sabato 23 giugno 2018

Prima che il gallo canti, dopo e anche durante. Che cos'è la sinistra popolare?



























A giudicare dal dibattito su Salvini, Europa e quant'altro, pare che quelli di sinistra abbiano votato tutto tranne PD e SEL negli ultimi anni.
Sparano a palle incatenate e pare che sapessero tutto già prima e l'avessero anche detto personalmente ai quattro venti.
Fosse vero, Rifondazione doveva stare al 20% minimo.
Non si capisce a questo punto chi è che votava centrosinistra a parte Renzi e Vendola.

Adesso che Salvini propone la pistola libera, ad esempio, la sinistra che vuole "parlare al popolo" cosa dovrebbe fare, rilanciare con il bazooka? E visto che propone anche di abolire le tasse agli evasori, dovremmo girare direttamente la busta paga ai ricchi?

In realtà, nessuno di coloro che pontificano oggi dopo aver pontificato ieri sa che pesci prendere. 


Cosa vuol dire sinistra popolare? Cosa dovrebbe fare concretamente un eventuale leader populista di sinistra, se esistesse, in un campo politico che è già nettamente orientato?
Mettersi a competere con Salvini nella caccia al migrante in nome del proletariato indigeno autentico?


Mi pare improbabile e soprattutto tempo perso, perché il terreno è già occupato. Chi ci ha provato ha fallito.
Forse se ci avesse pensato prima: avrebbe avuto un certo successo, ma sarebbe stato ancora considerabile di sinistra?
Potrebbe allora cavalcare il disagio sociale contro l'Europa. Tempo perso: tutto occupato.
Contro i padroni? Quelli italiani? Non se lo fila nessuno.
Sforzarsi di dimostrare al popolo che i migranti sono proletari e la caccia al migrante devia l'attenzione dai veri problemi, come cerca di fare PAP? Peggio mi sento, e questo comunque non sarebbe populismo.
C'è una sola strada: scendere sul terreno definito dall'avversario e alzare il livello del confronto, chiamando i militanti a militare attivamente e organizzando in tal senso i migranti per l'autodifesa e il  contrasto delle iniziative discriminatorie. Rispondendo a provocazione con provocazione secondo una precisa strategia, anche comunicativa, che si appropria dell'agenda altrui e la ribalta.
Non vedo altre possibilità. Altrimenti, come visto, siamo costretti a fuoriuscire dal populismo e a ricorrere ad altri e diversi strumenti analitici e pratici.
A prescindere dal fatto che non esistono leader di sinistra e nemmeno potenziali leader, mentre aspettiamo che gli autoproclamati giovani salvino l'Italia questo scenario, nella sua lunarita', è un'altra conferma della natura tutta artificiale e strumentale del dibattito sul "populismo di sinistra" nel nostro paese.

Il problema mi sembra un altro: dialettica contro immediatezza. Comprendere cioè le sofferenze dei subalterni e le loro ragioni ma senza lisciar loro il pelo e cioè senza mai identificarsi con l'attuale configurazione plebea alla quale lo smantellamento sistematico e organizzato della "classe operaia" ha ridotto la loro antica alleanza popolare. E proporsi semmai di annientarla ricostruendo.
È semplice da capire ma è anche la cosa più difficile da fare, soprattutto nell'epoca dello spettacolo realitario diffuso e della disintermediazione ovvero dell'immediatezza. Per le destre, che sono sinonimo di spontaneismo e particolarismo, è sempre stato tutto molto più facile.

Quanto stiamo vivendo è ' una amara conferma, in ogni caso, del fatto che i limiti dei sentimenti morali di un popolo o di una civiltà e di conseguenza il perimetro del concetto universale di uomo sono proporzionali alla quantità di risorse disponibili - che le classi dominanti lasciano disponibili - in un determinato momento.
Il reinselvatichimento in atto è la conseguenza del riequilibrio mondiale, figlio ultimogenito della rivoluzione democratica internazionale del ciclo delle due guerre mondiali e del socialismo, e della pronta risposta neocoloniale.
L'Occidente che ha concepito il genere umano sembra essere in grado di praticarlo solo attraverso il dominio e l'esclusione, tanto siamo ancora dentro lo stato di natura [SGA]

1 commento:

ROBERTO CATALDO ha detto...

Non mi trovo d'accordo con la sua opinione. Mio padre, napoletano,si trovò dopo l'otto settembre in veneto. Sbandato trovo in quelle popolazioni una grande umanità.La umanità di allora era frutto della ricchezza? O di una comunità, ancora salda al riparo della sua tradizione particolare? E la disumanità di adesso non è frutto semplicemente una smodata voglia di ricchezza e di una riduzione culturale che vede solo nella " roba" il senso della vita? Il problema mi sembra più culturale che economico.