domenica 3 settembre 2017

Sciopero per la dignità della docenza universitaria al primo appello della sessione autunnale d'esami


Pur con le mie riserve e nell'auspicio che si tratti soltanto dell'avvio di un più generale e comprensivo movimento per la salvezza dell'Università e dell'intero sistema di istruzione pubblica - un movimento che deve comprendere anche i precari della ricerca, il personale tecnico-amministrativo e gli studenti, oltre al personale della scuola -, aderisco allo sciopero proclamato dal Comitato contro il blocco degli scatti stipendiali e per la dignità della docenza universitaria e dal prof. Ferraro.


Certamente il momento giusto sembra essere passato da tempo, perché all'epoca della Gelmini i colleghi accademici non furono altrettanto pronti a mobilitarsi e in gran parte, sentendosi assai più tutelati di quanto in effetti non fossero, boicottarono semmai le proteste dei ricercatori (strutturati e non) e degli studenti.

Tuttavia, meglio poco che niente: gli elementi positivi prevalgono su quelli negativi e da qualche parte bisogna pur ricominciare. E del tutto inopportuni sono pertanto i tentativi - come quello assai maldestro della FLC-CGIL, che gravissime colpe ha nella crisi del mondo della conoscenza in Italia - di cavalcare la protesta sperando al contempo nel suo fallimento, al fine di "contrattualizzare" il nostro settore e assumersi per legge una rappresentanza per la quale le manca ogni consenso.

Troverete esposte le motivazioni dello sciopero nel sito del Comitato del prof. Ferraro e più sinteticamente sul sito di Roars.

L'appello di Storia della filosofia politica e di Storia della filosofia moderna previsto a partire dal pomeriggio di venerdì 8 settembre, dunque, non verrà svolto. Sarò comunque nell'Aula prevista per gli esami presente per affrontare e risolvere le situazioni eccezionali.


Si terrà regolarmente, invece, l'appello previsto per il 22 settembre.

Materialismo Storico Blog tornerà ad essere aggiornato dall'11 settembre in avanti (speriamo) [SGA].
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Più bravo come venditore di ricambi d'auto che come storico
Repubblica, l'organo delle veline di governo che ha aizzato il popolo alla distruzione privatistica e anglosassone dell'Università pubblica in nome del "merito" e della "guerra ai baroni" (ma intendendo in realtà dare ancora più potere ai baroni stessi e riuscendoci), cavalca lo sfogo di uno tra i tantissimi precari della ricerca che si sentono assai meritevoli ma purtroppo non ce l'hanno fatta. E - nell'imminenza di una pur blanda iniziativa di protesta dei docenti universitari -, scatena in testa alla home page il consueto meccanismo populista dell'indignazione morale contro i professori garantiti, raccomandati, corrotti e ladri che rubano la cattedra ai giovani bravi e cosmopoliti, tornando alla carica per completare l'opera. E trovando purtroppo terreno assai fertile in una situazione di scarsità di risorse e di guerra permanente tra inclusi ed esclusi.
Sarà l'occasione per una nuova stretta che, ammantata di argomenti gentisti contro questi stronzi privilegiati che non lavorano un cazzo e dovrebbero semmai pagare loro per insegnare, farà delle future generazioni di docenti universitari una schiatta di squaletti neoliberali. Devoti al "publish or perish" ed esperti nella redazione di progetti europei, in rapporti di riesame Ava e soprattutto nel fare le scarpe agli altri, visto che saranno costantemente sotto ricatto di rettori e direttori di dipartimento, oltre che di Anvur.
Chi si presta a fornire l'occasione a questa Vandea perché si concentra sul proprio caso personale senza interrogarsi sui meccanismi generali che governano il processo di produzione e riproduzione dei saperi e senza denunciarli, non si rende evidentemente nemmeno conto di cosa gli accade attorno. Ovvero di quale terremoto abbia mutato i rapporti tra società, politica e università, ridefinendo drasticamente lo statuto e il ruolo di quest'ultima. Cosa assai grave se si tratta di qualcuno che pretende di fare il mestiere dello storico ma nella sua disperazione - ma anche nella sua ingenuità - innesca una querelle che finisce per essere facilmente strumentalizzata in primo luogo da quelle centrali della manipolazione delle coscienze che ci hanno condotti alle soglie della reintroduzione della servitù della gleba.
Il problema sta da tutt'altra parte.

In un paese in declino strutturale e con un apparato produttivo straccione basato sul basso costo del lavoro e sull'evasione fiscale e contributiva, l'Università è una spesa di lusso superfluo ed è normale e persino giusto che venga ridotta e rimodellata per la riproduzione di precise gerarchie sociali e di comando. Ed è altrettanto normale che i posti a disposizione siano in riduzione e largamente insufficienti a soddisfare la domanda, soprattutto se molti aspiranti ragionano ancora confondendo i principi dell'università umanistica del passato e le categorie dell'università neoliberale dei nostri giorni [SGA].


