mercoledì 9 marzo 2016

Marchette letterarie golpiste ma democratiche

Risultati immagini per asor rosaL’autobiografia nascosta dietro la maschera della finzione letteraria 

“UNA SOSTANZA SOTTILE” DI FRANCO CORDELLI

ALBERTO ASOR ROSA Restampa 9 3 2016
Franco Cordelli (Roma, 1943: tornerò più avanti su questi dati anagrafici) è uno dei personaggi più rispettabili della scena letteraria italiana. In che senso? Nel senso che, in ognuno dei molteplici campi in cui egli di volta in volta si applichi (saggistica, narrativa, poesia, teatro, critica letteraria, critica teatrale, ecc.), si può esser certi ogni volta che la sua “prestazione” corrisponderà a criteri di avvedutezza e correttezza al massimo livello. L’osservazione acquisterebbe un rilievo maggiore se si pensasse che ognuno dei campi comunica con gli altri, anzi, più esattamente, a pensarci bene, con tutti gli altri pressoché contemporaneamente. Ossia: c’è sempre della narrativa nella sua saggistica; ma c’è sempre saggistica nella sua narrativa; e un po’ di teatro ovunque; e così via.
Il “concerto”, però, raggiunge il suo culmine nelle opere di “narrativa”: ovvero, più esattamente, nel “romanzo”, cordellianamente inteso. Una scrittura, che definirei itinerante, scorre ininterrotta, riga dopo riga, portando su di sé, quasi senza darsene a vedere, cose, persone, sentimenti, conflitti, sciagure… Con l’ultimo: Una sostanza sottile (Einaudi), Cordelli fa un altro passo in avanti nella direzione fin qui descritta. Rapporti di conoscenza e di affetto, troppo a lungo rimandati, tra un padre e una figlia: ambiente del ritrovamento, una Provenza solare e quasi mitica, fedele ai suoi stereotipi. La scrittura itinerante di Cordelli si scinde questa volta in un duplice flusso di coscienza (padre e figlia, appunto), che però, invece di rimanere separati e di fronteggiarsi come due entità ostili, continuamente s’intersecano, si sovrappongono e si confondono. A partire da questo schemino interpretativo, si potrebbe davvero formulare un’altra miriade di ipotesi, che fanno di
Una sostanza sottile qualcosa di più di uno qualsiasi dei romanzi nella catena narrativa di Franco Cordelli. Per esempio, — e con questo entriamo di più nel merito dell’attuale scrittura cordelliana, — la spettacolare uniformità, in questo libro, della misura narrativa. Il romanzo si dipana infatti lungo 81 capitoletti, ognuno dei quali ha più o meno la lunghezza di tutti gli altri (95-110 righe). Questa telematica precisione conferisce al testo una sorta d’identità matematica che disciplina il doppio flusso di coscienza di cui parlavo.
Infine. L’ambientazione provenzale, l’ho già detto. E pure un’osservazione non distratta fa emergere accanto o sotto quello scenario un altro scenario, a Cordelli più consueto, quello della Roma medio-piccolo- borghese e proletaria, e semi-proletaria dei nostri tempi. E accanto, e intrecciata a questa, la elencazione delle cliniche e degli ospedali romani, — anche questi distribuiti secondo le utenze da un massimo di lusso a un massimo di povertà, — con i quali il soggetto maschile del romanzo ha avuto una dolorosa frequentazione nel corso di tutta la sua vita. La domanda è: chi è il personaggio che, tra la Provenza e la Roma natale, si sottopone a questa sequela pressoché ininterrotta di ispezioni, analisi, indagini, operazioni chirurgiche? Cordelli ne fornisce dati di riconoscimento inconfondibili. Egli scrive infatti che all’ospedale di San Filippo il personaggio era andato per la prima volta nel 1964. Aveva ventun anni (pag. 8). Dunque, è nato nel 1943. Se non è Cordelli, è uno che sembra lui. Se fosse lui, si capirebbe meglio anche il taglio essenziale del racconto. Il racconto, per un verso, è un romanzo; per un altro, è un diario: capitoli sostanzialmente staccati l’uno dall’altro, e, come s’è detto, molto brevi. Quello che Cordelli ha chiamato opportunamente il «regno delle coincidenze » (pag. 173), produce questi effetti.

Nessun commento: