mercoledì 2 ottobre 2013
"Gli inglesi hanno ucciso l’80% degli indigeni Callinago nelle mie isole"
I Caraibi fanno causa agli europei «Risarcimenti per lo schiavismo»
Richiesta all’Onu per miliardi di euro e riparazioni commerciali
di Luigi Offeddu Corriere 2.10.13
BRUXELLES — «Maafa», ancora oggi molti studiosi africani lo chiamano
così: «Grande disastro», in lingua swahili, o anche «Olocausto». «E se
gli ebrei sono stati indennizzati per l’Olocausto, perché non dovremmo
esserlo anche noi?», tuona Ralph Gonsalves, appena eletto presidente
della Caricom, la comunità che raccoglie 15 piccoli Paesi caraibici fra
cui le Bahamas, Giamaica, Saint Lucia. Detto, e fatto: come indennizzo
per la «Maafa», la tratta degli schiavi organizzata dalle potenze
europee che deportarono dall’Africa alle Americhe 12-15 milioni di
esseri umani, la Caricom chiede a Francia, Gran Bretagna e Olanda
diversi miliardi di euro (la richiesta deve essere ancora quantificata
nei dettagli) e una serie di riparazioni commerciali. La «Maafa» durò
oltre due secoli, dalla fine del ’500 in poi. «Apprendisti a vita», così
venivano beffardamente classificati i deportati, quando si imbarcavano
con le catene. E chi vive oggi nei Caraibi belli e pacifici, popolati
anche da turisti e banchieri, discende pur sempre da quegli schiavi,
dice di pagare ancora il prezzo di quell’ingiustizia.
La richiesta di riparazioni è stata preannunciata pochi giorni fa
all’assemblea generale dell’Onu. La condividono, finora, 14 dei 15 Paesi
aderenti alla Caricom. Ed è già stato ingaggiato Martin Day, un celebre
avvocato britannico che a suo tempo costrinse Londra a pagare circa 16
milioni di euro ai kenyoti vittime della repressione inglese, durante la
rivolta nazionalista dei Mau Mau. Ingaggerà questo duello giuridico con
i governi dei 3 Paesi chiamati in causa. Se le trattative non andranno
in porto, allora Day presenterà un ricorso all’Aja, alla Corte
internazionale di giustizia, che è il massimo organismo giuridico delle
Nazioni Unite.
Quanto al capo politico della «crociata», Gonsalves è oggi il primo
ministro delle isole St. Vincent e Grenadine, e a dicembre assumerà
ufficialmente la sua nuova carica di presidente di turno della Caricom.
«Chiederemo delle riparazioni a causa del genocidio e della schiavitù
sponsorizzati dagli Stati — ha detto all’Onu —. Gli inglesi hanno ucciso
l’80% degli indigeni Callinago nelle mie isole. E ancora oggi, là, le
persone di discendenza africana hanno una più alta incidenza di diabete e
ipertensione che in qualsiasi altro luogo: come mai questo non c’è
nell’Africa Occidentale?». Risposta sottintesa: è stata la «Maafa» con i
suoi supplizi secolari: coloro che non affrontarono quei viaggi
disumani e poi l’odissea delle piantagioni mantennero un po’ di salute e
si lasciarono dietro figli e nipoti più forti.
La questione non è certo nuova, viene dibattuta da molto tempo e a volte
con duri scontri di idee: «Ma allora — ironizza per esempio uno dei
critici sui blog collegati alla Caricom — secondo voi potrò chiedere
anch’io un indennizzo all’Italia? Perché io sono ceco, anzi moravo, e
l’imperatore Tiberio invase la mia Moravia negli anni intorno al 6
avanti Cristo. Oppure potrei far causa all’odierno governo della
Mongolia, per rifarmi dell’invasione mongola del 1241?».
Gonsalves non sembra però incline allo scherzo. Nei suoi discorsi cita
l’ingordigia di Napoleone, che avrebbe chiesto 90 milioni di franchi
d’oro per riconoscere l’indipendenza di Haiti. E butta lì: anche l’ex
presidente haitiano Jean Bertrand Aristide, anni fa, sollevò la
questione degli indennizzi, ma il governo francese «fece in modo,
diciamo così, che andasse in esilio volontario».
Ognuno rilegge la cronaca, e la storia, dal suo punto di vista. Ma certi
fatti restano, è difficile contestarli. «Wic», così era chiamata con un
acronimo la Compagna olandese delle Indie occidentali, fondata nel
1602: nel 1640 deportava «solo» tremila schiavi all’anno, nel 1660 erano
già centinaia di migliaia e «Wic» controllava tutta la sua «Costa degli
schiavi». Partivano in 600 su un brigantino. Poi li seppellivano là nei
Caraibi, dove oggi incrociano gli yacht.
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