martedì 24 gennaio 2017

Oriente, Occidente e protocolonialismo: l'assedio di Acri e la caduta degli Stati crociati. Il parere del Nostro Toynbee

Antonio Musarra: Acri 1291. La caduta degli stati crociati, prefazione di F. Cardini, Il Mulino, pp. 330, € 24

Risvolto
Il 18 maggio del 1291, dopo un drammatico assedio, Acri, l'opulenta capitale del regno crociato di Gerusalemme, cadeva sotto i colpi d'un giovane ma ambizioso sultano mamelucco, seguita dieci giorni dopo dal castelletto templare, teatro dell'estrema difesa cittadina. Cessava così, dopo quasi due secoli, la presenza crociata in Terrasanta. L'Occidente metabolizzò il fatto con un gran vociare e molte recriminazioni, ma senza impegnarsi attivamente per recuperare quanto perduto. In questo libro, la fine degli stati crociati è letta nel contesto più generale dei sommovimenti che interessarono il territorio siro-palestinese nel corso del XIII secolo: un'area contesa a vario titolo fra Mongoli e Mamelucchi, Genovesi, Pisani e Veneziani, papi e imperatori, Templari e Ospitalieri, re, regine e reggenti, e difesa da nugoli di crociati sovente indisciplinati che finiranno per decretarne la rovina.
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di PAOLO MIELI Corriere 24 1 2017

Acri 1291, così finisce la dolce vita dei cristiani d’Oriente 
Un libro racconta la caduta degli Stati crociati. Dietro le guerre di religione, trame politiche e interessi economici 
«Abbiamo un’arma mortale contro i crociati». A pronunciare queste parole non è stato il feroce Saladino parlando di scimitarre e catapulte. La frase si trova in un documento recente dell’Isis. E «l’arma mortale» sono i camion da lanciare contro la folla, come a Nizza e a Berlino. Tirare in ballo le crociate è ormai un’abitudine dei terroristi: già Bin Laden parlava di guerra contro i «nuovi crociati».
L’ombra dei crociati, insomma, continua a proiettarsi su di noi. La schiera di guerrieri e pellegrini, cavalieri e straccioni, predicatori e avventurieri che ha agitato per qualche secolo il Mediterraneo si staglia alle nostre spalle come un esercito di fantasmi. E pensare che, come ha scritto Franco Cardini, tra i maggiori esperti dell’argomento, i crociati non sapevano neppure di essere crociati: erano un po’ come il borghese gentiluomo di Molière, che scriveva in prosa a sua insaputa. La nozione delle crociate come fenomeno unitario è in larga parte un’invenzione postuma. Nasce come motivo propagandistico a partire dal Rinascimento, soprattutto per legittimare la lotta contro l’Impero ottomano. E viene poi rovesciata in «leggenda nera», triste vicenda di fanatismo e crudeltà, dall’Illuminismo francese. 
I regni d’Outremer
Gli storici discutono ancora su cosa siano state le crociate. Di certo, non furono solo una storia, luminosa oppure oscura, di fede, conquiste e massacri. Furono anche l’avventura di una civiltà nuova, quella degli Stati cristiani di Terrasanta, i regni di Outremer (Oltremare). Una civiltà composita e strana, in cui si mescolavano Oriente e Occidente, usi cristiani e costumi musulmani, dove i cavalieri crociati indossavano il burnus, la lunga veste di seta tipica degli arabi, e andavano in battaglia con la kefiah sopra l’elmo.
Il libro di Antonio Musarra (Acri 1291. La caduta degli stati crociati, Il Mulino, pp. 330, € 24, con prefazione appunto di Cardini) è anche uno sguardo retrospettivo sul mondo di Outremer. Si parte dalla fine, dall’ultimo capitolo della storia dei regni crociati: la caduta di Acri, estrema roccaforte cristiana in Terrasanta (e oggi città inglobata nello Stato d’Israele). Nel 1191 i crociati avevano strappato Acri al Saladino, aggiungendo alla conquista il solito corredo di massacri. Cent’anni dopo, nel 1291, il sultano mamelucco Al-Malik al-Ashraf li ripagò con la stessa moneta. Acri fu riconquistata e i musulmani fecero strage dei cristiani. Pochi decenni prima la stessa sorte era toccata ad Antiochia: «Avresti dovuto vedere», scriveva compiaciuto il sultano Baybars al re Boemondo, «le tue chiese con le croci spezzate, e monaci, preti e diaconi sgozzati sull’altare». 
La riconquista musulmana metteva dunque fine all’esperienza di Outremer, che durava da due secoli. Nei regni di Terrasanta gli occidentali avevano imparato ad apprezzare i piaceri della vita (servizi igienici, tappeti, finezze architettoniche) che gli arabi avevano a loro volta ereditato dai bizantini. Scriveva il cronista Fulcherio di Chartres, morto intorno al 1127 a Gerusalemme: «Noi, che fummo occidentali, siamo diventati orientali. L’Italico e il Franco di ieri è divenuto un Galileo o un Palestinese. Chi laggiù era povero qui per grazia di Dio ha ottenuto l’opulenza; chi non aveva che qualche soldo qui possiede dei tesori; chi non godeva neppure di un modesto possesso qui si vede padrone di una città intera. Perché dunque tornare, dal momento che abbiamo trovato un tale Oriente?». 
I piaceri della carne
Questa «dolce vita» dei cristiani in Oriente non mancava di suscitare critiche. Quando, nel 1216, il vescovo francese Giacomo di Vitry sbarca ad Acri, resta sbalordito e indignato. La città gli appare come una nuova Babilonia. I suoi abitanti sono dediti solo ai piaceri della carne, gli uomini hanno scordato la parola di Dio e si agghindano e si profumano come donne, prostituzione e omicidi sono all’ordine del giorno. Ma ai cristiani di Terrasanta non si rimproverava solo di essere viziosi. Erano frequenti anche le accuse di intelligenza con il nemico. Persino i Templari erano a volte giudicati troppo teneri con i musulmani. Qualcosa di vero doveva esserci. Nel XII secolo, l’emiro Osama ibn Mundiq non mancava mai di visitare a Gerusalemme quelli che chiamava «i miei amici Templari», i quali gli riservavano un angolo della loro chiesa perché potesse pregare Allah. I Templari, del resto, da bravi uomini d’affari quali erano, sorvolavano sulla religione dei loro clienti.
Ciò che emerge dall’affresco di Musarra è che, sotto il velo della contrapposizione tra islam e cristianesimo, correvano anche altre tensioni. Scontri intestini dividevano sia i musulmani sia i cristiani, in un complesso gioco diplomatico che vedeva stagliarsi sullo sfondo la nuova minaccia dell’impero mongolo. 
Un mondo complicato
Ospitalieri e Templari, franchi e italiani, genovesi e veneziani erano in perenne conflitto tra loro. Musarra ricostruisce nel dettaglio questi scontri che non di rado sfociavano in guerre sanguinose. Tra il 1256 e il 1258, per esempio, Acri diventa scenario di una battaglia tra genovesi e veneziani. Questi ultimi accusavano un capitano genovese, tale Barocio Mallone, di avere rubato loro una nave e decisero di risolvere la disputa a fil di spada.
Insomma, dietro il paravento della guerra di religione c’era un groviglio inestricabile di trame politiche e interessi economici. Il Medio Oriente era allora un mondo assai complicato. Esattamente come lo è oggi. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

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