giovedì 20 febbraio 2014

La Chiesa cattolica, il nazismo, il razzismo

I cattolici di fronte al mito ariano

Un convegno di studi a Roma

Corriere 20.2.14


S’intitola «Vaticano e razzismo nel periodo tra le due guerre mondiali» il convegno internazionale di studi che si apre oggi a Roma, presso la sede del Camposanto Teutonico in Vaticano, promosso dalla veneranda Associazione Görres e dall’Università di Potsdam. L’incontro, che prosegue fino a sabato 22 febbraio, è coordinato dai professori Thomas Brechenmacher e Peter Rohrbacher. La discussione affronterà non solo il tema dell’atteggiamento tenuto dalla Santa Sede verso l’antisemitismo nazista e fascista, ma più in generale la questione della posizione assunta dalla Chiesa cattolica di fronte alle dottrine eugenetiche e alle ideologie razziste, assai diffuse in quel periodo storico. 



Chiesa e razzismo negli anni più bui
di Francesco Margiotta Broglio Corriere 20.2.14


Il convegno che si apre oggi in Vaticano, sul tema dell’atteggiamento assunto dalla Santa Sede verso il razzismo nel periodo tra le due guerre mondiali, ha lo scopo di verificare la «partecipazione della Curia al dibattito razziale» negli anni Venti e Trenta, in riferimento sia alla realizzazione di quelle teorie, sia al ruolo di primo pianto assunto dall’eugenetica quasi ovunque, con posizioni antitetiche ai presupposti cristiani che tuttavia non impedirono ad alcuni «pontieri ecclesiastici» di impegnarsi in tal senso e di «promuovere, addirittura, una sterilizzazione obbligatoria per le vite inferiori». Particolare attenzione verrà riservata alle acquisizioni più recenti sulle divergenze tra Roma e le istituzioni «razziste» e sulle presenze di «persone orbitanti intorno alla Curia relativamente alle teorie e alle leggi razziali».
Al di là del molto discusso atteggiamento del papato di fronte all’antisemitismo e alla Shoah, al centro del dibattito si collocano il razzismo cattolico, lo studio delle razze, l’eugenetica cattolica (con riferimento in primo luogo alla Casti connubii di Pio XI del 1930), l’atteggiamento dei protestanti tedeschi di fronte al nazismo, il confronto di posizioni nella Curia romana sulle ideologie razziste.
In quest’ultimo contesto ci si interrogherà sui gesuiti, su padre Gemelli, sulla problematica razziale vista dal Sant’Uffizio, sul difficile rapporto tra Eugenio Pacelli e il filonazista monsignor Hudal, rettore del Collegio dell’Anima in Roma. Si concluderà su temi molto studiati: Pio XI e la Curia di fronte all’antisemitismo fascista, il siamo «spiritualmente semiti» di papa Ratti, la sua enciclica Mit brennender Sorge e quella cosiddetta «nascosta» da Pacelli.
L’incontro si chiuderà con una tavola rotonda sulle prospettive della futura ricerca, cui parteciperanno anche gli italiani Massimiliano Valente e Paolo Valvo, autore, quest’ultimo, di un rilevante volume, in corso di stampa, sulla Santa Sede e la rivoluzione messicana.
Proprio il Messico, insieme alla Russia e alla Spagna (il «triangolo dolente»), fu oggetto del primo incontro che Mussolini ebbe con Pio XI dopo la Conciliazione, l’11 febbraio 1932. Un colloquio del quale il Duce fece un dettagliato resoconto al re, pubblicato nel 1968 da Angelo Corsetti, sul quale ora torna Giorgio Fabre nel saggio Pio XI e gli ebrei, 1932-33 , che sta per uscire nei «Quaderni di Storia» diretti da Luciano Canfora, grazie ad una larga messe di eloquenti documenti inediti tratti dai principali archivi italiani e vaticani e dalle carte di padre Tacchi Venturi — a lungo tramite tra Mussolini e papa Ratti — conservate dalla Compagnia di Gesù.
Si tratta di un momento meno studiato dei successivi, ma essenziale per leggere la fase 1937-40 e comprendere la «via di mezzo» che il cattolicesimo adottò verso l’ebraismo negli anni Venti. Fabre ricorda lo scioglimento nel 1928 della associazione cattolica «Amici d’Israele» da parte del Sant’Uffizio, il quale però condannava «l’antisemitismo persecutorio», mentre «La Civiltà Cattolica» coglieva l’occasione per sviluppare la «teoria del complotto ebraico e della responsabilità ebraica nella rivoluzione russa»: una teoria che riaffiorerà nell’incontro di Pio XI con il Duce.
Nel 1930, del resto, Pio XI, che era stato nunzio in Polonia, disse a Pacelli: «Varsavia è ora un covo di ebrei e di massoni». Anche sui protestanti italiani, «favoriti» dalla legge sui culti ammessi del 1929, il Papa non esitò ad esprimere nel colloquio con Mussolini vivissime recriminazioni, preoccupato per le dichiarazioni del Duce alla «Jewish Agency» del luglio 1929 (in Italia «tutte le Chiese godono degli stessi diritti»). Certo nel 1933 così Pacelli, segretario di Stato, annoterà la «mente» del Papa che voleva richiamare l’attenzione del nunzio a Berlino sui primi eccessi antisemiti tedeschi: «Può venire il giorno in cui si potrà dire che è stata fatta qualche cosa. È cosa che sta nella buona tradizione della S. Sede».
Il relatore della causa di beatificazione di Pio XII, il gesuita padre Gumpel, nella prefazione al volume di Michael Hesemann Pio XII. Il Papa che si oppose a Hitler (Paoline, 2009), ha scritto che le bugie di alcuni storici «hanno le gambe corte». Altri storici, però, e spesso di… curia, le hanno così lunghe da riuscire a fuggire lontano dalla documentazione eloquente, come quella selezionata da Fabre, che ormai anche gli archivi «segreti» del Vaticano mettono a disposizione di tutti. 



Nessun commento: