giovedì 29 maggio 2014

Al lupo! Al lupo!

Nel senso che da oltre trent'anni questi soloni socialdemocratici fanno i consiglieri del partito socialista francese e siamo arrivati dove siamo arrivati. Naturalmente vedono il fascismo populista ma non vedono quello in Ucraina [SGA].

“Ora il rischio è un golpe populista”
Il sociologo Alain Touraine “Situazione tragica, serve un sussulto democratico”

di Anais Ginori Repubblica 28.5.14



PARIGI. «SENZA un sussulto repubblicano, ci sarà un colpo di Stato democratico e populista ». Non è sorpreso Alain Touraine. «Il terremoto di domenica - dice il sociologo - è tutt’altro che inatteso. Solo una classe politica mediocre e scollegata dalla realtà è riuscita a non accorgersi di quel che

stava covando in Francia».
La scalata di Marine Le Pen non è stata presa sul serio?
«La situazione non è seria. Ètragica. Un francese su quattro ha votato per il Front National. Possiamo farci velo con l’astensione o con la particolarità di questo scrutinio europeo, che interessa poco alla gente. La verità è invece che c’è un movimento di massa che ha sfiduciato i cosiddetti partiti tradizionali: destra o di sinistra non fa differenza».
Dove nasce la svolta di questo partito nato nel 1972?
«Non c’è dubbio: nel 2011, quando è arrivata una Presidente giovane e donna, con una forte capacità di connettersi alla pancia della gente. Anche Ségolène Royal era così. Sapeva captare gli umori, le paure del popolo. Sono convinto che il ventunesimo secolo appartiene alle donne, ne ho scritto in un libro. Purtroppo non immaginavo che Royal sarebbe stata sconfitta e che sarebbe stata una Le Pen la prima donna ad avvicinarsi così tanto all’Eliseo».
Èdavvero una minaccia?
«Se non ci sarà una reazione forte e coesa da parte della classe politica, è quel che potrebbe accadere alle presidenziali del 2017. Sarà un putsch democratico perché il Fn si rivolge non ai cittadini ma agli individui in quanto consumatori. È un approccio populista che annienta il nostro sistema di valori, il legame repubblicano del vivere insieme».
Si tratta solo di un voto di protesta o c’è qualcosa di più?
«Il Front National si sta costruendo sulle macerie della società industriale. Molti analisti sostengono che ha preso i voti operai. Ma la classe operaia non esiste più e il Fn è un partito postindustriale, che aggrega gli esclusi dei territori perduti. Sono gli elettori che non abitano nelle città-mondo, come dice Saskia Sassen. Il vero partito popolare oggi non è più la sinistra, che ormai rappresenta solo la classe media».
Il Front National è davvero nazionale perché si è diffuso in tutto il paese?
«Per un lungo periodo, è rimasto confinato soprattutto al sud, tra commercianti e classe media. Con il suo discorso sociale, Le Pen è riuscita a conquistare consensi nel nord est deindustrializzato. Ora, alle europee ha anche preso molti voti nell’ovest, in regioni un tempo democristiane e moderate ».
Il paese si è assuefatto al discorso xenofobo e sciovinista del Fn, come sostiene Libération?
«La Francia è un paese particolare in cui ci sono sempre stati intellettuali impegnati. La nostra modernità si sviluppata attraverso un acceso dibat- tito intellettuale. Questa ‘Repubblica delle Idee’ è scomparsa. La maggior parte dei francesi ragiona secondo logiche della società consumista, in cui i valori economici sostituiscono quelli morali, filosofici».
Hollande dovrebbe sciogliere l’Assemblée Nationale come chiede Le Pen?
«In una democrazia sana avrebbe senso. Il socialisti hanno avuto il 14% dei voti. Tenendo conto dell’astensione significa che rappresenta meno del 6% del paese. Hollande è il Presidente più impopolare da quando esistono i sondaggi. Come può portare avanti le difficili riforme di cui la Francia ha bisogno? Detto questo, convocare oggi nuove elezioni significherebbe consegnare il paese a Le Pen, con un rischio di guerra civile, perché una parte dei francesi non accetterebbe l’estrema destra al governo».
Cosa dovrebbe fare Hollande?
«L’unica strada è dare più poteri al primo ministro Manuel Valls, che gode di una sua popolarità. Ma il sistema presidenziale francese non lo permette. Valls è l’uomo giusto nel posto sbagliato. Non riesco a immaginare come Hollande potrà durare ancora tre anni in questa situazione esplosiva. Siamo andando contro un muro. Con gli occhi bendati».




