Risvolto
Tra l'estate e l'autunno del 1968 Foucault e
il critico Claude Bonnefoy progettano una serie d'incontri per
realizzare un libro di conversazioni/interviste. In questa trascrizione
del primo di tali incontri, Foucault si abbandona a un esercizio della
parola molto diverso da quello a cui ci ha abituato. In un clima di
grande libertà, egli affronta per la prima e unica volta il suo rapporto
con la scrittura, intrecciando in maniera mirabile elementi
autobiografici e riflessione filosofica. "Per me scrivere è avere a che
fare con la morte degli altri, è essenzialmente avere a che fare con gli
altri in quanto sono già morti. In un certo senso parlo sul cadavere
degli altri". (Michel Foucault)
Conversazioni private con Michel Foucault
di Francesca Bolino Repubblica 29.9.13
«Voglio
mettermi risolutamente a fianco degli scrittori, di quelli che hanno
una scrittura transitiva. Voglio dire con questo che la scrittura deve
indicare, mostrare, manifestare al di fuori di se stessa qualcosa che
senza di essa rimarrebbe nascosto, o perlomeno invisibile. Ecco, è là
che, nonostante tutto, io trovo il mio incantamento per la scrittura».
Michel Foucault racconta a Claude Bonnefoy il suo rapporto con la
scrittura rivelando così un’inedita intimità del lavoro intellettuale.
Una delucidazione inquieta, talvolta reticente, la scoperta del piacere
del disfare il linguaggio abituale e di inventarne uno nuovo. Foucault
svolge e riavvolge il filo della sua vita per raccontare la storia della
sua scrittura, torna sugli scritti suoi e quelli degli altri, descrive
il peso della sua cultura medica nella quale la parola è “svalutata”, ne
rintraccia gli aspetti più evidenti, soprattutto quelli che derivano
dal punto di vista del “diagnostico”. Filosofo e critico in un confronto
nel quale si produce un singolare avvenimento: la messa in discussione
(e in pericolo) di Foucault da parte di se stesso che si apre con una
disarmata confessione: «Ho paura».
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