 La Coruña: 5 giugno 1799, un giovane scienziato prussiano s’appresta a varcare l’Oceano Atlantico lasciandosi alle spalle non soltanto l’Europa ma il XVIII secolo. Fino ad allora i viaggi erano stati d’esplorazione, occasioni per allargare i confini del mondo conosciuto. La spedizione che Alexander von Humboldt compie insieme all’amico e botanico Aimé Bonpland termina nel 1804, dopo aver percorso buona parte delle tre Americhe (Venezuela, Colombia, Ecuador, Perù, Cuba, Messico, per tornare poi in Europa dagli Stati Uniti) ed è, come scrive Franco Farinelli nell’introduzione, “il viaggio dei viaggi, nel senso che la sua forma ne riassume e comprende tutti i generi e tutti i modi: dal viaggio sentimentale a quello d’esplorazione, dal viaggio scientifico a quello letterario (…) per tale motivo, lo spazio americano viene definitivamente acquisito, finalmente depurato di ogni mito e credenza, dalla cultura europea”. Tornato in Europa raccoglie quest’esperienza, scientifica, intellettuale e naturalmente avventurosa, nei trenta volumi del Voyage aux régions équinoxiales du Nouveau Continent. L’antologia, a cura di Franco Farinelli, traccia un quadro esatto del personaggio e del viaggio ed è illustrata da Stefano Arienti.


L’Indiana Jones dell’Ottocento 

Così Alexander von Humboldt creò l’avventura moderna a colpi di scienza

12 nov 2014  Libero MAURIZIO STEFANINI 
Una favolosa isola che a volte si vede e a volte scompare nell’orizzonte. Un uomo che accudendo il figlio neonato mentre la madre è malata inizia a produrre dalle mammelle latte per nutrirlo. Un popolo indigeno che per scarnificare i corpi dei morti prima di seppellirli li dà in pasto ai piranha. Un altro che per due mesi ogni anno si nutre esclusivamente di terra. La tribù dei Caraibi in cui gli uomini parlavano una lingua e le donne un’altra. Il vecchio pappagallo, ultimo a parlare la lingua di un’etnia ormai estinta. I cannibali cristianizzati che in confessione assicuravano di aver compreso il male di mangiare carne umana ma chiedevano il tempo per disabituarsene poco a poco: «Vogliono poter mangiare carne umana una volta al mese, poi ogni tre mesi, fino a quando non perderanno l’abitudine»... 
Va ricordato che questo Viaggio alle regioni equinoziali del Nuovo Continente fatto negli anni 1799, 1800, 1801, 1802, 1803 e 1804 da Alexander von Humboldt e Aimé Bonpland. Relazione storica ora pubblicato da Quodlibet/Humboldt (pp. 266, euro 23,50) è solo un’antologia, a cura di Francesco Farinelli. Non c’è dunque il villaggio in cui i serpenti durante la notte si arrampicavano sui tetti delle case per mangiare i pipistrelli e cadevano nel letto. Né i viaggi al centro del fiume per evitare le frecce avvelenate. I ponti sospesi sugli strapiombi. Le razzie dei bandoleros... Ma quel che c’è già basta a dare un’idea. 
Avete presente Indiana Jones? Avete presente quei libri di Emilio Salgari e Jules Verne, dove ogni tanto l’avventura più vorticosa si interrompe perché un personaggio o lo scrittore stesso devono dare una spiegazione su un particolare fenomeno, paesaggio o popolazione? Ecco: vengono da lui. Zoologo, botanico, esploratore, geologo, geografo, astronomo, politologo, sociologo, storico, antropologo, diplomatico, persino precursore di Internet per il suo grande progetto di una rete intercontinentale di sapienti tra di loro in corrispondenza, Humboldt è anche il creatore dell’avventura moderna. 
Tutto è misurato e analizzato, ma la scienza che spiega non uccide affatto la meraviglia, ma anzi la esalta. Appunto, alla Jules Verne. «Fin dalla mia prima giovinezza ho provato un ardente desiderio di viaggiare in terre lontane e inesplorate», raccontava Humboldt. Di famiglia aristiocratica (Federico Guglielmo II fu il suo padrino di battesimo), Alexander aveva 27 anni quando nel 1796 la morte della madre gli lasciò la cospicua eredità che gli avrebbe permesso di realizzare i suoi sogni, e decise dunque di dimettersi da sovrintendente minerario per organizzare il viaggio. Ne aveva 30 quando riuscì infine a lasciare l’Europa napoleonica per l’America spagnola: suo compagno di viaggio il francese Bonpland, valente botanico e forse anche suo amante. E a 35 anni ritornò, avendo annotato tutto ciò che gli capitava e usato oltre un terzo delle sue fortune. Il resto lo spese nel cercare di pubblicare questo monumentale resoconto, rimasto incompiuto al 23esimo volume. A quel punto fu costretto a accettare una pensione del governo prussiano, e poi a 60 anni ridivenne esploratore in Asia per conto dello zar.

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