domenica 12 giugno 2016

Il Grottesco in Italia: una mostra a Firenze


Buffoni, villani e giocatori alla corte dei Medici
Andito degli Angiolini, Palazzo Pitti, fino all’11 settembre
Catalogo a cura di Anna Bisceglia, Matteo Ceriniana e Simona Mammana, Sillabe, pp. 183, euro 20


Nani, buffoni e giocatori alla corte dei MediciLibero 11 giu 2016 MARIO BERNARDI GUARDI RIPRODUZIONE RISERVATA

Lo avevano soprannominato Morgante come il gigantesco eroe dell’omonimo poema di Luigi Pulci, ma era una benevola presa in giro. Infatti, Braccio di Bartolo, vissuto a Firenze nella seconda metà del XVI secolo, era un nano. Un nano importante, visto che viveva alla corte del Granduca Cosimo I. E qui era, sì, considerato uno scherzo della natura, ma godeva anche di quello status speciale che sovrani e nobili tra il Cinque e il Settecento accordavano a giullari, buffoni, nani ecc...
È vero che li ridicolizzavano, alla stregua di «giocattoli viventi», addirittura impiegandoli contro asini e scimmie in una parodia dei tornei gladiatori, e tuttavia se ne servivano anche come accorti consiglieri, capaci di mescolare alla battuta salace un saggio avvertimento e di fungere da coscienza parlante del signore.
Accanto e grazie al potere viveva il nostro Morgante - il più illustre dei cinque nani di Cosimo I - il cui ritratto è uno dei pezzi forti della mostra fiorentina Buffoni, villani e giocatori alla corte dei Medici (Andito degli Angiolini, Palazzo Pitti, fino all’11 settembre. Catalogo a cura di Anna Bisceglia, Matteo Ceriniana e Simona Mammana, Sillabe, pp. 183, euro 20). Ad eternarlo è il Bronzino, che lo raffigura come cacciatore: ignudo, di fattezze non apollinee, l’illustre nano tiene in mano una civetta che serve da richiamo per gli uccelli destinati a finire nelle reti poste lì vicino.
La mostra contribuisce a restituirci il profilo di una cultura tesa a raccontare la società in un aspetto tutt’altro che secondario. Se, infatti, la rappresentazione del sacro, le evocazioni mitiche, il richiamo alla tradizione storica ne costituivano la visione “alta”, non si poteva trascurare il “basso” con i giullari, i contadini ignoranti e grotteschi, i giocolieri e i giocatori d’azzardo. Nonché i buffoni di professione: da quelli abilissimi nei giochi verbali, nei motti, nelle facezie, a quelli che suscitavano l’impietoso scherno per la loro deformità, ai poveri idioti anch’essi oggetto di derisione. Come il Meo Matto che il fiammingo Justus Sustermans - pittore barocco alla corte di Cosimo III, celebre per un ritratto di Galileo Galilei - coglie nella sua spaesata umanità di alienato. E il riso si fa amaro.
Tuttavia nei due secoli di splendori medicei raccontati in mostra (sono state selezionate una trentina di opere, facenti parte del complesso della Galleria degli Uffizi), c’è posto soprattutto per il ridicolo e per il bizzarro, spesso confinanti con la crudeltà: si pensi alla vecchia in abito da nozze che corteggia un bel garzone e viene smascherata da un nano (il quadro, databile alla fine del Seicento, è di incerta attribuzione); ai Servitori di Cosimo III dei Medici (vi figurano, tra gli altri, un nano, un gobbo e un moro), dipinto da Anton Domenico Gabbiani alla fine del Seicento; alla Mascherata di gnomi di Faustino Bocchi, con la sua festa di mostriciattoli; al Banchetto grottesco di Joseph Heintz, dove la deformità si mescola al demoniaco.

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