Lo sfogo di uno storico da sempre precario che molla l’ateneo. “La mia generazione prigioniera di un sistema, ma il tempo è scaduto”
di MASSIMO PIERMATTEI Rep


di Nuccio Ordine Corriere


Università, sciopero degli esami a settembre. Sinopoli (Flc-Cgil): «Allarghiamo la mobilitazione»

Una mobilitazione inedita. Cinquemila docenti universitari protestano per il blocco degli stipendi e faranno saltare la sessione degli esami. Francesco Sinopoli, segretario della Flc-Cgil: "Va bene questa vertenza ma bisogna costruire una mobilitazione generale". Sulla scuola servono risorse aggiuntive, mentre i bonus previsti da Renzi devono tornare a far parte del contrattoRoberto Ciccarelli Manifesto 12.7.2017, 23:59
A settembre 5 mila docenti di 79 università sciopereranno per il blocco degli stipendi e faranno saltare gli esami. Francesco Sinopoli, segretario della Flc-Cgil (scuola e università) sosterrete le ragioni di questo sciopero?
In questo paese esiste una questione salariale drammatica che riguarda milioni di persone. Dunque va bene questa vertenza ma bisogna costruire un movimento che tenga dentro tutte le componenti dell’università a cominciare dagli studenti, dai precari e dal personale tecnico-amministrativo che soffre per lo stesso blocco degli stipendi. A questi aggiungerei anche gli enti pubblici di ricerca dove i precari del Cnr stanno conducendo una battaglia per i diritti e la stabilizzazione. Serve costruire una piattaforma ampia che permetta di canalizzare insieme queste vertenze. In autunno bisogna assumersi la responsabilità di un’iniziativa collettiva. Esistono le basi per una mobilitazione generale nell’istruzione e nella ricerca. Si può iniziare dall’idea che bisogna investire in maniera massiccia a partire dai salari.
Ammesso che esista un governo disponibile a farlo. Non ritiene che il problema dell’università sia anche quello del sistema di valutazione dell’Anvur?
Questo sistema è funzionale ai tagli che l’hanno colpita in maniera sanguinosa, come la scuola. Hanno danneggiato molti atenei del Sud, e non solo, favorendo il drenaggio delle risorse altrove. Abbiamo subito la più ideologica delle valutazioni, ora bisogna mettere radicalmente in discussione il suo approccio politico regressivo.
Il problema salariale riguarda anche la scuola dove gli insegnanti hanno gli stipendi più bassi d’Europa. Basterà l’incremento di 85 euro lordi medi mensili dal 2018?
Dopo nove anni senza contratto non basteranno nemmeno a recuperare il potere di acquisto perduto. Tra l’altro gli 85 euro devono essere confermati nella legge di stabilità di fine anno. Al momento le risorse concordate sono presenti solo in parte e il resto dev’essere confermato.
Questi soldi si aggiungeranno al bonus da 80 euro?
C’è il rischio che gli uni escludano l’altro e ancora non è stata trovata una soluzione. Il bonus è strutturato per fasce retributive e interessa molti lavoratori della scuola e della ricerca. Percepire un aumento da 85 lordi può significare perdere il bonus. Ma è impensabile percepire un aumento di 85 euro per poi perderne 80.
Per la ministra Fedeli gli insegnanti dovrebbero avere 3 mila euro di stipendio ma oggi è impossibile un aumento per i vincoli di bilancio. Tra un aumento di zero e un totale di 3 mila euro non esiste una mezza misura dignitosa?
La ministra dice il vero, ma oltre a rilasciare dichiarazioni condivisibili bisogna che il suo governo faccia uno sforzo maggiore prevedendo un investimento aggiuntivo di risorse. La card per la formazione degli insegnanti da 500 euro dovrebbe inoltre tornare nel contratto, così come il bonus premiale da 200 milioni di euro. Il rinnovo di un contratto dopo nove anni non basterà a recuperare ciò che è stato perso, ma deve servire a mettere le basi per andare nella direzione giusta.
A proposito di «Buona Scuola», questa «riforma» va superata e come?
Serve una presa d’atto che è stata un fallimento. Sui contratti ci sono norme che hanno ridotto il potere negoziale e la partecipazione. Questa riforma ha ridotto la scuola a un problema manageriale concentrando il potere nella figura del dirigente senza risolvere alcun problema, ma creandone di nuovi. Le assunzioni di Renzi sono state fatte in un modo scollegato dalla programmazione e non hanno rispettato gli obiettivi che si proponeva. Ci siamo trovati con cattedre scoperte perché il piano di assunzioni non rispecchiava le reali esigenze delle scuole.
















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