domenica 29 gennaio 2017
Zuckerberg presidente, santo cielo
Zuckerberg entra nel flusso delle scienza on line
Internet. La sua fondazione acquisisce una start up per gestire i Big data delle pubblicazioni scientifiche
Daniele Gambetta e Angelo Piga Manifesto 3.2.2017, 23:59
Nata nel dicembre del 2015, la Chan Zuckerberg Initiative è
un’organizzazione filantropica fondata da Mark Zuckerberg e sua moglie
Priscilla Chan. La notizia di questi giorni è l’acquisto da parte della
compagnia di «Meta», un sito specializzato nell’analisi di ricerche e
pubblicazioni scientifiche grazie all’utilizzo di intelligenza
artificiale. La fondazione si promette di accelerare i progressi
scientifici e sostenere lo sviluppo tecnologico e medico, arrivando a
«prevenire e gestire tutte le malattie entro la fine del secolo».
Il sistema Meta, sviluppato da una startup nata nel 2010 a Toronto, è
in grado di estrapolare da una grossa mole di dati (articoli
scientifici e ricerche degli utenti) dei pattern nelle tendenze delle
linee di investigazione, per prevederne le più promettenti. Considerando
che – limitandosi ad un settore come quello medico – ogni giorno
vengono pubblicati migliaia di documenti su varie riviste, progetti come
«Meta» si rivelano indispensabili per l’analisi e l’estrapolazione di
significato dal caos di informazione disponibile.
OGGI LA SOVRAPPRODUZIONE di materiale scientifico
non è il risultato di un’azione comunitaria globale verso un fine per la
collettività, ma l’effetto collaterale di una ipercompetitività tra
scienziati, spinti a spezzettare ricerche più grosse in modo da avere
più articoli nel curriculum, gonfiare il numero di citazioni e avere più
possibilità di avanzamenti di carriera. D’altra parte gli indirizzi di
ricerca seguono mode e cambiano repentinamente a seconda degli interessi
privati di chi finanzia la ricerca e delle decisioni degli editori
delle riviste scientifiche.
Tenendo conto di questa dinamica su larga scala, l’acquisto di uno
strumento come «Meta» potrebbe trovare molte spiegazioni oltre a quella
umanitaria, considerando che stiamo parlando del proprietario del più
grande agglomerato di informazioni personali della storia umana. In
ballo c’è la possibilità di prevedere e/o determinare il futuro della
ricerca.
Anche l’altro colosso del web, Google, nel 2008 aveva lanciato un progetto dalle simili intenzioni. Google Flu Trends
prometteva di indagare sulle influenze e le malattie diffuse nel globo
grazie alle analisi di dati e nei primi mesi del 2009 riuscì a
identificare un picco di pandemia influenzale negli Stati del Medio
Atlantico due settimane prima che questo fosse rilevato dal Cdc (Centers for Disease Control and Prevention).
Retoricamente questo venne considerato un grande risultato della
filantropia del colosso, senza considerare il vantaggio di proprietà sui
dati in proprio possesso rispetto alla ricerca sanitaria pubblica, dati
ottenuti dall’utilizzo della piattaforma da parte degli utenti.
L’INVESTIMENTO della Chen Zuckerberg Iniziative
è politicamente rilevante e denota una scelta di campo non scontata.
Rimanendo tra i big della filantropia mondiale, è notizia recente la
scelta opposta di Bill Gates. La Melinda & Bill Gates Foundation
è la più grossa fondazione del mondo e svolge ricerca attiva in
medicina, ma invece che sfruttare a suo favore l’attuale bolla dei
paper, ha deciso a sorpresa di scombinare le carte e non pubblicare in
nessuna rivista che non sia ad accesso libero, facendo fuori in un colpo
solo ad esempio Nature, la più importante (e criticata) rivista scientifica mondiale, colosso a scopo di lucro.
In questo scenario, possono sorgere alcuni dubbi sul ruolo futuro di
questi titani: che tipo di sviluppo scientifico possiamo aspettarci,
sapendo che Zuckerberg, il sesto uomo più ricco al mondo, può
permettersi di promettere risultati neanche immaginabili per la ricerca
pubblica? Che criteri può garantire una ricerca chiusa e proprietaria, i
cui metodi di indagine e di pubblicazione sono segreto di azienda?
Siamo probabilmente di fronte ad una forma di privatizzazione
«dolce», dove i privati non cercano di farsi strada nel pubblico, ma
hanno un potere contrattuale talmente forte da potersi permettere di
scavalcare le istituzioni nell’adempimento dei ruoli. Di certo le
filosofie anarco-liberiste emergenti contribuiranno all’interpretazione
acritica di questi processi, mentre il potere, silenziosamente, si
concentra via via nelle mani di sempre più pochi.
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