E - cosa incredibile ma che spiega
tante cose sulla pasta di quelle generazioni - racconta di come quella
catastrofe, che i più vedevano correttamente come una sconfitta epocale e
senza repliche che avrebbe portato il
deserto, fosse invece intesa davvero da quel gruppo di dogmatici
presuntuosi - metafora dei più complessivi ceti intellettuali marxisti
occidentali - come l'inaugurazione del Vero Socialismo coltivato nella
loro immaginazione.
Se i
rozzi brigatisti nel loro delirio potevano pensare che in Italia ci
fossero le condizioni della rivoluzione, questi sedicenti eretici,
dall'alto della loro cultura raffinata, non vedevano oltre il loro naso e
potevano credere seriamente di essere di fronte a una rivoluzione
ancora più vasta.
Nessuna nuova fase di progresso si è aperta,
come sappiamo, sulle macerie dell'URSS, ma un lungo e fantasmagorico
inverno di restaurazione.
Caduto senza mai più potersi dare una
Riforma l'unico, per quanto fetente e spesso rivoltante, socialismo mai
esistito in Europa, anche loro, che ne erano non più di un impaziente e
altezzoso corollario, sono stati invece dimenticati dalla storia.
Un'intervista penosa e dolorosa, che nell'ingenuità intollerabile delle
domande e nella natura lunare delle risposte illumina la tragedia di
noi reduci. Completamente e definitivamente persi in una storia finita e
per sempre fuori dal mondo.
Era meglio tacere, oggi che parlare è
inutile, avendo gia detto le parole sbagliate quando parlare e farlo
nella maniera giusta sarebbe stato necessario. Né preferibile appare la ricostruzione fornita da Massimo D'Alema, dal quale era lecito aspettars idi più [SGA].
"Rimpiango il Pci, non l'Urss". Intervista a Massimo D'Alema
HP
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