martedì 18 febbraio 2014

Il bilancio dell'Inquisizione

Germano Maifreda: I denari dell'inquisitore. Affari e giustizia di fede nell'Italia moderna, Einaudi
I denari dell'inquisitore

Risvolto

Questo libro racconta la storia dell'Inquisizione romana alla luce della sua conduzione economica. L'attività quotidiana dei tribunali del Sant'Officio vide un intreccio continuo fra l'opera di salvaguardia dell'integrità del patrimonio dogmatico cattolico e l'oculata gestione del denaro necessaria a realizzarla. Gli inquisitori, oltre a perseguire gli eretici, stilarono bilanci e individuarono finanziamenti per condurre i processi, confiscando i beni dei condannati o impiegando risorse proprie. Alcuni giudici di fede divennero dei veri e propri imprenditori: gestirono terre e botteghe, commerciarono in beni agricoli e manifatturieri, aprirono crediti e investimenti finanziari. Tutto ciò generò un sistema d'incentivi in grado di orientare l'attività giudiziaria. Alleandosi con i governi secolari, operando attivamente sui mercati, sorvegliando gli spostamenti degli uomini d'affari, l'Inquisizione poté inserirsi nel cuore della vita pubblica, pur continuando essa a operare, per antica tradizione canonica, nel piú rigoroso segreto.

L'Inquisizione romana di età moderna fu un tribunale della fede la cui giurisdizione si estese potenzialmente su tutta la cattolicità. Il suo funzionamento ha affascinato studiosi delle piú svariate discipline: nella storia della lotta contro l'eresia s'intrecciano temi di carattere religioso, filosofico, sociologico, politico ed economico. Il volume di Germano Maifreda è dedicato all'esame di quest'ultimo aspetto, attraverso la ricostruzione di alcuni retroscena inattesi. I pontefici, dopo la fondazione della Congregazione del Sant'Officio (1542), predisposero un'organizzazione territoriale largamente autosufficiente, in grado di garantire per oltre due secoli il funzionamento di un esteso sistema giudiziario. Grazie anche alla scoperta di numerosi documenti inediti, tratti dagli Archivi vaticani, l'autore ricostruisce la dinamica di molti processi, dalla denuncia all'irrogazione della pena, svelando come l'analisi degli incentivi economici determinati dal modello stesso dell'apparato inquisitoriale possa oggi rivelarsi essenziale per comprendere le forme di esercizio della giustizia ecclesiastica in età moderna. Coniugando un uso preciso delle fonti storiche e una scrittura che ha il passo dell'investigazione, questo libro apre scenari nuovi nello studio del Sant'Officio e della sua economia intesa, nelle parole di Alfred Marshall, come impegno «negli affari ordinari della vita». Un punto di vista inedito e demitizzante su uno degli argomenti piú complessi dell'epoca moderna.        



Paolo Mieli 170 18-02-2014 corriere della sera 36/37 



Il tribunale del Papa «leggenda nera»? Macché: era il tempio del garantismo 
22 mag 2014  Libero ANDREACOLOMBO 

