mercoledì 25 settembre 2013

Una lettera di Norberto Bobbio a Enzo Paci sulla fenomenologia


In una lettera degli anni ’60 lo studioso rivendica un pensiero che sia “senza piedistallo”
Bobbio inedito “Non credo più nelle filosofie speculative”


di Norberto Bobbio Repubblica 25.9.13


Caro Paci, ti ringrazio anzitutto di avermi inviato il numero diPaese sera con la tua risposta a Valentini. Avevo ricevuto a suo tempo anche il numero diAut Aut: ma non m’ero accorto che me l’avessi inviato tu (tra l’altro perché sono abbonato e lo ricevo regolarmente; ma di quel numero, è vero, ne ho due copie).

Non posso dirti nulla di preciso pro o contro la fenomenologia perché non ne so più nulla. Per me è stata un’esperienza giovanile, molto approssimativa, a fior di pelle, e mi è molto difficile tornarci su. Fa parte di tutte le cose naufragate dei primi anni di studio: naufragate perché dovevano naufragare, perché non potevano stare a galla. Ora sono in fondo al mare, e stanno bene dove sono. Al solo pensare di mettermi a leggere una pagina scritta in quegli anni, mi vengono i brividi.
Come ti dicevo, oggi non sono né pro né contro la fenomenologia. Se dovessi riassumere il mio atteggiamento fondamentale di fronte alla fenomenologia, lo farei in questo modo: non ne sento il bisogno. Quel che cerco, ho l’impressione di non poterlo trovare nella fenomenologia, di trovarlo sempre meno in una filosofia come la fenomenologia. Per questo rinvio di anno in anno la lettura di quei grossi libri del Nachlass di Husserl, che compro regolarmente, e al momento di mettermici, mi accorgo di aver sempre qualcosa più importante più urgente da fare, e li metto da parte per la prossima occasione. Non ne sento il bisogno perché il processo della mia formazione e quello di gran parte di coloro che appartengono alla mia generazione è stato un processo di liberazione dalle filosofie speculative, voglio dire da quelle filosofie che a un certo punto spiccano il salto, montano sul piedistallo, e considerano le cose da un punto di vista che pretende di essere speciale ed esclusivo, l’unico in grado di toccare la realtà, ecc… La fenomenologia, mi domando, sfugge a questa pretesa? Non è stata forse in un certo senso la sublimazione di questa pretesa? Non mi sento molto tranquillo su questo punto. Il mondo delle essenze finalmente a portata di mano. Basta una operazione di sospensione e di riduzione, e la conoscenza diventa pura da impura, essenziale da empirica, ecc… Non sono questi i caratteri salienti della ispirazione husserliana?
La via attraverso il marxismo, il pragmatismo, il neoempirismo, e sì anche un certo esistenzialismo, è stata una discesa dall’alto in basso, un modo di toccar terra. Una volta toccata la terra, ci siamo accorti che c’erano tante cose da capire e da studiare, anche solo in un quadratino di esperienza, che bisognava di aver fretta e non pretendere di capir tutto e di capirlo in modo essenziale.
Mi sono convinto, lavorando al minuto, che per comprendere il mondo che ci circonda, bastano le categorie elaborate dalle singole scienze. L’opera dei filosofi è un’opera di confronto, di aggiustamento, di messa a fuoco. Non è una nuova prospettiva e meno ancora un metodo nuovo e diverso; se mai la formulazione di qualche nuova ipotesi che dovrà essere verificata. In questo senso mi pareva che fossimo qui in Italia sulla buona strada. Arriva la fenomenologia e con la sua pretesa di essere un metodo nuovo, una prospettiva nuova, mette tutto a soqquadro, ripone con la testa in giù la filosofia, che era riuscita a mettersi finalmente in piedi, e invita un’altra volta i giovani che stavano diventando sobri alle orge filosofiche; a tirar di nuovo fuori ogni cosa, come ai tempi di Gentile, dal soggetto.
Tu mi dirai che non si tratta più del soggetto trascendentale, ma del soggetto in carne ed ossa; ma temo che in pratica i risultati saranno gli stessi. Comunque, staremo a vedere. Come vedi, l’impressione che mi fa oggi la fenomenologia è di essere un po’ una guastafeste, un tronco che si è messo per traverso e impedisce alla corrente di seguire il suo corso.
Aggiungo che quel che dici nella intervista con Valentini non è fatto per tranquillizzarmi del tutto. Tu parli della fenomenologia addirittura come di una scienza nuova, che è ogni cosa e qualcosa di più: è razionalismo, storicismo, nuova antropologia. Tutto, insomma. Anzitutto, ne abbiamo viste troppe in questi anni per crederci. In secondo luogo, così facendo tu non utilizzi la filosofia di Husserl: l’assumi. Non te ne servi: la codifichi e l’applichi a tutti i problemi, compreso il problemi dell’eros. E visto che siamo arrivati all’erotismo, una filosofia conta per quello che fa e non per quello che dice di fare: ora ciò che tu fai di fronte al problema dell’eros è in una prima parte un tentativo di arrivare al problema partendo dal soggetto concreto, e questo sarà fenomenologico ma non ti conduce molto avanti (dinnanzi alla differenza dei sessi, che è un dato, la partenza dal soggetto che pensa se stesso è una falsa partenza). In una seconda parte, una interpretazione dell’eros che non ha nulla di caratteristicamente fenomenologico e per la quale non mi sentirei né di approvare né di biasimare la fenomenologia, ma se mai le idee di Enzo Paci. Un albero si giudica dai frutti.
Considera questa lettera come uno sfogo amichevole, a cui tu mi hai in qualche modo provocato: uno sfogo animato non animoso. Non ho alcun partito preso. Anzi, sono sempre sulla strada della ricerca e quindi in atteggiamento di ascolto. Anche se, non mi pare che per ora la mia strada sia destinata a incontrare quella della fenomenologia. Chissà che, se tu dovessi convincermi che la fenomenologia è la filosofia del nostro tempo, ciò significhi puramente e semplicemente che io non mi occupo più di filosofia. Accogli i miei più cordiali saluti.

