sabato 1 aprile 2017

Ritrovato il primo articolo di Umberto Eco, scritto con il cordone ombelicale e già pubblicato da Eugenio Scalfari

Quando Umberto Eco debuttò da intellettuale 

Ritrovato il primo articolo sulla “Voce Alessandrina” 

Mario Baudino Stampa 31 3 2017
Il primo articolo di giornale in cui si parla di un Umberto Eco ventunenne compare nel ‘53 su «La voce di Calabria», dando conto di un incontro tra giovani europeisti, che a quanto pare fu assai noioso, almeno per quanto riguarda i preamboli. Per fortuna c’era lui, che tenne «una brillantissima relazione» sul tema «L’educazione dei giovani alla democrazia e la formazione di una coscienza europea». Il giovane studente universitario, a quanto pare, era già svezzato.
Il primo articolo scritto da lui, invece, pareva scomparso. Era stato sì citato in un’intervista degli Anni 90 con Livio Zanetti, ma lo stesso professore non lo ricordava più molto bene. Ipotizzò, come si è poi letto nello sbobinamento di quella chiacchierata, pubblicato solo di recente dall’«Espresso», che si trattasse di «qualcosa di costume». Invece no: era una presa di posizione anche piuttosto ferma sul dibattito allora assai vivace all’interno dell’Azione Cattolica. Lo ha ritrovato Marco Caramagna (ex direttore della «Voce Alessandrina») dandosi di fare con l’archivio.
È una riflessione del 26 aprile 1951, che ha per titolo «Responsabilità di una cultura cristiana». Eco, dunque, esordì a 19 anni, affrontando un tema non da poco (anche se non proprio di costume): «Si dice che la cultura moderna - scrive - si sia allontanata dal cristianesimo ed in parte è vero; in periodo di crisi la cultura ha sofferto la crisi; ma non ha saputo risolverla, anzi si è compiaciuta di diventare “cultura della crisi”». È il grande tema novecentesco - e tardo Ottocentesco - di quella che Nietzsche definì la «trasvalutazione dei valori», ed è curioso che la critica di parte cattolica al lavoro maturo di Umberto Eco sia stata appunto sempre quella di rimproverargli un atteggiamento «relativista» - cui il professore rispondeva, un po’ piccato, che il relativismo presuppone qualcosa da mettere in relazione, e dunque anche un’idea di «vero».
Lo aveva imparato all’Università studiando Tommaso d’Acquino, nei confronti del quale si dichiarò in debito, con la sua solita ironia, per ciò che riguardava il precoce abbandono della religione: «Anche se io sono ancora innamorato di quel mondo, ho smesso di credere in Dio durante i miei anni 20, dopo i miei studi universitari su Tommaso d’Aquino. Potete dire che egli mi ha miracolosamente curato dalla mia fede» scrisse su «Time» nel 2005.
Questo articolo, dunque, è stato concepito proprio a un passo dalla svolta (nata inizialmente anche per i dissensi con lo spirito piuttosto reazionario che Luigi Gedda impresse all’Azione cattolica). Forse non è «brillante» come l’intervento in Calabria, ma certo è un reperto prezioso, che emerge da un passato davvero lontano. Il giovane Eco aveva incontrato - già al prestigioso Liceo di Alessandria - le voci della «crisi», dalle quali, continua il suo scritto, «i giovani sono stati attratti, in parte perché ciò corrispondeva ad alcune loro confuse esigenze, in parte per darsi ad una esperienza nuova ed eccitante». Non senza una zampata da par suo: «Ma la cultura cristiana ha sovente ignorato queste esperienze rifilandole tra gli scarti di una mentalità malata». L’addio era davvero prossimo.
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