domenica 14 febbraio 2016

Il delirio occidentalista e le corbellerie più fantasiose

Parole armate
Questo è un vero deficiente. L'Occidente controlla tutti i media e tutte le parole, e se ne esce con una puttanata del genere [SGA].

Philippe Joseph Salazar: Parole armate. Quello che l'Isis dice e che noi non capiamo, Bompiani, pp. 208, euro 17,00

Risvolto
Il salafismo jihadista e la sua incarnazione armata, il Califfato, hanno dichiarato una guerra planetaria di comunicazione e soprattutto di persuasione di massa. Dopo gli attacchi di Parigi il potere retorico persuasivo dell'ISIS è sotto gli occhi di tutti. Ma abbiamo davvero capito come funziona una retorica militante efficace? Basandosi su una documentazione ricca, dettagliata e spesso del tutto inedita, Philippe-Joseph Salazar analizza i punti di forza del linguaggio della propaganda jihadista, mostrando di contro la debolezza dei discorsi dell'Occidente, disarmato contro lo stile del Califfato: il nostro linguaggio politico è sterile in confronto, "banale sul piano retorico e poeticamente deficitario". Il nostro contrattacco armato non sarà sufficiente: per vincere l'avversario bisognerà "pensare islamico, parlare islamico, argomentare islamico".




Il vero scontro armato: l’eloquenza jihadista contro i nostri sussurri 
14 feb 2016  Libero RENATOBESANA 
Isis, Is, Daesh, o per meglio dire Califfato: il discorso pubblico delle democrazie occidentali non possiede e anzi rifiuta i codici interpretativiper comprendere ilnuovototalitarismo che lacera il VicinoOriente e l'Africa, arrivando a reclutare combattenti e a mietere vittime nel cuore dell'Europa. Ne consegue l'incapacitàdi fronteggiare e sconfiggere una minaccia della quale neppure s'intuisce la reale portata. Questa, in estrema sintesi, la tesi svolta in Parole armate ( Bompiani, pp. 208, euro 17,00) daPhilippeJoseph Salazar, francese nato a Casablanca nel 1955, ritenuto in ambito internazionale un autorevole studioso di retorica e analisi del linguaggio: sono gli strumenti con iquali compieun'esegesidel jihadismo, scardinando i luoghi comuni di cui siamo prigionieri. 
Il 4 luglio 2014, anniversario dell'indipendenza americana, Al Baghdadi, nella moschea diMosul, intonò l'omelia di rifondazione delCaliffato, che da quelmomento ha messo in campo, servendosi dei nuovi media, la propria potenza oratoria e persuasiva, senza mai discostarsi dalla lettera del Corano, di cui non costituisce una deviazione, come siamo indotti a credere, ma un'interpretazione rigorosa, fondata sulla «difesa attiva e risoluta di dio». Nell'epoca di internet, avverte Salazar, il Califfato «gioca sulla qualità, noi sulla quantità. Gioca sull'eroismo, noi sulla prevenzione. Gioca sulla trascendenza, noi sullamiddle class. Gioca sul valore, noi su dei valori». Le forme retoriche di cui sivale l'appellojihadista sonolapredicazione religiosa e l'arringa militare. Noi rispondiamo con l'ideologia del dialogo, del tutto inefficace con interlocutori che rifiutano di negoziare le proprie posizioni. Siamo arrivati a coniare un neologismo, islamofobia, per ridurre qualsiasi critica all'islam a «una sorta di mal adattamento alle norme sociali». Mentalmente disarmati, ci confortiamoconspiegazionidicomodo, affermandoper esempiochediventa terrorista chisubisceunamarginalizzazionesociale, economica, educativa. Gli specialisti, scrive Salazar, non si fanno abbindolare da una simile spiegazioneecitanoTrockij, secondoilquale, se bastasse essere poveri per passare al terrore, lemasse sarebbero incostante insurrezione. In preda al «panico linguistico», chiamiamo terrorista chi dovrebbe invece esser definito soldato o partigiano, che in quanto tale combatte una guerra di conquista cui ilmarxismo leninismo ha fornito un modello. Comenella lottadiclasse, ilCaliffato pratica, anche entro i propri confini, un' ostilità assolutailcui fineè distruggere l'ordine esistente: la violenza levatricedella storia. 
Parole armate, insignito delPrix Bristol des Lumière 2015, contrappone l'eloquenza estrema e fiammeggiante delCaliffato all' opacomormorio dell'Occidente. A sua volta, è un'arringa appassionata, un'orazione magniloquente nel solco delle grandi tradizioni francesi. La prima battaglia da vincere, ammonisce Salazar, è sul piano della persuasione: «Rimescoliamo le carte. Alziamo la voce. Usiamo tutte le nostre risorse». 
Le pagine si chiudono con richiamo alla Romaantica: Carthago delenda est., Cartaginedeve essere distrutta. I devoti delpoliticamente corretto ne traggano le dovute conclusioni.

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