venerdì 20 gennaio 2017

Tradotto "Gli Huligani" di Mircea Eliade


Mircea Eliade: Gli Huligani, trad. it. di Cristina Fantechi, Jaca Book, 20 euro
Risvolto
Nel 1935, quando "Gli Huligani" viene pubblicato in Romania, Mircea Eliade ha solo 28 anni, ma nel suo paese è già molto celebre. Il romanzo ottiene immediatamente un grande successo e diviene un caso editoriale. La critica reputa impudica l'intraprendenza delle ragazze di buona famiglia che animano il racconto, ma in realtà la ragione dello scandalo andrà ritrovata altrove. Attraverso la descrizione lucida e ironica della giovane borghesia romena affascinata dall'ideologia fascista e intossicata da un mito collettivo, Eliade dà un volto agli huligamn, quella generazione della barbarie nouvelle che vuole affermare se stessa costruendo l'uomo nuovo, l'unico - degno e coraggioso - del quale la Romania potrà andare fiera. L'accattivante impianto narrativo e le multiformi sfaccettature dei personaggi e dei loro sentimenti creano un'atmosfera che molto più di qualsiasi saggio prelude alle tragedie che incombono sull'Europa.
L’ingenua furia nichilista degli “Huligani” di Eliade
Jaca Book pubblica per la prima volta in Italia il romanzo giovanile dello storico delle religioni : viaggio estremo alle radici del fascismo romeno 
Andrea Colombo Busiarda 20 1 2017
Nel 1935, a 28 anni, un ambizioso storico delle religioni, appassionato di yoga e spiritualità orientale, irrompe nel panorama letterario romeno con un romanzo destinato a suscitare molte controversie: Gli Huligani. Mircea Eliade con questo libro intende tracciare il ritratto della «giovane generazione», ribelli senza morale né legge, inquieti studenti universitari, musicisti in erba e scrittori alle prime armi che di lì a poco entreranno in massa nelle file delle Guardie di Ferro, il movimento ultranazionalista e mistico fondato da Corneliu Codreanu. Eliade, un affascinante docente universitario tornato da pochi anni dall’India dove si era abbeverato alle fonti del misticismo dai maestri tantrici, era diventato il guru di questi nuovi barbari metropolitani. Di lì a poco lui stesso abbraccerà gli ideali del fascismo romeno, candidandosi alle elezioni e subendo il carcere, prima di fuggire all’estero, a Parigi e poi a Chicago, dove diventerà uno studioso di fama internazionale. 
Il romanzo (per la prima volta tradotto in italiano da Cristina Fantechi per Jaca Book, 20 euro) è un affresco a più piani, dove si intrecciano le storie di vari protagonisti, tutti accomunati da quel senso di nichilismo e spaesamento, di rottura con le tradizioni borghesi, che caratterizza tanti giovani fra le due guerre. Sono «gli huligani», teppisti di strada, che però nel loro disperato impeto autodistruttivo già annunciano e prefigurano la nascita di un «uomo nuovo», il rivoluzionario in camicia verde, terrore dei benpensanti. 
Ribelli apparentemente senza causa, sprezzanti punk ante-litteram, nei loro aneliti anarchici, preparano il terreno per l’avvento di un fascismo che, in Romania, assumerà i connotati molto originali di un violento misticismo militante. E sarà proprio questo tratto di religiosità fanatica ad attrarre Eliade verso le Guardie di Ferro. 
«Appena “faccio letteratura” mi ritrovo in un altro universo, universo che io chiamo onirico, in quanto ha un’altra struttura temporale e in quanto i miei rapporti con i personaggi sono di natura immaginaria», scrive lo storico delle religioni nel suo diario. Eppure queste storie appaiono estremamente realistiche e ripercorrono con vena narrativa le vicende dell’associazione «Criterion» , intorno a cui gravitavano futuri protagonisti della cultura europea, come Eugène Ionesco ed Emil Cioran. Ragazzi e ragazze animati da un «vitalismo inquieto e disperato nel vuoto di ideali e di valori», come scrive Roberto Scagno nell’introduzione. Per loro il suicidio è pratica corrente, il furto non è considerato un reato, il tradimento è la quotidianità, i rimorsi della coscienza una cosa del passato, la libertà un arbitrio assoluto e senza vincoli. I personaggi sono speso scissi da aneliti opposti, passano dall’orgia al desiderio di entrare in convento, proprio come il loro autore da sempre sospeso fra desiderio di ascetismo e carnalità. 
