sabato 31 gennaio 2015

Il Marx foucaultizzato di Laval

COP LAVAL copia
I post-operaisti sono stati capaci di sviluppare una politica culturale, va riconosciuto. I dialettici sono stati surclassati [SGA].

Christian Laval: Marx combattente, manifestolibri

Risvolto
La lotta non è solo una nozione fondamentale della filosofia della storia di Marx, ma anche la sua intera vita è stata un continuo combattimento. Non solo nel sottrarsi a censure e misure di polizia in mezza Europa ma anche in quella forma aspra di lotta che è l’affermazione della verità.

Il libro ripercorre alcuni aspetti della biografia di Marx mostrando l’intreccio tra le scelte di vita e le idee, non intese come una semplice descrizione scientifica della società capitalistica ma come un lavoro di smascheramento che ha il valore immediato di uno strumento di lotta. Al di fuori della quale la stessa critica sistematica dei fondamenti e delle categorie dell’economia politica perderebbe il suo senso e il suo stesso rigore.
Qualche settimana prima della sua morte, Marx risponde un’ultima volta alle domande di un giornalista. “Cosa ci aspetta?” – gli chiede; e Marx, scrutando l’orizzonte, risponde: “La lotta”.

L’autore: Christian Laval, nato 1953, insegna sociologia all’università di Paris Ouest Nanterre La Défense. Membro del consiglio scientifico di ATTAC-France è uno dei più innovativi studiosi del pensiero di Marx. E’ autore di molti libri tra cui L’Homme économique: Essai sur les racines du néolibéralisme, Gallimard, 2007 e il fondamentale Marx, Prénom: Karl (con Pierre Dardot), Gallimard, 2012, ceh ha suscitato interese e discussioni in Francia e nel mondo.


La clinica del capitale del rigoroso bohemien 
Saggi. «Marx combattente» di Christian Laval per manifestolibri. Una biografia dove l’autore del «Capitale» emerge come un intellettuale precario e militante. Il libro apre percorsi di ricerca sulle forme di resistenza al liberismo

Benedetto Vecchi, il Manifesto 31.1.2015 

Il testo è di alcuni anni fa. L’Europa è nel pieno della crisi del debito pub­blico. Alcuni paesi medi­ter­ra­nei rischiano il default per il cap­pio al collo messo al loro collo in nome di «Santa Auste­rity». Nelle rivi­ste, gli «opion makers» libe­ri­sti scri­vono con sem­pre più fre­quenza che in fondo Karl Marx è un autore da risco­prire. In Fran­cia, Jac­ques Attali ha man­dato nelle libre­rie una bio­gra­fia di Marx dove sostiene che l’autore del «Capi­tale» va sì ria­bi­li­tato, ma «depu­rato» di quella pre­tesa che all’interpretazione del mondo deve seguire una prassi poli­tica tesa a trasformarlo. 
Una posi­zione non lon­tana dalle crip­ti­che pagine che un altro fran­cese, Jac­ques Der­rida, aveva con­den­sato nel libro di suc­cesso Spet­tri di Marx (Raf­faello Cor­tina). È in rispo­sta a que­sta pre­tesa di nor­ma­liz­zare il filo­sofo di Tre­viri che Chri­stian Laval scrive una pic­cola e ful­mi­nante bio­gra­fia di Marx. Il sag­gio, ora tra­dotto da mani­fe­sto­li­bri (Marx com­bat­tente, pp. 93, euro 12) non si pro­pone solo di rac­con­tarne per l’ennesima volta la vita, ma di far emer­gere il fatto che in Marx teo­ria e prassi non sono mai disgiunte; e che la prima discende dalla seconda. In altri ter­mini, Marx ha scritto opere impor­tanti — il Capi­tale, va da se, ma anche altri mano­scritti di cri­tica all’economia poli­tica — per­ché immerso nei gruppi, orga­niz­za­zioni del nascente movi­mento operaio. 

