Risvolto
"Qual vantaggio avrà l'uomo se guadagnerà il mondo
intero, e poi perderà la propria anima?": alle soglie del Medioevo,
questo monito evangelico sembra risuonare nell'intimo di Cassiodoro, che
nel culmine della sua carriera pubblica ha visto fallire l'ambizioso
disegno di fondere in una nuova civiltà i Romani e i Goti, dopo aver
lungamente operato e sofferto per quell' utopistica sintesi politica dei
due popoli. L'anima gli appare dunque un tema carico di richiami
spirituali e meritevole di meditazione in un'epoca in cui lo sfacelo
degli effimeri ideali politici si rifletteva nel mondo dei valori
morali. Anche in virtù del decisivo influsso esercitato su di lui
specialmente dalla figura e dall'opera di sant'Agostino, il concetto di
anima come "luce sostanziale" gli serve per costituire una connessione
tra ciò che è "corporeo e caduco" e ciò che è "spirituale ed eterno". Di
conseguenza acquistano particolare risalto l'uomo e la sua corporeità:
il corpo umano, infatti, se può essere di ostacolo all'anima,
inducendola al peccato e comunque rendendola mutevole, tuttavia possiede
una grande dignità, sia perché Cristo si è "rivestito" di esso, sia
perché la sua struttura richiama simbolicamente quella cosmica. Letto e
interpretato secondo questa prospettiva esegetica, come documento di una
crisi di valori, o di una "conversione" intesa nella sua accezione più
ampia, il "Liber de anima" acquista un complementare interesse
autobiografico.
Maria Bettetini Domenicale 29 settembre 2013
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