venerdì 1 giugno 2018

E' possibile evitare che la legittima e sacrosanta critica dei trattati diventi eurofobia?

Sergio Cesaratto: Chi non rispetta le regole?, Imprimatur

Risvolto
Sergio Cesaratto, ben noto economista dell’Università di Siena, ripercorre le ragioni storico-politiche che hanno portato l’Italia a sostenere la moneta unica come sostituto di un patto sociale interno volto a regolare il conflitto distributivo.


L’Europa si accinge in questi mesi alla revisione delle proprie discusse istituzioni di governance economica, una sorta di Maastricht 2.0. Le attese per l’Italia non sono positive: la Germania sostiene che le regole vadano riviste non perché non hanno funzionato, ma perché non sono state rispettate, proponendo l’irrigidimento dei vincoli di bilancio e relegandone il controllo ai tecnocrati e all’arbitrio dei mercati. Ma siamo davvero noi italiani ad avere violato le regole della moneta unica, o l’hanno invece fatto i nostri fustigatori tedeschi? Vi sono delle “regole del gioco”, ben note all’analisi economica, che rendono un’area monetaria sostenibile. Tali regole prescrivono che gli squilibri fra i Paesi dell’unione vadano regolati col concorso sia dei Paesi in avanzo che dei Paesi in disavanzo. Ispirate da precetti monetaristi, le regole nei fatti adottate nell’Eurozona sono invece altre, e sono quelle che la Germania ha ritenuto più confacenti al proprio modello mercantilista. Come potrà il rafforzamento di regole sbagliate consolidare l‘euro e non, invece, destabilizzarlo? Quali veti e quali proposte dovrebbe mettere sul tavolo il governo italiano? E da ultimo, un'altra Europa è possibile? Sergio Cesaratto, ben noto economista dell’Università di Siena, ripercorre le ragioni storico- politiche che hanno portato l’Italia a sostenere la moneta unica come sostituto di un patto sociale interno volto a regolare il conflitto distributivo, accettando così regole del gioco esterne basate su principi antidemocratici, vantaggiose per gli altri, lesive per la nostra crescita. L’illustrazione delle proposte di riforma tedesche ne mostra la continuità con gli errori che hanno prodotto la crisi finanziaria e accentuato le asimmetrie europee. L’autore ha cercato di spiegarlo al pubblico tedesco in una conferenza tenuta a Friburgo, città-simbolo del discorso politicoeconomico “ordoliberista” dominante in Germania, considerato un “universo parallelo” nel resto del mondo. La questione, però, è di farlo capire agli italiani, in particolare a quella parte della classe dirigente che ancora prende per populismo le critiche all’Europa condivise dai migliori economisti internazionali. È quello che si propone di fare in modo chiaro attraverso questo agile e pungente volume.             
Europa, le contraddizioni della competitività 
SAGGI. «Chi non rispetta le regole?», il libro di Sergio Cesaratto edito da Imprimatur 
Michele Prospero Manifesto 1.6.2018, 0:02 
Il nodo di una valutazione storico-realistica dell’esperienza dell’eurozona pare ormai ineludibile. Una riconsiderazione la impone anche il duello distruttivo in corso tra tecnocrazie, che scontano una crisi di consenso sociale sempre più accentuata verso la stagione neoliberista, e populismi, che con simbologie ingannevoli si proclamano gli autentici interpreti del vero sentire delle comunità invase da religioni altre e oppresse da burocrati privi di ogni legittimità.
Quello che manca nel dibattito pubblico contemporaneo, proprio mentre i paesi più fragili precipitano sull’orlo di una grave crisi costituzionale, è una riflessione disincantata sul rendimento effettivo della architettura dell’Europa e, con essa, una chiara indicazione dei pilastri essenziali della riprogettazione di un altro modello politico e sociale. 
Lo sforzo che Sergio Cesaratto porta avanti nel suo recente volume (Chi non rispetta le regole?, Imprimatur, pp.125, euro 14) ha il pregio di coniugare le categorie di un pensiero economico critico e le indicazioni di un approccio politico attento alle suggestioni del realismo che evita di assumere come plausibili mitici punti zero. In questo quadro, che è insieme critico e realistico, egli assume le regole sul serio, e ciò serve per svelare le ambiguità costitutive del modello, le aporie che ne scandiscono la genesi, e per mostrare il funzionamento distorto che esse hanno conosciuto per lunghi anni. 
ADOTTATE originariamente con una certa dose di azzardo, riguardo l’effettiva ricaduta di taluni principi che imponevano ai diversi paesi una comune disciplina del vincolo esterno, le regole del gioco hanno mostrato nella loro esperienza empirica che l’eurozona doveva vedersela con il peso delle differenziazioni, del plusvalore di singole aree o nazioni. Cesaratto ritiene che i dati obiettivi rendano possibile indicare la sussistenza di regolarità funzionali ineludibili. Sotto il velo di ignoranza, che sempre accompagna il progetto delle origini, si nasconde la maturazione con il tempo di un rapporto asimmetrico in base al quale la confezione dei trattati e l’adozione della moneta unica si imbatte assai diversamente sulle compatibilità delle diverse economie e sul grado effettivo di influenza che la riserva agli Stati o alle economie più solide. 
Il principio di potenza condona a taluni paesi la violazione di regole esistenti con la possibilità di reiterati scostamenti dai parametri che ad altri sono preclusi da una idolatria dei numeri sacri. E rende accettabile la condotta eccentrica del paese che impone ad altri sistemi economici un selettivo e costoso Berlino Consensus (mistica del rigore fiscale, politiche di bilancio restrittive) e che per sé ritiene opportuno convivere con un surplus di bilancio lucrato in esplicita contraddizione con i paletti concordati. 
SU QUESTA REALE antinomia che vede la coesistenza di paesi centrali e di paesi periferici, i sovranisti inscenano i donchisciotteschi moti populistici. Al di là delle formule pittoresche, la realtà per Cesaratto è che «il modello tedesco è destabilizzante per le altre economie, le condanna a una eterna deflazione per evitare di essere sommerse dalle esportazioni tedesche e dai conseguenti debiti».
La proposta del libro è quella di sondare la riformabilità delle istituzioni comunitarie minate da una contraddizione scaturita dalla difficoltà di conciliare la realtà della «super competitività» tra le economie (dumping salariale) e il richiamo alla possibilità di momenti di cooperazione (politica economica, fiscale e monetaria). La necessità di un ripensamento delle regole del mercato della concorrenza operante in un quadro di istituzioni minime è rimarcata ormai da tutti. 
C’è chi si limita ad adattamenti funzionali, con il completamento delle istituzioni della moneta unica, con fasi di ingegneria per l’unione bancaria e il monitoraggio dei fondi pubblici, per l’assicurazione sui depositi. Secondo Cesaratto occorre invece un «rinnovato riformismo progressista» che accantoni il «surreale Fiscal Compact» e determini politiche economiche continentali per il «recupero della domanda aggregata». L’alternativa è secca: o un «nuovo patto sociale per lo sviluppo» o l’implosione dell’eurozona.

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