Germano Maifreda: I denari dell'inquisitore. Affari e giustizia di fede nell'Italia moderna, Einaudi
Risvolto
Questo libro racconta la storia dell'Inquisizione romana alla luce della sua
conduzione economica. L'attività quotidiana dei tribunali del Sant'Officio
vide un intreccio continuo fra l'opera di salvaguardia dell'integrità del patrimonio
dogmatico cattolico e l'oculata gestione del denaro necessaria a
realizzarla. Gli inquisitori, oltre a perseguire gli eretici, stilarono bilanci e
individuarono finanziamenti per condurre i processi, confiscando i beni
dei condannati o impiegando risorse proprie. Alcuni giudici di fede divennero
dei veri e propri imprenditori: gestirono terre e botteghe, commerciarono
in beni agricoli e manifatturieri, aprirono crediti e investimenti
finanziari. Tutto ciò generò un sistema d'incentivi in grado di orientare
l'attività giudiziaria. Alleandosi con i governi secolari, operando attivamente
sui mercati, sorvegliando gli spostamenti degli uomini d'affari,
l'Inquisizione poté inserirsi nel cuore della vita pubblica, pur continuando
essa a operare, per antica tradizione canonica, nel piú rigoroso segreto.
L'Inquisizione romana di età moderna
fu un tribunale della fede la cui giurisdizione
si estese potenzialmente su tutta
la cattolicità. Il suo funzionamento
ha affascinato studiosi delle piú svariate
discipline: nella storia della lotta
contro l'eresia s'intrecciano temi di carattere
religioso, filosofico, sociologico,
politico ed economico. Il volume di Germano
Maifreda è dedicato all'esame di
quest'ultimo aspetto, attraverso la ricostruzione
di alcuni retroscena inattesi. I
pontefici, dopo la fondazione della Congregazione
del Sant'Officio (1542), predisposero
un'organizzazione territoriale
largamente autosufficiente, in grado
di garantire per oltre due secoli il funzionamento
di un esteso sistema giudiziario.
Grazie anche alla scoperta di numerosi
documenti inediti, tratti dagli
Archivi vaticani, l'autore ricostruisce la
dinamica di molti processi, dalla denuncia
all'irrogazione della pena, svelando
come l'analisi degli incentivi economici
determinati dal modello stesso dell'apparato
inquisitoriale possa oggi rivelarsi
essenziale per comprendere le forme
di esercizio della giustizia ecclesiastica
in età moderna.
Coniugando un uso preciso delle fonti
storiche e una scrittura che ha il passo
dell'investigazione, questo libro apre
scenari nuovi nello studio del Sant'Officio
e della sua economia intesa, nelle
parole di Alfred Marshall, come impegno
«negli affari ordinari della vita».
Un punto di vista inedito e demitizzante
su uno degli argomenti piú complessi
dell'epoca moderna.
Paolo Mieli 170 18-02-2014 corriere della sera 36/37
Il tribunale del Papa «leggenda nera»? Macché: era il tempio del garantismo
22 mag 2014 Libero ANDREACOLOMBO
Un saggio Einaudi rivela l’insospettabile: i giudici pontifici tutelavano la gente dalle angherie di vescovi e principi. Perfino gli ebrei ne chiedevano la protezione
Forse è eccessivo definire l’inquisizione il primo tribunale garantista
della storia. Ma di certo il quadro che emerge dal volume dello storico
Germano Maifreda, I denari dell’inquisitore. Affari e giustizia di fede
nell’Italia moderna ( Einaudi, pp. 366, euro 32) èben lontano da quello
della leggenda nera, tracciato dai polemisti illuministi
inchiaveanti-cattolica, tra torture, confessioniestorte con la violenza,
minacce, accuse inventateper colpire gli avversari di fede. In realtà
spesso questo tribunale agivacome seconda istanza rispetto ai giudici
vescovili e, conmaggiore rigore e ricerca delle prove pro e contro gli
imputati, era capace di giudicare con imparzialità casi
difficilidadistricare. Inoltre l’inquisizione, grazie alle requisizioni,
rappresentava anche un potere economico non indifferente nell’Italia
dell’epoca.