Una vita di stenti 
Le pagine che Laval dedica a Marx sono godi­bili e iro­ni­che, lad­dove ad esem­pio ricorda le infor­ma­tive della poli­zia inglese, che con­si­de­rava il filo­sofo tede­sco un bohe­mien dalla vita scia­man­nata — pigro, ma poi lavora tutta la notte; senza lavoro, ma poi si chiude nel Bri­tish Museum per tutta la gior­nata a leg­gere e scri­vere -. Oppure quando ricorda le dif­fi­coltà eco­no­mi­che che lo per­se­gui­ta­rono tutta la vita, con il buon Engels che gli pas­sava sot­to­banco i soldi per com­prare il cibo neces­sa­rio, pagare l’affitto della misera casa lon­di­nese o per acqui­stare i fran­co­bolli e i fogli di carta dove scri­vere. Laval si sof­ferma poco sulla «genea­lo­gia» filo­so­fica di Marx, a dif­fe­renze di altre bio­gra­fie uscite nel secolo scorso. Ricorda le let­ture che Marx fece degli sto­rici, degli uto­pi­sti fran­cesi o di Adam Smith e soprat­tutto di Ricardo. 
Ne esce fuori un ritratto di Marx come un com­bat­tente, un mili­tante che rico­no­sce però alla teo­ria un ruolo rile­vante in quella che Laval chiama la cli­nica del capi­ta­li­smo, cioè un’analisi ser­rata del fun­zio­na­mento di un rap­porto sociale dove la crisi è con­na­tu­rata stesso al suo svi­luppo. L’importanza di Marx non è di illu­strare i sin­tomi della crisi, bensì le cause. 
Fa dun­que bene Giso Amen­dola, nell’introduzione del volume, ha met­tere al cen­tro dell’attenzione del let­tore que­sta «cli­nica del capi­ta­li­smo», ma anche l’impossibilità di potere deli­neare un Marx «vero», «ori­gi­na­rio» da con­trap­porre alle diverse vul­gate che hanno accom­pa­gnato la rice­zione della sua opera. Se Marx è un com­bat­tente, un mili­tante che punta a coniu­gare teo­ria e prassi, asse­gnando però a ogni aspetto della «cop­pia» una spe­ci­fi­cità che non può essere annul­lata, la «cli­nica del capi­ta­li­smo» ha il suo cen­tro pro­pul­sore nelle lotte di classe che con­trad­di­stin­guono la società. È nel dive­nire del movi­mento reale che abo­li­sce lo stato di cose pre­senti che occorre par­tire per spie­gare come in Marx la teo­ria del valore-lavoro parte dal rico­no­sci­mento che il capi­tale si appro­pria di una parte della ric­chezza dal lavoro vivo. Il plu­sva­lore non è dun­que solo un’unità di misura dello sfrut­ta­mento, ma l’esemplificazione che que­sta vio­lenta appro­pria­zione pri­vata della ric­chezza sociale è l’«essenza» del capitalismo. 
Amen­dola avverte però che se la lotta di classe è il cen­tro dal quale si irra­dia lo svi­luppo capi­ta­li­stico, non siamo di fronte ai con­flitti ori­gi­nati dall’azione del movi­mento ope­raio. La lotta di classe da cui parte Laval è quella con­dotto dal capi­tale per «for­mare» il pro­le­ta­riato. Non siamo di fronte quindi a uno schema noto all’operaismo ita­liano, bensì a una gri­glia ana­li­tica che asse­gna agli stru­menti defi­niti dal potere per for­mare e con­trol­lare il «sog­getto pro­dut­tivo». Un chia­ri­mento, quello di Amen­dola, utile per capire come in que­sta fase di crisi la posta in gioco non è solo l’imposizione eco­no­mica dell’austerità, bensì di come le poli­ti­che di rigore siano fun­zio­nali anche al con­trollo di un lavoro vivo che si sot­trae ai vin­coli posti dal capi­ta­li­smo con­tem­po­ra­neo per «pro­durre» innovazione. 

I dispo­si­tivi del potere 
Chri­stina Laval, e il sodale Pierre Dar­dot, hanno stu­diato a lungo l’opera di Marx (Dar­dot ha scritto un sag­gio fon­da­men­tale dal titolo Marx: pré­nom Karl che non ha però tro­vato ancora un edi­tore ita­liano), ma hanno inda­gato La nuova ragione del mondo e Comune (il primo pub­bli­cato da Deri­veAp­prodi e il secondo in uscita sem­pre per lo stesso edi­tore) pro­prio par­tendo dai dispo­si­tivi messi in campo per dare nuova forma al «sog­getto pro­dut­tivo». In maniera ori­gi­nale pro­vano a usare Marx pro­prio per stu­diare la «pro­du­zione libe­ri­sta» dell’individualismo pro­prie­ta­rio e di come l’autorganizzazione del lavoro vivo — il mutuo soc­corso, il cowor­king e i gruppi con­tro la pre­ca­rietà — costi­tui­sca una resi­stenza alle isti­tu­zioni pre­po­ste al governo della società, fun­zio­nando come un hub di una poli­tica della tra­sfor­ma­zione ancora da met­tere a punto. 
In que­sto con­te­sto, il richiamo al Marx com­bat­tente serve quindi come un invito a una rin­no­vata «cli­nica del capi­ta­li­smo». Un invito che va rac­colto, sapendo tut­ta­via che il cen­tro popul­sore sta ancora il quel movi­mento che per­vi­ca­ce­mente vuole abo­lire lo stato di cose presenti.

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