giovedì 26 gennaio 2017

Gerardo Marotta 1927-2017. Il ricordo di Domenico Losurdo


In Gerardo Marotta e nell’Istituto Italiano da lui fondato e presieduto «siamo dunque in presenza di una visione della filosofia come universalità e realizzazione concreta dell’universalità. L’affermazione della comunità della ragione è il fondamento della costruzione della comunità dei citoyens, di una comunità politica cui la globalità e drammaticità dei problemi del nostro tempo tende a dare, o dovrebbe tendere a dare, una dimensione o una tensione planetaria. L’hegeliana filosofia della storia (secondo la quale la marcia della libertà è scandita dalla progressiva costruzione dell’universalità e del concetto universale di uomo) ispira l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici che a tale costruzione intende contribuire e contribuisce con un’instancabile e generosa attività e un prezioso contributo di idee, di passione, di impegno civile; e credo che questo sia il più alto riconoscimento che si possa pronunciare dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di cui oggi celebriamo il ventennale della fondazione» [DL]. 

(Domenico Losurdo, in "La tradizione filosofica napoletana e l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici", in Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Ricerche 1975-2003, a cura di Antonio Gargano, La Città del Sole, Napoli, 2002, pp. 219-260; ristampa quale volume autonomo, Nella sede dell’Istituto, Napoli, 2006).

Marotta l’eretico, umiliato da politica e Università
Montanari il Fatto 28 gennaio 2017

È morto Gerardo Marotta, l'avvocato-filosofo presidente e fondatore dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici


Fondatore e presidente dell’Istituto italiano studi filosofici, aveva 90 anni. Tra sue lotte, no a libri Croce in scatoloni
Busiarda

L'addio a Gerardo Marotta: venerdì la camera ardente, sabato i funeraliFondò l'Istituto italiano per gli studi filosofici. Aveva 89 anni, era ricoverato da tempo per problemi cardiaci. L'assessore Daniele: "Sisteremo i suoi 300mila libri nel Palazzo del Coni, accanto a Palazzo Serra di Cassano". Il cordoglio di Mattarella, Gentiloni, Franceschini, De Luca e de Magistris. Tweet polemico di SavianoRep


il Mattino

Addio a Gerardo Marotta ultimo umanista napoletanoFondò , con la figlia di Croce, l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e lo sostenne col suo patrimonio 