Il sistema capillaredell’inquisizione fra ’500 e ’600 toccava tutta la
penisola, allora divisa a livello politicoma accomunata dalla fede
cattolica. Eranosottoposti alla sua giurisdizione non solocasidi
eterodossia e stregoneria (come avveniva nei secoli passati) ma anche
bestemmiatori, sodomiti, bigami, giudaizzanti, astrologi, simoniaci,
simulatori di santità, consumatori di cibi proibiti (ad esempio la carne
il venerdì o piatti di origine ebraica cotti secondo le usanze kosher),
propagatori di superstizioni popolari, confessori che sollecitavano
sessualmente penitenti durante il sacramento e così via. A finire nel
mirino dei giudici ecclesiastici vi erano inoltre i mercanti e
banchieriche, per laloroprofessione, viaggiavano spesso incittà con una
consistente presenzadi riformatioebrei (comeAnversa o Ginevra) e
intrecciavanorapporti conloro. Inparticolare i sorvegliati speciali
erano i commercianti e finanzieri della Serenissima e del Veneto,
nonchédell’irrequieta e piccolaRepubblica di Lucca, molto
spregiudicatinei loroaffariepernulla timorosi di intrecciare
rapportieconomicicon gli infedeli.
E così che per lungo tempo il liberocommercio venne considerato dalla
Chiesa romana «base potentissima dell’heresia». A volte i mercanti
attratti da idee ereticali erano protetti dai signori locali, comeCosimo
de’Medici, congrandedispetto della Chiesa di Roma. Come scrive
Maifreda, «per i vertici controriformistici della cattolicità, la tutela
dell’omogeneità religiosa della penisola era da perseguirsi anche a
costo di compromettere le situazioni patrimoniali e gli equilibri
commerciali di un’economia» già indebolita da una congiuntura critica.
Uncapitolo aparte riguarda i rapporticonle comunità ebraiche,
presenti in Italia sin da tempi antichissimi (pensiamo ad esempio ai
giudei romani). Sorprende il fatto che in molti casi il temibile
tribunaledell’inquisizione nei confronti degli ebrei abbia spesso
assunto un atteggiamento garantista, se non perfino protettivo, a fronte
di svariate cause di commercianti cristiani che accusavano gli
israeliti di svariate pratiche scorrette. In realtàper gli
inquisitorinonera difficile smascherare la vera ragione di tale
animosità: eliminareinmodosleale, utilizzandol’arma confessionale, un
concorrente scomodo.
In altri casi, come ad Ancona, erano gli ebrei stessi a
chiederediessere tutelatidall’inquisizione di fronte alle angherie
diunconvertito, taleAldobrandino, cheliaccusava diogninefandezza: «Nelle
sepolture de gliHebrei - denunciava- si ritrovano cose contro la
religione cristiana». Era il 1624 e in piena controriforma
l’inquisizione si trovò a difendere la comunità
ebraicaanconetanadallecontinue angherie che il vescovo locale, e il suo
tribunale, li sottoponeva, basandosi su queste accuse, con ingiusti
tributi e ingiuste sanzioni. Tuttavia gli atteggiamenti vessatori nei
confronti degli ebrei erano avallati a volte anche dagli stessi
inquisitori e dalla Chiesa romana: pensiamo alla tassazione abnorme a
cui erano assoggettate le istituzioni israelitiche (come leUniversità).
Per non parlare dellemisure varate in concomitanza con il Concilio
di Trento fra cui la chiusura nei ghetti, il simbolo di riconoscimento
(la stellagialla ripresa dai nazisti), il divieto di spostamento e di
assunzione di personale cristiano. Al contrario, ai convertiti venivano
concesse tutta una serie di agevolazioni, anche economiche,
spessocopertepropriodall’ipertassazioneimpostaallecomunità ebraiche, che
venivano controllate capillarmente dagli inquisitori (e dai governanti
locali dei tanti principati e ducati d’Italia).
Talimisure vessatorievennero applicate sino alla vigilia della
Rivoluzione Francese, ancora per quasi tutto il XVIII secolo. Poi
ovviamente cambiò il mondo, eanchelaChiesacattolica si dovette adeguare
ai tempinuovi rinunciando aiprivilegidell’ancienrégime. Altritribunali
molto più spietati dell’inquisizione, da quelli giacobini a quelli
sovietici, saranno chiamati a valutare l’ortodossia rivoluzionaria dei
loro sudditischiavi.
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