Un saggio Einaudi rivela l’insospettabile: i giudici pontifici tutelavano la gente dalle angherie di vescovi e principi. Perfino gli ebrei ne chiedevano la protezione
Forse è eccessivo definire l’inquisizione il primo tribunale garantista della storia. Ma di certo il quadro che emerge dal volume dello storico Germano Maifreda, I denari dell’inquisitore. Affari e giustizia di fede nell’Italia moderna ( Einaudi, pp. 366, euro 32) èben lontano da quello della leggenda nera, tracciato dai polemisti illuministi inchiaveanti-cattolica, tra torture, confessioniestorte con la violenza, minacce, accuse inventateper colpire gli avversari di fede. In realtà spesso questo tribunale agivacome seconda istanza rispetto ai giudici vescovili e, conmaggiore rigore e ricerca delle prove pro e contro gli imputati, era capace di giudicare con imparzialità casi difficilidadistricare. Inoltre l’inquisizione, grazie alle requisizioni, rappresentava anche un potere economico non indifferente nell’Italia dell’epoca.
Il sistema capillaredell’inquisizione fra ’500 e ’600 toccava tutta la penisola, allora divisa a livello politicoma accomunata dalla fede cattolica. Eranosottoposti alla sua giurisdizione non solocasidi eterodossia e stregoneria (come avveniva nei secoli passati) ma anche bestemmiatori, sodomiti, bigami, giudaizzanti, astrologi, simoniaci, simulatori di santità, consumatori di cibi proibiti (ad esempio la carne il venerdì o piatti di origine ebraica cotti secondo le usanze kosher), propagatori di superstizioni popolari, confessori che sollecitavano sessualmente penitenti durante il sacramento e così via. A finire nel mirino dei giudici ecclesiastici vi erano inoltre i mercanti e banchieriche, per laloroprofessione, viaggiavano spesso incittà con una consistente presenzadi riformatioebrei (comeAnversa o Ginevra) e intrecciavanorapporti conloro. Inparticolare i sorvegliati speciali erano i commercianti e finanzieri della Serenissima e del Veneto, nonchédell’irrequieta e piccolaRepubblica di Lucca, molto spregiudicatinei loroaffariepernulla timorosi di intrecciare rapportieconomicicon gli infedeli.
E così che per lungo tempo il liberocommercio venne considerato dalla Chiesa romana «base potentissima dell’heresia». A volte i mercanti attratti da idee ereticali erano protetti dai signori locali, comeCosimo de’Medici, congrandedispetto della Chiesa di Roma. Come scrive Maifreda, «per i vertici controriformistici della cattolicità, la tutela dell’omogeneità religiosa della penisola era da perseguirsi anche a costo di compromettere le situazioni patrimoniali e gli equilibri commerciali di un’economia» già indebolita da una congiuntura critica.
Uncapitolo aparte riguarda i rapporticonle comunità ebraiche, presenti in Italia sin da tempi antichissimi (pensiamo ad esempio ai giudei romani). Sorprende il fatto che in molti casi il temibile tribunaledell’inquisizione nei confronti degli ebrei abbia spesso assunto un atteggiamento garantista, se non perfino protettivo, a fronte di svariate cause di commercianti cristiani che accusavano gli israeliti di svariate pratiche scorrette. In realtàper gli inquisitorinonera difficile smascherare la vera ragione di tale animosità: eliminareinmodosleale, utilizzandol’arma confessionale, un concorrente scomodo.
In altri casi, come ad Ancona, erano gli ebrei stessi a chiederediessere tutelatidall’inquisizione di fronte alle angherie diunconvertito, taleAldobrandino, cheliaccusava diogninefandezza: «Nelle sepolture de gliHebrei - denunciava- si ritrovano cose contro la religione cristiana». Era il 1624 e in piena controriforma l’inquisizione si trovò a difendere la comunità ebraicaanconetanadallecontinue angherie che il vescovo locale, e il suo tribunale, li sottoponeva, basandosi su queste accuse, con ingiusti tributi e ingiuste sanzioni. Tuttavia gli atteggiamenti vessatori nei confronti degli ebrei erano avallati a volte anche dagli stessi inquisitori e dalla Chiesa romana: pensiamo alla tassazione abnorme a cui erano assoggettate le istituzioni israelitiche (come leUniversità).
Per non parlare dellemisure varate in concomitanza con il Concilio di Trento fra cui la chiusura nei ghetti, il simbolo di riconoscimento (la stellagialla ripresa dai nazisti), il divieto di spostamento e di assunzione di personale cristiano. Al contrario, ai convertiti venivano concesse tutta una serie di agevolazioni, anche economiche, spessocopertepropriodall’ipertassazioneimpostaallecomunità ebraiche, che venivano controllate capillarmente dagli inquisitori (e dai governanti locali dei tanti principati e ducati d’Italia).
Talimisure vessatorievennero applicate sino alla vigilia della Rivoluzione Francese, ancora per quasi tutto il XVIII secolo. Poi ovviamente cambiò il mondo, eanchelaChiesacattolica si dovette adeguare ai tempinuovi rinunciando aiprivilegidell’ancienrégime. Altritribunali molto più spietati dell’inquisizione, da quelli giacobini a quelli sovietici, saranno chiamati a valutare l’ortodossia rivoluzionaria dei loro sudditischiavi.     

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