Troviamo anche profeti della violenza che esaltano il valore redentivo della guerra, della «morte collettiva», un’idea che tornerà spesso nelle riflessioni di Eliade. Nel mondo nuovo «non ci sarà più né morale né responsabilità. Ritorneremo alla barbarie, all’orda…», esclama uno dei giovani che ha appena deciso di arruolarsi per assaporare il gusto dell’obbedienza, «della disciplina militare, della vita associativa portata all’estremo». C’è lo scrittore fallito, che ogni estate comincia un romanzo che non conclude mai, c’è chi si getta nella mischia politica, per il brivido dell’azione fine a se stessa, non manca lo studente fuori corso di buona famiglia che butta via i soldi in viaggi e avventure sentimentali improbabili. 
Le ragazze, che mantengono un residuo di idealismo sentimentale, sono spesso vittime del nichilismo esistenziale dei loro compagni. D’altronde l’esperienza «huliganica» implica «non portare rispetto a nulla, non credere che in sé, nella propria giovinezza». Oggi questo romanzo colpisce ancora per la crudezza del linguaggio, la mancanza di retorica, la spietatezza dei protagonisti. Leggendolo si riesce a capire su quali radici potesse poggiarsi un fascismo che mirava a creare un mondo rigenerato, sulle macerie di una borghesia che non credeva più in nulla. 
BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI




Nel 1935, a 28 anni, un ambizioso storico delle religioni, appassionato di yoga e spiritualità orientale, irrompe nel panorama letterario romeno con un romanzo destinato a suscitare molte controversie: Gli Huligani. Mircea Eliade con questo libro intende tracciare il ritratto della «giovane generazione», ribelli senza morale né legge, inquieti studenti universitari, musicisti in erba e scrittori alle prime armi che di lì a poco entreranno in massa nelle file delle Guardie di Ferro, il movimento ultranazionalista e mistico fondato da Corneliu Codreanu. Eliade, un affascinante docente universitario tornato da pochi anni dall’India dove si era abbeverato alle fonti del misticismo dai maestri tantrici, era diventato il guru di questi nuovi barbari metropolitani. Di lì a poco lui stesso abbraccerà gli ideali del fascismo romeno, candidandosi alle elezioni e subendo il carcere, prima di fuggire all’estero, a Parigi e poi a Chicago, dove diventerà uno studioso di fama internazionale. 
Il romanzo (per la prima volta tradotto in italiano da Cristina Fantechi per Jaca Book, 20 euro) è un affresco a più piani, dove si intrecciano le storie di vari protagonisti, tutti accomunati da quel senso di nichilismo e spaesamento, di rottura con le tradizioni borghesi, che caratterizza tanti giovani fra le due guerre. Sono «gli huligani», teppisti di strada, che però nel loro disperato impeto autodistruttivo già annunciano e prefigurano la nascita di un «uomo nuovo», il rivoluzionario in camicia verde, terrore dei benpensanti. 
Ribelli apparentemente senza causa, sprezzanti punk ante-litteram, nei loro aneliti anarchici, preparano il terreno per l’avvento di un fascismo che, in Romania, assumerà i connotati molto originali di un violento misticismo militante. E sarà proprio questo tratto di religiosità fanatica ad attrarre Eliade verso le Guardie di Ferro. 