Il laboratorio di filosofia nel segno di Bobbio
Dal neoilluminismo all’ermeneutica: da oggi al Centro Gobetti di Torinodi Massimo Novelli Repubblica 24.9.13

TORINO –Conuna lezione introduttiva sul pensiero filosofico italiano della seconda metà del secolo scorso, tenuta da Massimo Ferrari, comincia oggi (alle 18) al Centro studi Piero Gobetti di Torino il secondo corso del Laboratorio di Filosofia. Il progetto didattico
Un secolo di filosofia. Tappe nel pensiero italiano del ‘900è portato avanti da un gruppo di studiosi in prevalenza giovani. Si articola in undici lezioni e in due incontri, fino a giugno. È un’iniziativa anche nel segno di Norberto Bobbio. Le sue carte, l’archivio e la biblioteca, del resto, sono depositate al Centro Gobetti, che a ottobre varerà il programma di manifestazioni per ricordare il filosofo della politica nel decennale della morte, avvenuta nel gennaio del 2004.
Le lezioni del Laboratorio di Filosofia del Centro Gobetti spazieranno dal neoilluminismo, che vide tra i protagonisti lo stesso Bobbio, alla filosofia della scienza, alla fenomenologia, all’esistenzialismo di Nicola Abbagnano; ma si parlerà pure dell’ermeneutica e del nuovo realismo, di filosofia e religione, dei marxismi, della filosofia delle donne, di filosofia e psicoanalisi. Un percorso, aperto a studenti, professori, appassionati, che si concluderà con una tavola rotonda, nell’autunno del prossimo anno, sullo stato odierno della filosofia oggi. La frequentazione del ciclo di lezioni costa 50 euro. Per i giovani sotto i 25 anni, la quota è di 40 anno.

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