Parigi, lo spettro della decadenza
di Marc Lazar Repubblica 28.5.14



LO SPETTACOLARE successo del Fn di Marine le Pen, divenuto il primo partito con quasi il 25%, ha sbalordito l’Ue. Secondo alcuni osservatori la Francia è ormai il nuovo malato d’Europa, colpito da una sindrome di declino storico.

EDè proprio questa sensazione di decadenza, largamente diffusa, a far progredire un partito come il Front national, che ne attribuisce la responsabilità all’Europa, ai partiti di governo e agli immigrati, facendo appello a una riscossa nazionale - che di fatto ha però il significato di un ripiegamento nazionale.
Non è la prima volta che la Francia attraversa una fase delicata. Per limitarci al XX secolo, nel periodo tra le due guerre è stata scossa dalle conseguenze economiche e sociali della Grande Depressione e da una profonda crisi di rappresentanza politica, caratterizzata dall’instabilità dei governi, dal dilagare della corruzione, dalla paralisi parlamentare, dalla mancanza di coraggio di gran parte delle élite e dalle lacerazioni della società francese. Nel maggio-giugno 1940 la sconfitta subita ad opera delle truppe naziste fu un trauma e un’umiliazione spaventosa, che lasciò un segno durevole negli animi, anche se cinque anni dopo la Francia si ritrovò a fianco dei vincitori. La IV Re- pubblica, nata nel 1946, assicurò la ricostruzione e quindi lo sviluppo economico, lanciando un processo di modernizzazione della società, e partecipò alla costruzione europea. Ma a partire dal 1954 fu corrosa dal cancro della guerra d’Algeria. I francesi si indignavano allora per le ricorrenti crisi di governo e per la mediocrità - tranne qualche rara eccezione - del personale politico. Perciò nel 1958 il generale de Gaulle apparve come un salvatore, e la V Repubblica fu plebiscitata.
Ai nostri giorni la Francia soffre sia sul piano economico che su quello sociale. Il deficit pubblico è del 4,3% del Pil, il debito pubblico del 93,5%. La competitività delle imprese sta crollando, l’attrattività del Paese è in calo. Nel 2013 gli investimenti esteri diretti sono precipitati in Francia del 77%, mentre nell’insieme dell’Unione europea hanno fatto registrare un aumento del 37,7%. Parigi, che nel 2012 era classificata come la quarta città più attraente del mondo, quest’anno è re- trocessa al sesto posto. L’uso del francese regredisce nel mondo, e l’influenza intellettuale e culturale della Francia si è appannata. Il tasso di disoccupazione ha superato il 10%, mentre crescono le disuguaglianze sociali, generazionali, territoriali e di genere, così come quelle tra francesi e immigrati. Il modello di integrazione degli immigrati traballa, provocando tensioni e ripiegamenti comunitari. La convivenza, il « vivre ensemble » francese appare in via di disgregazione. Rimasta senza bussola e senza un progetto, la Francia non è più il grande Stato-nazione che è stata, e fatica a ridefinire il suo posto in Europa. Ciò contribuisce, insieme ad altri fattori, ad alimentare la contestazione della costruzione europea. Oggi però, a differenza degli anni Trenta o del periodo della IV Repubblica, le istituzioni politiche non vengono messe in discussione, se non da alcune voci isolate che postulano una VI Repubblica. Quello che non funziona più è il sistema dei partiti. Le due grandi formazioni, il Partito Socialista e l’Ump (Union pour un mouvement populaire) di centro-destra, sono profondamente destabilizzati. L’insuccesso dei socialisti al governo non va automaticamente a vantaggio dell’Ump, scosso da episodi di corruzione, incerto sulla strategia da adottare e diviso sulla scelta del suo candidato alle presidenziali del 2017. Le elezioni europee stanno forse facendo emergere una novità: il passaggio a un sistema di tripartitismo squilibrato, a vantaggio della destra e dell’estrema destra. Quanto ai responsabili politici, hanno perduto gran parte della loro legittimazione e credibilità.
La Francia allora è condannata al tracollo? Le sue risorse sono innegabili. È la seconda potenza economica dell’Unione europea, possiede grandi gruppi industriali e di servizi competitivi, sviluppa settori di alta tecnologia, dispone di manodopera qualificata ad alto tasso di produttività, vanta prestigiosi istituti universitari e di ricerca, è demograficamente dinamica, può contare su infrastrutture di qualità e su un’amministrazione ancora efficiente, nonostante alcune disfunzioni. Infine, grazie al suo ricco patrimonio artistico e storico, è la prima destinazione turistica mondiale.
La responsabilità di valorizzare al meglio queste risorse spetta storicamente alle élite dirigenti del Paese, che devono rinnovarsi profondamente. Nell’interesse della Francia, ma anche di tutta l’Europa. (Traduzione di Elisabetta Horvat)

Nessun commento:

Posta un commento