«Appena “faccio letteratura” mi ritrovo in un altro universo, universo che io chiamo onirico, in quanto ha un’altra struttura temporale e in quanto i miei rapporti con i personaggi sono di natura immaginaria», scrive lo storico delle religioni nel suo diario. Eppure queste storie appaiono estremamente realistiche e ripercorrono con vena narrativa le vicende dell’associazione «Criterion» , intorno a cui gravitavano futuri protagonisti della cultura europea, come Eugène Ionesco ed Emil Cioran. Ragazzi e ragazze animati da un «vitalismo inquieto e disperato nel vuoto di ideali e di valori», come scrive Roberto Scagno nell’introduzione. Per loro il suicidio è pratica corrente, il furto non è considerato un reato, il tradimento è la quotidianità, i rimorsi della coscienza una cosa del passato, la libertà un arbitrio assoluto e senza vincoli. I personaggi sono speso scissi da aneliti opposti, passano dall’orgia al desiderio di entrare in convento, proprio come il loro autore da sempre sospeso fra desiderio di ascetismo e carnalità. 
Troviamo anche profeti della violenza che esaltano il valore redentivo della guerra, della «morte collettiva», un’idea che tornerà spesso nelle riflessioni di Eliade. Nel mondo nuovo «non ci sarà più né morale né responsabilità. Ritorneremo alla barbarie, all’orda…», esclama uno dei giovani che ha appena deciso di arruolarsi per assaporare il gusto dell’obbedienza, «della disciplina militare, della vita associativa portata all’estremo». C’è lo scrittore fallito, che ogni estate comincia un romanzo che non conclude mai, c’è chi si getta nella mischia politica, per il brivido dell’azione fine a se stessa, non manca lo studente fuori corso di buona famiglia che butta via i soldi in viaggi e avventure sentimentali improbabili. 
Le ragazze, che mantengono un residuo di idealismo sentimentale, sono spesso vittime del nichilismo esistenziale dei loro compagni. D’altronde l’esperienza «huliganica» implica «non portare rispetto a nulla, non credere che in sé, nella propria giovinezza». Oggi questo romanzo colpisce ancora per la crudezza del linguaggio, la mancanza di retorica, la spietatezza dei protagonisti. Leggendolo si riesce a capire su quali radici potesse poggiarsi un fascismo che mirava a creare un mondo rigenerato, sulle macerie di una borghesia che non credeva più in nulla. 
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Legionari Corneliu Zelea Codreanu (1899 - 1938) con il vestito tradizionale da contadino ispeziona un reparto della Guardia di Ferro in Romania 


Nel 1935, a 28 anni, un ambizioso storico delle religioni, appassionato di yoga e spiritualità orientale, irrompe nel panorama letterario romeno con un romanzo destinato a suscitare molte controversie: Gli Huligani. Mircea Eliade con questo libro intende tracciare il ritratto della «giovane generazione», ribelli senza morale né legge, inquieti studenti universitari, musicisti in erba e scrittori alle prime armi che di lì a poco entreranno in massa nelle file delle Guardie di Ferro, il movimento ultranazionalista e mistico fondato da Corneliu Codreanu. Eliade, un affascinante docente universitario tornato da pochi anni dall’India dove si era abbeverato alle fonti del misticismo dai maestri tantrici, era diventato il guru di questi nuovi barbari metropolitani. Di lì a poco lui stesso abbraccerà gli ideali del fascismo romeno, candidandosi alle elezioni e subendo il carcere, prima di fuggire all’estero, a Parigi e poi a Chicago, dove diventerà uno studioso di fama internazionale. 
Il romanzo (per la prima volta tradotto in italiano da Cristina Fantechi per Jaca Book, 20 euro) è un affresco a più piani, dove si intrecciano le storie di vari protagonisti, tutti accomunati da quel senso di nichilismo e spaesamento, di rottura con le tradizioni borghesi, che caratterizza tanti giovani fra le due guerre. Sono «gli huligani», teppisti di strada, che però nel loro disperato impeto autodistruttivo già annunciano e prefigurano la nascita di un «uomo nuovo», il rivoluzionario in camicia verde, terrore dei benpensanti. 
