sabato 25 maggio 2019
Je suis Huawei, il Manifesto è Trump. Nella contraddizione principale la sinistra italiana è sempre dalla parte dell'imperialismo
L'essere sociale è strutturalmente scisso e dunque il conflitto è la
trama ontologica stessa del reale. Tutto è in questo senso conflittuale e
esiste una fenomenologia infinita della conflittualità.
Sempre e comunque bisogna prendere posizione in questa miriade di conflitti? No.
In un conflitto non sempre è necessario prendere partito per l'uno o
per l'altro perché è possibile che esso non sia che un momento di un
conflitto più grande nel quale entrambe le parti sono ricomprese.
Ad esempio, la scelta tra Hillary e Trump, presentata a suo tempo come
una scelta epocale che avrebbe cambiato i destini del mondo e
inaugurato un'epoca di pace populista, era una scelta fasulla, perché si
trattava di una lotta tra due frazioni del capitale statunitense tutta
interna al campo delle destre contemporanee e delle compatibilità
sistemiche.
Una posizione netta è invece necessario prendere in
un solo caso e cioè quando ci si trova di fronte non a un conflitto come
tanti ma alla contraddizione principale, che sul piano storico-politico
è quella tra l'imperialismo e chi è aggredito dall'imperialismo. Tra
chi pretende di dominare il mondo e chi subisce questa dominazione.
In questo caso infatti il "terzismo", il "né né", significa mettere
sullo stesso piano il carnefice e la vittima ed è di fatto un
fiancheggiamento del più forte.
Bene, mentre prende posizione
sulle più minute cazzate, erigendo barriere di civiltà e dispensando
scomuniche morali per chi si sottrae a queste scelte, di fronte alla
contraddizione principale, il Manifesto e in generale la sinistra
liberale - è facile individuare qui la persistenza di quel
luxemburghismo che Lenin seppe superare - prendono sempre la posizione
sbagliata e cioè si schierano sempre e comunque dalla parte
dell'imperialismo.
In ciò sostituiscono sistematicamente alla
realtà il loro mondo immaginario fatto di amore e "tecnologia della
liberazione", rimuovendo i rapporti di forza vigenti.
Esattamente
come quando di fronte alle aggressioni militari e ai golpe statunitensi
in Medio Oriente o altrove si schierano pilatescamente con i
fantomatici "popoli" non comprendendo che dietro l'attacco al dittatore
di turno è in gioco esattamente la libertà di quei popoli.
Nello
specifico, stare dalla parte di Huawei significa stare dalla parte dei
popoli un tempo colonizzati dall'Occidente, i quali si sono rimessi in
piedi nella loro guerra di liberazione anche grazie al marxismo e
proseguono oggi il processo di decolonizzazione - un processo che non è
affatto concluso - per conquistare la loro autodeterminazione economica e
tecnologica, dopo aver conquistato quella politica e militare.
Chi non sta con Huawei sta consapevolmente o meno dalla parte dell'imperialismo e del colonialismo. [SGA].
Cina/Usa. Il
punto è che i giganti hi-tech, qualunque bandiera portino in mano non
sarà mai la nostra, ma sarà sempre quella che permette loro di
massimizzare il potere, economico o politico che sia. Passando sopra in
primis ai lavoratori della filiera (da chi estrae e lavora le terre rare
per farne superconduttori ai minatori di coltan, fino agli operai delle
fabbriche in Cina e in mezzo mondo) e poi agli utenti finali,
pienamente mercificati.
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