Giuseppe Salvaggiulo Busiarda 27 1 2017

«I professori mi dicono: Marotta, ma che fa? La smetta di vendere, conservi per i figli. I miei fratelli si mettono le mani nei capelli: Gerardo, stai dilapidando il patrimonio. E le mie figlie sono preoccupate. Papà - mi implorano - anche la casa hai ipotecato, dove andremo a vivere quando morirai? Ma io vendo tutti i miei beni! Immobili, gioielli, risparmi, tutto. Lo faccio per salvare il nostro Istituto italiano per gli studi filosofici, per tenere alta una bandiera dell’umanesimo. Siamo i contrafforti dell’unità nazionale, ma l’Italia ci sta abbandonando».
La sua voce dolce e solenne non si dimentica. Pazzo di cultura, questo era l’avvocato Gerardo Marotta. Avrebbe compiuto 90 anni a fine aprile. Fondatore e anima dell’Istituto italiano per gli studi filosofici, è morto ieri in una clinica napoletana dov’era ricoverato per una caduta. Da tempo respirava a fatica, le ultime parole le ha dedicate a Giordano Bruno, a Silvio Spaventa, a Luigi Einaudi, agli Stati Uniti d’Europa. Al passato e al futuro, che importa se remoti.
Mecenate illuminista, nel 1975 aveva creato l’Istituto con Elena Croce, figlia del filosofo cui era devoto. Collezionista indefesso di libri (a sue spese li donava all’Istituto), ne aveva accumulati 300 mila portandone alcuni perfino in clinica. Si era fatto allestire un angolo-studio nella palestra della fisioterapia.
Un pazzo, appunto. Ieri l’hanno ricordato tutti, da Mattarella al cardinale Sepe.
Tra i tremila libri pubblicati dall’Istituto, le traduzioni di Giordano Bruno in russo e cinese. In quarant’anni, dal mitico palazzo Serra di Cassano sono passati i migliori: da Le Goff a Popper, da Gadamer a Derrida, da Garin a Rita Levi Montalcini. Seminari, corsi, dibattiti, convegni: più di un’università, un cenacolo. «Crocevia del mondo» lo definì Sandro Pertini.
Non si contano premi e lauree honoris causa, ovunque nel mondo. «Al vero filosofo ogni terreno è patria: Hommage à Gerardo Marotta» è il titolo di un libro uscito in Francia nel 1996. Chiunque se lo sarebbe fatto bastare, lui no. Prese a girare con i suoi ospiti i licei meridionali negli angoli più sperduti dell’Italia dolente. Grazie al suo patrocinio, ogni scuola poteva permettersi conferenze di intellettuali di prestigio internazionale. Aveva portato Gadamer in Calabria, «gli studenti si appendevano alle travi dell’aula magna per ascoltarlo». Aveva creato 200 scuole in tutta Europa e sostenuto 180 biblioteche nel Sud. Ne andava fiero, ossessionato com’era dalla trasmissione del verbo umanista ai giovani. Era arrivato a dare 2700 borse di studio a ricercatori italiani e stranieri, li ospitava a casa sua se necessario. 
Altra ossessione: Napoli, il suo rinascimento interrotto, cui si dedicava animando le Assise di Palazzo Marigliano, incubatore di idee in campo sociale e urbanistico.
Raffinato e passionale, cultore della rivoluzione del 1799, era grato a Carlo Azeglio Ciampi che da presidente del Consiglio aveva salvato l’Istituto. Successivamente, per scongiurare il fallimento, aveva venduto il suo patrimonio personale. Si era indebitato mettendosi messo contro la famiglia, «ma questo per favore non scrivetelo» ci supplicò una volta al termine di uno dei memorabili sfoghi, svelando un pudore inatteso dietro la corazza del giacobino indomito.
Nemmeno la spoliazione personale (l’attico a Roma e la villa vista Vesuvio) era bastata a evitare, quattro anni fa, lo sfratto della monumentale biblioteca. Il governo aveva tagliato i fondi per l’affitto e la Regione non aveva completato il progetto per una nuova sede (e ancora oggi non l’ha fatto). 
«La più importante biblioteca privata di filosofia al mondo», dice Massimo Cacciari. Marotta aveva accarezzato in lacrime i suoi volumi, come figlioli costretti a partire in esilio, mentre la ditta di traslochi li ammassava negli scatoloni e li portava in un capannone a Casoria, dove stanno oggi. «Croce in un deposito: è un genocidio culturale», protestava. 
«Ora applausi ed encomi, in vita solitudine e indifferenza», ha scritto Roberto Saviano in un post amaro che sa di verità.
Oggi camera ardente, domani funerali laici nella sede dell’Istituto, in via Monte di Dio. A mezz’asta le bandiere del Comune di Napoli e quelle della cultura, ovunque. Ha detto Dario Franceschini che perdiamo «un protagonista della cultura partenopea».
Europea, ministro. Europea.  BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI


Marotta il filosofo della cultura aperta a tutti 

Addio al grande studioso napoletano 

FRANCESCO ERBANI Rep 27 1 2017
L’ultima battaglia racconta molto di Gerardo Marotta. L’avvocato Marotta, che si è spento a Napoli alla vigilia dei novant’anni, l’ha condotta senza stancarsi, contro il trascorrere del tempo che rendeva ordinaria, trascurabile, una storia che restava pazzesca: la dispersione dei suoi trecentomila volumi raccolti con pazienza e ardore, rincorsi negli anfratti
dell’ultimo rigattiere e che un groviglio burocratico lasciava marcire. Trecentomila volumi: non sono tante le cose culturalmente più rilevanti. E dire che Marotta, il cappello a larghe tese indossato anche in casa, calcato sui capelli candidi, ne ha sostenute di battaglie per una cultura che rompesse i diaframmi elitari, diventando lievito civile.
«Dobbiamo chiedergli perdono », diceva ieri l’assessore alla Cultura del Comune di Napoli, Nino Daniele. Mentre Massimiliano, figlio di Gerardo, ricordava «i libri sparpagliati in diversi depositi, da Arzano a Casoria, che attendono la ristrutturazione dei locali che dovrebbero ospitarli, acquistati dalla Regione nel 2008, ma per i quali manca il progetto esecutivo». I ritardi, accumulati durante la precedente amministrazione, impediscono l’uso della biblioteca. Più il tempo passava, più i capelli dell’avvocato si appoggiavano sulle spalle e il viso smagriva al pensiero che con i libri si disperdesse il patrimonio che aveva condiviso non solo con la sua città. Nel 1975 Marotta diede vita all’Istituto italiano per gli studi filosofici. Fondamentale era il “per”. Gli studi filosofici come obiettivo, un complemento di scopo o di vantaggio e non un genitivo. Per tanto tempo l’Istituto ha avuto sede a casa Marotta, all’estremità di Monte di Dio. Nel salotto affacciato su Capri ci si ammassava per ascoltare Hans Georg Gadamer, Paul Ricoeur, Norberto Bobbio, Paul Oskar Kristeller, Paul Dibon, Eugenio Garin e il meglio del pensiero filosofico europeo.
Marotta era un principe del diritto amministrativo, il suo studio discuteva cause miliardarie. Ma lui lo lasciò, vendette proprietà. I soldi servivano per l’Istituto e per i libri. All’inizio degli anni Ottanta gli fu assegnata la seicentesca Biblioteca dei Girolamini. Ma prima del trasloco, subito dopo il sisma del 1980, quelle stanze furono aperte ai terremotati. Nel bel film La seconda natura di Marcello Sannino si vede Marotta che racconta ai senzatetto il divario che a Napoli ha separato l’alta cultura e il popolo e aggiunge che una casa andava loro assicurata, ma non la sala con i volumi appartenuti a Giambattista Vico. Al che un uomo gli si avvicina: «Te do ‘nu vaso ‘nfronte» (ti do un bacio in fronte).
Nel salotto-istituto si respirava il lascito crociano, degli hegeliani napoletani e del meridionalismo liberale (Giustino Fortunato più che Gaetano Salvemini). Su tutto aleggiava la Repubblica giacobina del 1799 e quando parlava dei giovani impiccati dal re Borbone, Marotta era colto da commozione vera. Avvicinandosi Tangentopoli, Marotta istituì le Assise di Palazzo Marigliano, laboratorio sulla storia e la società meridionale. Per i duecento anni dalla Repubblica del 1799, sindaco Bassolino, Marotta fece aprire il portone principale del Palazzo Serra di Cassano, dove si era trasferito l’Istituto, chiuso da due secoli. Si affacciava su Palazzo Reale e i Serra di Cassano lo avevano sbarrato per disprezzo verso i Borbone che avevano ucciso il figlio Gennaro, fra i protagonisti della rivoluzione giacobina. Il portone era il simbolo della separatezza fra un potere nutrito di umori plebei e una cultura mortificata. Fu riaperto, poi di nuovo chiuso. Napoli sembrava la capitale di una rinata Repubblica delle Lettere, dell’Istituto scrivevano riviste internazionali.
Gli ultimi anni sono più tristi: i libri dispersi, i finanziamenti risicati che non consentivano più le borse di studio né i convegni internazionali. Un crepuscolo ha avvolto la spettacolare scalinata di Ferdinando Sanfelice e tutto Palazzo Serra di Cassano, dove Marotta sempre più piccolo, si aggirava intabarrato in un cappotto nero. Mai domo, però. «Martedì mattina sembrava riprendersi », racconta Massimiliano, «per i suoi novant’anni voleva una lezione su Bertrando Spaventa e su Luigi Einaudi».

UN’EREDITÀ DA COLTIVARE
ROBERTO ESPOSITO Rep 27 1 2017
Ciò che faceva di Gerardo Marotta una figura non comune era la sua capacità di essere insieme profondamente napoletano e cittadino europeo, cultore della tradizione classica e appassionato interprete della vita civile e politica del nostro tempo. Per molti anni l’Istituto ha costituito un richiamo per tutta la grande cultura filosofica internazionale. Da Gadamer a Habermas, a Derrida — che ha presenziato alla cerimonia della laurea honoris causa conferita a Marotta dalla Sorbona — l’Istituto è stato considerato non solo un luogo di straordinaria promozione della ricerca filosofica, ma un’istituzione libera dalla burocratizzazione che sempre più affligge l’Università. Un organismo nato intorno a un’intuizione di cui forse solo oggi si comincia a percepire il rilievo e la produttività: quella di costruire una rete capace di porre il pensiero italiano — da Bruno a Croce, attraverso l’umanesimo civile e l’illuminismo meridionale — al centro della riflessione filosofica europea. Da qui da un lato le numerose edizioni dei classici italiani e dall’altro l’apertura di uno spazio ospitale di discussione per la filosofia contemporanea. In questo modo Napoli è diventata, per diversi anni, centro e motore della ricerca filosofica continentale. Allo stesso tempo iniziative filosofiche di alto profilo venivano organizzate in Europa con il contributo determinante dell’Istituto. Da qualche tempo tutta questa attività è stata interrotta, o diminuita, per le difficoltà finanziarie che lo hanno colpito. Con quale danno, è facile capire. Proprio quando l’Europa avrebbe bisogno di rinsaldare il proprio patrimonio comune, proprio quando anche in Italia la cultura umanistica stenta a vedere riconosciuta la propria funzione, è necessario che le istituzioni si adoperino a sostenere e rilanciare la straordinaria eredità di Gerardo Marotta. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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