lunedì 4 marzo 2013

Il PD ha dei consiglieri geniali che ogni giorno si lambiccano il cervello per farlo affondare ancora di più

Perché recuperare la vocazione maggioritaria

di Michele Ciliberto l’Unità 4.3.13


L’INTERVISTA DI WALTER VELTRONI AL CORRIERE DELLA SERA AVVIA IN MODO SERIO UNA RIFLESSIONE sulle recenti elezioni e sulla sconfitta del Pd: perché di sconfitta bisogna parlare quando un partito perde circa 4 milioni di elettori, anche se è graziato da una oscena legge elettorale.
Veltroni pone alcuni problemi importanti rifacendosi,in effetti, alla strategia proposta al Lingotto; e opportunamente, a mio giudizio. Fu infatti una scelta precipitosa accantonarla; soprattutto si sbagliò a rinunciare a un perno vitale di quella prospettiva: l’idea di un partito riformatore a vocazione maggioritaria, con il conseguente offuscamento, e il sostanziale dileguarsi, di una dinamica bipolare in grado di riorganizzare in forme nuove il sistema politico italiano.
Intendiamoci: alla base di tutto questo ci sono stati processi di vario genere che occorrerebbe approfondire e da cui sono state generate scelte strategiche diverse, su cui si possono avere idee differenti. Ma questo non toglie il valore, e la permanente importanza, di una prospettiva bipolare in Italia. Per un motivo decisivo, che si può esprimere in modo assai semplice: solo un serio bipolarismo può contrastare le tendenze strutturalmente trasformiste della nostra storia, con ciò che esse comportano su tutti i piani (bipolarismo, preciso, non bipartitismo).
Un esempio: negli ultimi mesi si è enfatizzata, quotidianamente, l’importanza del Centro come se si fosse finalmente trovata l'araba fenice. Ma riciclare sotto le bandiere di Scelta civica Fini e Casini cosa era, nonostante tanta retorica sulla «società civile», se non vecchio trasformismo: questo indomabile Proteo sempre pronto a risorgere, specie nei momenti di crisi della storia nazionale italiana?
Uscire da questa palude non è facile; ma per cercare di farlo è importante riprendere a ragionare anche sulla necessità, in Italia, di un partito riformatore a vocazione maggioritaria. Tanto più occorre farlo di fronte al successo del Movimento 5 Stelle, il quale questo è: un movimento a forte vocazione maggioritaria; anzi, ad esser precisi, «totalitaria». Quello a cui tende non è infatti un sistema di alleanze in cui inserirsi, tantomeno in funzione subordinata. Esso esprime una forte pulsione di autonomia, di indipendenza, di alterità. Non vuole in alcun modo far parte di un gioco politico ordinario; ambisce ad identificarsi con l’«intero», cancellando l’idea di «parte» e quindi anche la differenza di destra e di sinistra. È effettivamente, per alcuni aspetti, un movimento «apocalittico», e come tale tendente alla totalità.
Si capisce, naturalmente, lo sforzo che oggi stanno facendo i capi politici del Pd per cercare di stabilire un contatto con il Movimento 5 Stelle. Ma forse non sono ancora chiare fino in fondo la violenza e la natura dell’onda che si è abbattuta sul nostro sistema politico e le conseguenze che essa può generare, se riesce a ingrossassi. Forse non è stata compresa ancora fino in fondo la «missione» (uso volutamente questo termine di tipo religioso) che Grillo e Casaleggio si sono dati. Un intero mondo è finito, e un altro, in modo tumultuoso e informe, sta cercando di nascere. Oggi è assai arduo proporre al Movimento 5 Stelle una piattaforma comune, sia pure su una serie circoscritta di punti, riproponendo modelli politici ordinari e schemi parlamentari tradizionali. Grillo e i suoi seguaci sono su un’onda diversa, difficile da cavalcare per tutti, anche per gli amanti del surf. Come testimonia il lessico che usano: spia sempre decisiva dei processi che avvengono nel profondo di un mondo, di una società.
Con il loro successo essi hanno però dimostrato un punto di valore generale: un movimento che si esprima con una vocazione maggioritaria così violenta da configurarsi addirittura come «totalitaria» e perciò radicalmente altra rispetto al gioco politico tradizionale oggi in Italia è destinato a intercettare un consenso popolare tanto vasto da diventare il primo partito del Paese.
Non credo che il Movimento 5 Stelle riuscirà a conseguire gli obiettivi che si prefigge. In Italia la democrazia è ancora forte e i legami con l’Europa assai profondi. Non ha perciò senso paragonare, come fa Veltroni, la nostra situazione con quella della Repubblica di Weimar; oltretutto la storia non torna mai nelle stesse forme. Penso però che esso possa contribuire, oggettivamente, a una riorganizzazione del sistema politico, favorendo la ripresa di una dinamica bipolare, anche se è difficile dire dove si collocherà. Anzi, è assai probabile che il duello più duro lo voglia impegnare proprio a sinistra, con il Pd. Lo vedremo, anzi lo stiamo già vedendo in questi giorni.
Ma non è su questo che ora intendo fermarmi. Mi interessa sottolineare un altro punto: se questo è vero, è essenziale che il Pd, in questa situazione complicata e tumultuosa, riprenda la sua funzione originaria di partito a vocazione maggioritaria, lottando per la costruzione di un serio bipolarismo, mettendo fine alla frantumazione del sistema politico e contenendo le pulsioni trasformiste che corrompono le basi della nostra democrazia. Oggi, nel campo riformatore è necessaria una vera e propria rivoluzione copernicana, se non si vuole essere definitivamente travolti: forse cominciano ad essercene alcune condizioni. È una battaglia che vale la pena di fare e che, forse, si potrebbe ancora vincere.

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