Ribelli apparentemente senza causa, sprezzanti punk ante-litteram, nei loro aneliti anarchici, preparano il terreno per l’avvento di un fascismo che, in Romania, assumerà i connotati molto originali di un violento misticismo militante. E sarà proprio questo tratto di religiosità fanatica ad attrarre Eliade verso le Guardie di Ferro. 
«Appena “faccio letteratura” mi ritrovo in un altro universo, universo che io chiamo onirico, in quanto ha un’altra struttura temporale e in quanto i miei rapporti con i personaggi sono di natura immaginaria», scrive lo storico delle religioni nel suo diario. Eppure queste storie appaiono estremamente realistiche e ripercorrono con vena narrativa le vicende dell’associazione «Criterion» , intorno a cui gravitavano futuri protagonisti della cultura europea, come Eugène Ionesco ed Emil Cioran. Ragazzi e ragazze animati da un «vitalismo inquieto e disperato nel vuoto di ideali e di valori», come scrive Roberto Scagno nell’introduzione. Per loro il suicidio è pratica corrente, il furto non è considerato un reato, il tradimento è la quotidianità, i rimorsi della coscienza una cosa del passato, la libertà un arbitrio assoluto e senza vincoli. I personaggi sono speso scissi da aneliti opposti, passano dall’orgia al desiderio di entrare in convento, proprio come il loro autore da sempre sospeso fra desiderio di ascetismo e carnalità. 
Troviamo anche profeti della violenza che esaltano il valore redentivo della guerra, della «morte collettiva», un’idea che tornerà spesso nelle riflessioni di Eliade. Nel mondo nuovo «non ci sarà più né morale né responsabilità. Ritorneremo alla barbarie, all’orda…», esclama uno dei giovani che ha appena deciso di arruolarsi per assaporare il gusto dell’obbedienza, «della disciplina militare, della vita associativa portata all’estremo». C’è lo scrittore fallito, che ogni estate comincia un romanzo che non conclude mai, c’è chi si getta nella mischia politica, per il brivido dell’azione fine a se stessa, non manca lo studente fuori corso di buona famiglia che butta via i soldi in viaggi e avventure sentimentali improbabili. 
Le ragazze, che mantengono un residuo di idealismo sentimentale, sono spesso vittime del nichilismo esistenziale dei loro compagni. D’altronde l’esperienza «huliganica» implica «non portare rispetto a nulla, non credere che in sé, nella propria giovinezza». Oggi questo romanzo colpisce ancora per la crudezza del linguaggio, la mancanza di retorica, la spietatezza dei protagonisti. Leggendolo si riesce a capire su quali radici potesse poggiarsi un fascismo che mirava a creare un mondo rigenerato, sulle macerie di una borghesia che non credeva più in nulla. 
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Nel 1935, a 28 anni, un ambizioso storico delle religioni, appassionato di yoga e spiritualità orientale, irrompe nel panorama letterario romeno con un romanzo destinato a suscitare molte controversie: Gli Huligani. Mircea Eliade con questo libro intende tracciare il ritratto della «giovane generazione», ribelli senza morale né legge, inquieti studenti universitari, musicisti in erba e scrittori alle prime armi che di lì a poco entreranno in massa nelle file delle Guardie di Ferro, il movimento ultranazionalista e mistico fondato da Corneliu Codreanu. Eliade, un affascinante docente universitario tornato da pochi anni dall’India dove si era abbeverato alle fonti del misticismo dai maestri tantrici, era diventato il guru di questi nuovi barbari metropolitani. Di lì a poco lui stesso abbraccerà gli ideali del fascismo romeno, candidandosi alle elezioni e subendo il carcere, prima di fuggire all’estero, a Parigi e poi a Chicago, dove diventerà uno studioso di fama internazionale. 
