lunedì 11 maggio 2015

La lotta di classe nella Germania di Schroeder e Merkel

Risultati immagini per germania anni dieciGünter Wallraff: Germania anni Dieci. Faccia a faccia con il mondo del lavoro, traduzione di Sara Mamprin, L'Orma 2013

Risvolto
Cosa c’è dietro questo caffè? E dietro questo panino precotto? E dietro il pacco ordinato ieri in rete e oggi già recapitato? Cinque reportage per raccontare dall’interno lo sfruttamento nella ricca Germania, solo in apparenza immune da ogni crisi. Il più importante giornalista d’inchiesta tedesco si traveste e si infiltra per mostrare il mondo del lavoro in tutta la sua cruda realtà, dandone testimonianza in prima persona. Facendosi assumere in un panificio industriale con turni inumani, im­pie­gandosi come fattorino di un grande corriere espresso o addentrandosi negli scandali dei manager delle grandi industrie pubbliche, Wallraff svela i quotidiani inferni del precariato, del mobbing, di un mondo del lavoro senza tutele né diritti. La smodata sete di profitto di pochi è controproducente per tutti.
 


“La Germania ricca? Paradossale bugia” 
“Se scavi nella società vera o nel mondo del lavoro scopri che un terzo dei tedeschi è nullatenente” 

Tuttolibri 9 5 2015

Q uando, oltre quarant’anni fa, iniziai il mio lavoro di giornalista d’inchiesta speravo – e probabilmente ero in compagnia della maggioranza della popolazione – in uno sviluppo costante che evolvesse verso un sistema sociale più giusto e umano. Oggi sono ancora determinato a contribuire a queste forme di progresso con i miei libri e i miei reportage, anche se devo confessare un crescente scetticismo. Troppi sono i regressi a cui abbiamo dovuto assistere negli ultimi anni.
La mancanza di tutele per i lavoratori va di pari passo con la spudoratezza con cui si arricchiscono top manager ed ex politici, categorie che si preoccupano solo del proprio benessere e del modo migliore per accaparrarsi denaro, capitali e privilegi fiscali. Questo «mondo parallelo», profondamente asociale, sfacciato e arrogante, si atteggia a vincitore, mentre milioni di individui declassati pensano di doversi vergognare di una povertà di cui non hanno colpa. Sono idee espresse persino dell’ex ministro delle Finanze Peer Steinbrück, solitamente molto sensibile alle ragioni dell’economia: «Il biotopo al vertice della piramide economica si distingue per il suo comportamento asociale e amorale che indigna tanto più fortemente proprio perché questo ceto avrebbe tutte le possibilità per contribuire al bene comune. Nella mia esperienza di ministro ho incontrato una quantità impressionante di banchieri, imprenditori, consulenti e immobiliaristi caratterizzati da una spocchia, da un’indifferenza e da una supponenza nei confronti della «gente comune» a dir poco spaventose. Non è esagerato sostenere che questa classe agiatissima viva e prosperi in una realtà alternativa che si è costruita a proprio uso e consumo. Suona come un paradosso, eppure questo ceto si percepisce al di fuori della società, proprio come chi, per ragioni opposte, ne vive ai margini».
Circa un terzo della popolazione tedesca è quasi nullatenente o è addirittura indebitata. Il dato che in media i tedeschi non siano mai stati tanto ricchi non è che un ricorso alla statistica per gettare fumo negli occhi e nascondere la realtà dei fatti. E in più, è anche una presa per i fondelli, perché tramite questi calcoli la vergognosa ripartizione delle ricchezze a favore delle classi agiate risulta minimizzata. In Germania il 10% ricco della popolazione possiede oltre il 60% del patrimonio complessivo del Paese. E l’1% di tedeschi superricchi si è ormai impossessato di quasi un quarto delle ricchezze della nazione. Ogni anno il divario si fa più ampio e profondo, l’ingiustizia più bruciante. Un lavoratore tedesco su quattro riceve ormai un salario almeno due terzi più basso dello stipendio medio e il numero degli interinali è schizzato alle stelle. Già nel lontano 2004 Michael Rogowski, presidente della Confindustria tedesca, affermava: «Il lavoro non è una misura invariabile, ma una questione di domanda e offerta, e quindi di prezzo. Non ci servono minimi salariali, ma, al contrario, dobbiamo scendere al di sotto delle tariffe minime previste». E probabilmente era anche orgoglioso del cinismo che ostentava: «La forza lavoro ha un prezzo, esattamente come lo hanno i maiali. Nel mercato dei maiali il prezzo resta alto se ci sono pochi suini. Se il numero di maiali aumenta, il prezzo scende». Bernd Hiesemer, caporedattore del quotidiano economico «Handelsblatt», arriva a sostenere: «Forse fra un paio d’anni capiremo che l’attuale crisi finanziaria non era altro che una fase di innovazione all’interno della lunga catena di distruzioni creative che non indeboliscono il nostro sistema economico, ma anzi lo rafforzano».
La politica si è limitata a mettere in pratica una dopo l’altra tutte le richieste del mondo economico e i partiti maggiori non hanno mosso un dito contro la disintegrazione dello stato sociale da parte delle politiche neoliberiste.
Nel suo romanzo Il nuovo mondo pubblicato nel 1932, proprio mentre stava per cominciare un’enorme crisi globale, Aldous Huxley ha tracciato il ritratto di una moderna società di caste in cui gli «alfa più» detengono il potere e il resto della società è ridotta a un’unica massa indistinta. Nella distopia del nuovo mondo di Huxley, in parte così inquietantemente simile al nostro, il consumismo e il divertimento coatto sono le catene che imprigionano la personalità individuale, l’intelligenza e la capacità di resistenza dei cittadini. Oggi nella nostra «società del benessere e dello svago» tutti ci portiamo dentro coercizioni di questo genere e il futuro rischia di appartenere a «uomini a norma», come prodotti in serie. La solidarietà, la riflessione, il pensiero critico sono guardati con sospetto, se non addirittura disprezzati, al grido di «la realtà è questa qui, e di alternative non ce ne sono!». 
Per questo durante le mie inchieste in lungo e in largo per la Germania mi ha sempre confortato incontrare persone che non hanno perso la speranza in un mondo migliore, né il coraggio di lottare per realizzarlo.

Nessun commento: