martedì 30 giugno 2015

Una nuova edizione per il libro di Domenico Losurdo sul Revisionismo storico

Il revisionismo storicoDomenico Losurdo: Il revisionismo storico. Problemi e miti, nuova edizione aumentata, Laterza

Risvolto
Più volte ristampata e tradotta in un numero crescente di paesi, quest’opera è una rilettura originale della storia contemporanea, dove l’analisi critica del revisionismo storico – a cominciare dalle tesi di Nolte sull’Olocausto e di Furet sulla rivoluzione francese – si intreccia con quella di una serie di fondamentali categorie filosofiche e politiche come guerra civile internazionale, rivoluzione, totalitarismo, genocidio, filosofia della storia.
Questa edizione ampliata analizza le prospettive del nuovo secolo. Da un lato il revisionismo storico continua a riabilitare la tradizione coloniale, com’è confermato dall’omaggio che uno storico di successo (Niall Ferguson) rende al tramontato Impero britannico e al suo erede americano, dall’altro vede il ritorno sulla scena internazionale di un paese (la Cina) che si lascia alle spalle il ‘secolo delle umiliazioni’. Sarà in grado l’Occidente di tracciare un bilancio autocritico o la sua pretesa di essere l’incarnazione di valori universali è da interpretare come una nuova ideologia della guerra?


 Eugenetica made in Usa 
Saggi. «Il revisionismo storico. Problemi e miti» di Domenico Losurdo, per Laterza. Una ricostruzione delle vicende del Novecento, a partire dal colonialismo degli States e dalle loro proibizioni razziali che tanto piacevano a Hitler 

Paolo Ercolani il Manifesto 27.6.2015, 0:08 

«Guai a vinti!», secondo la cele­bre espres­sione attri­buita da Livio e altri sto­rici romani a Brenno, capo dei Galli Sènoni che inva­sero Roma nel IV secolo a.C. Guai per tante ragioni, fra le quali è una a pre­va­lere di gran lunga: che saranno i vin­ci­tori a scri­vere la sto­ria. In que­sto modo una sem­plice scon­fitta (det­tata da rap­porti di forza) si tra­sfor­merà in una volontà suprema (del Fato, di Dio, della Civiltà o Razza supe­riore), e i più deboli ver­ranno mar­chiati a guisa di «dan­nati della terra», per­ché così hanno decre­tato le leggi supe­riori e insin­da­ca­bili della Storia. 

Eppure, a volte un solo pic­colo epi­so­dio rie­sce a smon­tare i costrutti mani­chei dell’ideologia domi­nante. Come quello rife­rito da Han­nah Arendt in una let­tera a Karl Jaspers del 3 gen­naio 1960: «A tutte le ultime classi delle scuole medie di New York è stato asse­gnato un tema (Imma­gi­narsi un modo per punire Hitler). Ed ecco cosa ha pro­po­sto una ragazza nera: si dovrebbe met­ter­gli addosso una pelle nera, e poi obbli­garlo a vivere negli Stati Uniti!». A rac­con­tarci la vicenda quanto mai cen­trale della misti­fi­ca­zione sto­rica, con tanto di una mole impres­sio­nante ma sem­pre per­ti­nente di aned­doti, rife­ri­menti, cita­zioni, è Dome­nico Losurdo (pro­fes­sore eme­rito di filo­so­fia nell’Ateneo di Urbino, in que­sti giorni insi­gnito di una lau­rea hono­ris causa da parte della pre­sti­giosa Uni­ver­si­dade Fede­ral Flu­mi­nense in Bra­sile), di cui è uscito Il revi­sio­ni­smo sto­rico. Pro­blemi e miti, Laterza, pp. 345, euro 24 (con­tem­po­ra­nea­mente all’edizione inglese, ancora più ampia: War and Revo­lu­tion. Rethin­king the Twen­tieth Cen­tury, tra­du­zione di Gre­gory Elliott, pp. 359, Verso, London). 

Nella frase della gio­vane ragazza nera citata da Arendt si con­cen­tra una parte buona e sostan­ziale della vicenda che Losurdo rico­strui­sce, e che si dipana lungo quat­tro secoli di sto­ria occi­den­tale, a par­tire dalle rivo­lu­zioni inglesi del Sei­cento, pas­sando per quella ame­ri­cana, fran­cese e bol­sce­vica. Fino ad arri­vare alla data cru­ciale del 1989, in cui il tra­collo dell’ideologia e del mondo comu­ni­sta ha lasciato campo aperto a chi intende ripor­tare indie­tro le lan­cette della sto­ria, per costi­tuire un nuovo «impero» avva­len­dosi delle armi con­ven­zio­nali e di quelle eco­no­mi­che.
Nel mezzo l’autore rico­strui­sce, con dovi­zia di par­ti­co­lari e aned­doti sor­pren­denti (ovvia­mente igno­rati dall’ideologia domi­nante), il grande rimosso della agio­gra­fica e auto­re­fe­ren­ziale sto­rio­gra­fia occi­den­tale: ossia quei secoli di colo­nia­li­smo e impe­ria­li­smo in cui si sono depre­date, sfrut­tate non­ché mas­sa­crate intere popo­la­zioni ed etnie. Pro­du­cendo quella mise­ria e disu­ma­nità radi­cali che ancora i migranti di oggi por­tano ben deli­neate sui loro volti. 

La rico­stru­zione si fa ancora più ser­rata e impla­ca­bile quando si tratta di por­tare alla luce il grande non detto che riguarda la nazione por­ta­ban­diera dell’Occidente: gli Usa. Il primo vero stato raz­ziale della vicenda umana, quello in cui si è com­piuto il geno­ci­dio dei pel­le­rossa e lo ster­mi­nio di tanti neri impor­tati dall’Africa per uso com­mer­ciale. Ma anche quello in cui sono nati i primi veri campi di con­cen­tra­mento della sto­ria con­tem­po­ra­nea dove, in nome della guerra totale (in occa­sione del I con­flitto mon­diale) i governi ame­ri­cani fecero rin­chiu­dere cit­ta­dini ame­ri­cani con ori­gini nip­po­ni­che o tede­sche, mar­chian­doli con quella stella gialla che poi sarebbe stata pro­ta­go­ni­sta di nefan­dezze ulteriori. 

In que­sto modo, il let­tore viene con­dotto per mano, attra­verso rie­vo­ca­zioni pun­tuali e rigore sto­rio­gra­fico, a una delle tesi più forti con­te­nute nel libro: le ori­gini ame­ri­cane del III Reich. È lo stesso Hitler a dichia­rare espres­sa­mente nel suo Mein Kampf tutta la sua ammi­ra­zione per l’America raz­ziale e impe­ria­li­sta, fino ad arri­vare a pre­fi­gu­rare un’alleanza dei tre grandi imperi (inglese, ame­ri­cano e tede­sco) per rea­liz­zare la «razza eletta». Come sor­pren­dersi, del resto, tenendo conto che stiamo par­lando del paese che isti­tuì per legge il divieto di «misce­ge­na­tion» (matri­moni misti), e dove ancora nel 1967 erano sedici gli Stati in cui risul­ta­vano in vigore leggi che proi­bi­vano i matri­moni inter­raz­ziali. Lo stesso ter­mine unter­men­sch (sot­touomo), con cui viene legit­ti­mata e su cui viene costruita la distru­zione delle civiltà infe­riori, deriva dall’inglese «under­man» (uti­liz­zato da Stod­dard), men­tre nel libro si ricorda che è stata pro­prio l’America a finan­ziare e pro­muo­vere, con grande dispen­dio di risorse e pro­clami, quell’eugenetica che avrebbe avuto un grande peso nel regime hitleriano. 

Per chi vuole, e può, cogliere impor­tanti riflessi del mondo con­tem­po­ra­neo, è signi­fi­ca­tiva la rico­stru­zione che Losurdo com­pie della domi­na­zione occi­den­tale nei con­fronti della Cina, fra i paesi più bene­stanti e civili del mondo (nell’Ottocento) fino a che le potenze nostrane non hanno deciso di con­durre una guerra distrut­tiva, appog­giando il regime liber­ti­cida della dina­stia man­ciù e ponendo le basi per quei sen­ti­menti anti-occidentali che invece erano stati del tutto assenti fino a quel momento. Le pagine con­clu­sive, infine, si sca­gliano con­tro l’illustre sto­rico con­tem­po­ra­neo Niall Fer­gu­son, ideo­logo uffi­ciale dell’America e dell’Occidente con­tem­po­ra­nei, invi­tati senza mezzi ter­mini a rico­sti­tuire l’«impero» e a uti­liz­zare la guerra per gene­rare un «pro­fitto reale sotto forma di bot­tino e di inden­nità a carico degli Stati o ter­ri­tori sconfitti». 

Una vera e pro­pria con­tro­sto­ria dell’Occidente, quella ope­rata da Losurdo, con­tro i troppi revi­sio­ni­smi, ma anche a favore di una memo­ria col­let­tiva che, in que­sti giorni, vor­rebbe respin­gere dalle nostre coste milioni di figli di una dispe­ra­zione pro­dotta da noi stessi. Sto­ria anti­chis­sima, visto che già la demo­cra­ti­cis­sima potenza ate­niese giu­sti­fi­cava lo ster­mi­nio dei Meli argo­men­tando che è la stessa legge di natura a decre­tare il governo del più forte. Con buona pace di quei «deboli» a cui non è dato nep­pure il rico­no­sci­mento di una Sto­ria rac­con­tata con quell’arnese indi­spen­sa­bile che chia­miamo one­stà intellettuale.

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