Il romanzo (per la prima volta tradotto in italiano da Cristina Fantechi per Jaca Book, 20 euro) è un affresco a più piani, dove si intrecciano le storie di vari protagonisti, tutti accomunati da quel senso di nichilismo e spaesamento, di rottura con le tradizioni borghesi, che caratterizza tanti giovani fra le due guerre. Sono «gli huligani», teppisti di strada, che però nel loro disperato impeto autodistruttivo già annunciano e prefigurano la nascita di un «uomo nuovo», il rivoluzionario in camicia verde, terrore dei benpensanti. 
Ribelli apparentemente senza causa, sprezzanti punk ante-litteram, nei loro aneliti anarchici, preparano il terreno per l’avvento di un fascismo che, in Romania, assumerà i connotati molto originali di un violento misticismo militante. E sarà proprio questo tratto di religiosità fanatica ad attrarre Eliade verso le Guardie di Ferro. 
«Appena “faccio letteratura” mi ritrovo in un altro universo, universo che io chiamo onirico, in quanto ha un’altra struttura temporale e in quanto i miei rapporti con i personaggi sono di natura immaginaria», scrive lo storico delle religioni nel suo diario. Eppure queste storie appaiono estremamente realistiche e ripercorrono con vena narrativa le vicende dell’associazione «Criterion» , intorno a cui gravitavano futuri protagonisti della cultura europea, come Eugène Ionesco ed Emil Cioran. Ragazzi e ragazze animati da un «vitalismo inquieto e disperato nel vuoto di ideali e di valori», come scrive Roberto Scagno nell’introduzione. Per loro il suicidio è pratica corrente, il furto non è considerato un reato, il tradimento è la quotidianità, i rimorsi della coscienza una cosa del passato, la libertà un arbitrio assoluto e senza vincoli. I personaggi sono speso scissi da aneliti opposti, passano dall’orgia al desiderio di entrare in convento, proprio come il loro autore da sempre sospeso fra desiderio di ascetismo e carnalità. 
Troviamo anche profeti della violenza che esaltano il valore redentivo della guerra, della «morte collettiva», un’idea che tornerà spesso nelle riflessioni di Eliade. Nel mondo nuovo «non ci sarà più né morale né responsabilità. Ritorneremo alla barbarie, all’orda…», esclama uno dei giovani che ha appena deciso di arruolarsi per assaporare il gusto dell’obbedienza, «della disciplina militare, della vita associativa portata all’estremo». C’è lo scrittore fallito, che ogni estate comincia un romanzo che non conclude mai, c’è chi si getta nella mischia politica, per il brivido dell’azione fine a se stessa, non manca lo studente fuori corso di buona famiglia che butta via i soldi in viaggi e avventure sentimentali improbabili. 
Le ragazze, che mantengono un residuo di idealismo sentimentale, sono spesso vittime del nichilismo esistenziale dei loro compagni. D’altronde l’esperienza «huliganica» implica «non portare rispetto a nulla, non credere che in sé, nella propria giovinezza». Oggi questo romanzo colpisce ancora per la crudezza del linguaggio, la mancanza di retorica, la spietatezza dei protagonisti. Leggendolo si riesce a capire su quali radici potesse poggiarsi un fascismo che mirava a creare un mondo rigenerato, sulle macerie di una borghesia che non credeva più in nulla. 
BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI




Nel 1935, a 28 anni, un ambizioso storico delle religioni, appassionato di yoga e spiritualità orientale, irrompe nel panorama letterario romeno con un romanzo destinato a suscitare molte controversie: Gli Huligani. Mircea Eliade con questo libro intende tracciare il ritratto della «giovane generazione», ribelli senza morale né legge, inquieti studenti universitari, musicisti in erba e scrittori alle prime armi che di lì a poco entreranno in massa nelle file delle Guardie di Ferro, il movimento ultranazionalista e mistico fondato da Corneliu Codreanu. Eliade, un affascinante docente universitario tornato da pochi anni dall’India dove si era abbeverato alle fonti del misticismo dai maestri tantrici, era diventato il guru di questi nuovi barbari metropolitani. Di lì a poco lui stesso abbraccerà gli ideali del fascismo romeno, candidandosi alle elezioni e subendo il carcere, prima di fuggire all’estero, a Parigi e poi a Chicago, dove diventerà uno studioso di fama internazionale. 
