giovedì 7 febbraio 2019

"Revisionismo" e "negazionismo" hanno invertito i loro significati


Il termine "revisionismo storico" indicava in origine non il consueto sforzo di continua rilettura della storia, come spesso veniva detto retoricamente, ma il consapevole progetto di una rilettura integrale degli ultimi due secoli, promosso da studiosi liberalconservatori o esplicitamente di destra con l'obiettivo precipuo di delegittimare la tradizione rivoluzionaria e il suo apporto in tutti gli snodi principali.
E così che si cominciò a contestare il ruolo del giacobinismo nella rivoluzione francese, poi quello dei russi nella Seconda guerra mondiale, poi persino quello di Lincoln nella Guerra di Secessione e così via.
"Negazionismo" indicava invece la negazione dello sterminio degli ebrei da parte dei nazisti, dei quali veniva prodotta una sorta di giustificazione.
Oggi il significato di questi termini si è completamente rovesciato, a dimostrazione della pervasività dell'egemonia liberale.
"Revisionisti" sono coloro che si ostinano a tener fermo il paradigma del Fascismo Internazionale e negazionisti sono coloro che negano le violenze comuniste e non riconoscono l'importante contributo alla pace dei camerati nazisti.
Come avviene in questo conevgno di Parma al quale, in una rara botta di memoria, si era stranamente associato anche l'ANPI [SGA].



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