Il romanzo (per la prima volta tradotto in italiano da Cristina Fantechi per Jaca Book, 20 euro) è un affresco a più piani, dove si intrecciano le storie di vari protagonisti, tutti accomunati da quel senso di nichilismo e spaesamento, di rottura con le tradizioni borghesi, che caratterizza tanti giovani fra le due guerre. Sono «gli huligani», teppisti di strada, che però nel loro disperato impeto autodistruttivo già annunciano e prefigurano la nascita di un «uomo nuovo», il rivoluzionario in camicia verde, terrore dei benpensanti. 
Ribelli apparentemente senza causa, sprezzanti punk ante-litteram, nei loro aneliti anarchici, preparano il terreno per l’avvento di un fascismo che, in Romania, assumerà i connotati molto originali di un violento misticismo militante. E sarà proprio questo tratto di religiosità fanatica ad attrarre Eliade verso le Guardie di Ferro. 
«Appena “faccio letteratura” mi ritrovo in un altro universo, universo che io chiamo onirico, in quanto ha un’altra struttura temporale e in quanto i miei rapporti con i personaggi sono di natura immaginaria», scrive lo storico delle religioni nel suo diario. Eppure queste storie appaiono estremamente realistiche e ripercorrono con vena narrativa le vicende dell’associazione «Criterion» , intorno a cui gravitavano futuri protagonisti della cultura europea, come Eugène Ionesco ed Emil Cioran. Ragazzi e ragazze animati da un «vitalismo inquieto e disperato nel vuoto di ideali e di valori», come scrive Roberto Scagno nell’introduzione. Per loro il suicidio è pratica corrente, il furto non è considerato un reato, il tradimento è la quotidianità, i rimorsi della coscienza una cosa del passato, la libertà un arbitrio assoluto e senza vincoli. I personaggi sono speso scissi da aneliti opposti, passano dall’orgia al desiderio di entrare in convento, proprio come il loro autore da sempre sospeso fra desiderio di ascetismo e carnalità. 
Troviamo anche profeti della violenza che esaltano il valore redentivo della guerra, della «morte collettiva», un’idea che tornerà spesso nelle riflessioni di Eliade. Nel mondo nuovo «non ci sarà più né morale né responsabilità. Ritorneremo alla barbarie, all’orda…», esclama uno dei giovani che ha appena deciso di arruolarsi per assaporare il gusto dell’obbedienza, «della disciplina militare, della vita associativa portata all’estremo». C’è lo scrittore fallito, che ogni estate comincia un romanzo che non conclude mai, c’è chi si getta nella mischia politica, per il brivido dell’azione fine a se stessa, non manca lo studente fuori corso di buona famiglia che butta via i soldi in viaggi e avventure sentimentali improbabili. 
Le ragazze, che mantengono un residuo di idealismo sentimentale, sono spesso vittime del nichilismo esistenziale dei loro compagni. D’altronde l’esperienza «huliganica» implica «non portare rispetto a nulla, non credere che in sé, nella propria giovinezza». Oggi questo romanzo colpisce ancora per la crudezza del linguaggio, la mancanza di retorica, la spietatezza dei protagonisti. Leggendolo si riesce a capire su quali radici potesse poggiarsi un fascismo che mirava a creare un mondo rigenerato, sulle macerie di una borghesia che non credeva più in nulla. 
BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI




Nel 1935, a 28 anni, un ambizioso storico delle religioni, appassionato di yoga e spiritualità orientale, irrompe nel panorama letterario romeno con un romanzo destinato a suscitare molte controversie: Gli Huligani. Mircea Eliade con questo libro intende tracciare il ritratto della «giovane generazione», ribelli senza morale né legge, inquieti studenti universitari, musicisti in erba e scrittori alle prime armi che di lì a poco entreranno in massa nelle file delle Guardie di Ferro, il movimento ultranazionalista e mistico fondato da Corneliu Codreanu. Eliade, un affascinante docente universitario tornato da pochi anni dall’India dove si era abbeverato alle fonti del misticismo dai maestri tantrici, era diventato il guru di questi nuovi barbari metropolitani. Di lì a poco lui stesso abbraccerà gli ideali del fascismo romeno, candidandosi alle elezioni e subendo il carcere, prima di fuggire all’estero, a Parigi e poi a Chicago, dove diventerà uno studioso di fama internazionale. 
Il romanzo (per la prima volta tradotto in italiano da Cristina Fantechi per Jaca Book, 20 euro) è un affresco a più piani, dove si intrecciano le storie di vari protagonisti, tutti accomunati da quel senso di nichilismo e spaesamento, di rottura con le tradizioni borghesi, che caratterizza tanti giovani fra le due guerre. Sono «gli huligani», teppisti di strada, che però nel loro disperato impeto autodistruttivo già annunciano e prefigurano la nascita di un «uomo nuovo», il rivoluzionario in camicia verde, terrore dei benpensanti. 
Ribelli apparentemente senza causa, sprezzanti punk ante-litteram, nei loro aneliti anarchici, preparano il terreno per l’avvento di un fascismo che, in Romania, assumerà i connotati molto originali di un violento misticismo militante. E sarà proprio questo tratto di religiosità fanatica ad attrarre Eliade verso le Guardie di Ferro. 
«Appena “faccio letteratura” mi ritrovo in un altro universo, universo che io chiamo onirico, in quanto ha un’altra struttura temporale e in quanto i miei rapporti con i personaggi sono di natura immaginaria», scrive lo storico delle religioni nel suo diario. Eppure queste storie appaiono estremamente realistiche e ripercorrono con vena narrativa le vicende dell’associazione «Criterion» , intorno a cui gravitavano futuri protagonisti della cultura europea, come Eugène Ionesco ed Emil Cioran. Ragazzi e ragazze animati da un «vitalismo inquieto e disperato nel vuoto di ideali e di valori», come scrive Roberto Scagno nell’introduzione. Per loro il suicidio è pratica corrente, il furto non è considerato un reato, il tradimento è la quotidianità, i rimorsi della coscienza una cosa del passato, la libertà un arbitrio assoluto e senza vincoli. I personaggi sono speso scissi da aneliti opposti, passano dall’orgia al desiderio di entrare in convento, proprio come il loro autore da sempre sospeso fra desiderio di ascetismo e carnalità. 
Troviamo anche profeti della violenza che esaltano il valore redentivo della guerra, della «morte collettiva», un’idea che tornerà spesso nelle riflessioni di Eliade. Nel mondo nuovo «non ci sarà più né morale né responsabilità. Ritorneremo alla barbarie, all’orda…», esclama uno dei giovani che ha appena deciso di arruolarsi per assaporare il gusto dell’obbedienza, «della disciplina militare, della vita associativa portata all’estremo». C’è lo scrittore fallito, che ogni estate comincia un romanzo che non conclude mai, c’è chi si getta nella mischia politica, per il brivido dell’azione fine a se stessa, non manca lo studente fuori corso di buona famiglia che butta via i soldi in viaggi e avventure sentimentali improbabili. 
Le ragazze, che mantengono un residuo di idealismo sentimentale, sono spesso vittime del nichilismo esistenziale dei loro compagni. D’altronde l’esperienza «huliganica» implica «non portare rispetto a nulla, non credere che in sé, nella propria giovinezza». Oggi questo romanzo colpisce ancora per la crudezza del linguaggio, la mancanza di retorica, la spietatezza dei protagonisti. Leggendolo si riesce a capire su quali radici potesse poggiarsi un fascismo che mirava a creare un mondo rigenerato, sulle macerie di una borghesia che non credeva più in nulla. 
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