“Ora il rischio è un golpe populista”
Il sociologo Alain Touraine “Situazione tragica, serve un sussulto democratico”
di Anais Ginori Repubblica 28.5.14
PARIGI. «SENZA un sussulto repubblicano, ci sarà un colpo di Stato
democratico e populista ». Non è sorpreso Alain Touraine. «Il terremoto
di domenica - dice il sociologo - è tutt’altro che inatteso. Solo una
classe politica mediocre e scollegata dalla realtà è riuscita a non
accorgersi di quel che
stava covando in Francia».
La scalata di Marine Le Pen non è stata presa sul serio?
«La
situazione non è seria. Ètragica. Un francese su quattro ha votato per
il Front National. Possiamo farci velo con l’astensione o con la
particolarità di questo scrutinio europeo, che interessa poco alla
gente. La verità è invece che c’è un movimento di massa che ha
sfiduciato i cosiddetti partiti tradizionali: destra o di sinistra non
fa differenza».
Dove nasce la svolta di questo partito nato nel 1972?
«Non
c’è dubbio: nel 2011, quando è arrivata una Presidente giovane e donna,
con una forte capacità di connettersi alla pancia della gente. Anche
Ségolène Royal era così. Sapeva captare gli umori, le paure del popolo.
Sono convinto che il ventunesimo secolo appartiene alle donne, ne ho
scritto in un libro. Purtroppo non immaginavo che Royal sarebbe stata
sconfitta e che sarebbe stata una Le Pen la prima donna ad avvicinarsi
così tanto all’Eliseo».
Èdavvero una minaccia?
«Se non ci sarà una
reazione forte e coesa da parte della classe politica, è quel che
potrebbe accadere alle presidenziali del 2017. Sarà un putsch
democratico perché il Fn si rivolge non ai cittadini ma agli
individui in quanto consumatori. È un approccio populista che annienta
il nostro sistema di valori, il legame repubblicano del vivere insieme».
Si tratta solo di un voto di protesta o c’è qualcosa di più?
«Il
Front National si sta costruendo sulle macerie della società
industriale. Molti analisti sostengono che ha preso i voti operai. Ma la
classe operaia non esiste più e il Fn è un partito postindustriale, che
aggrega gli esclusi dei territori perduti. Sono gli elettori che non
abitano nelle città-mondo, come dice Saskia Sassen. Il vero partito
popolare oggi non è più la sinistra, che ormai rappresenta solo la
classe media».
Il Front National è davvero nazionale perché si è diffuso in tutto il paese?
«Per
un lungo periodo, è rimasto confinato soprattutto al sud, tra
commercianti e classe media. Con il suo discorso sociale, Le Pen è
riuscita a conquistare consensi nel nord est deindustrializzato. Ora,
alle europee ha anche preso molti voti nell’ovest, in regioni un tempo
democristiane e moderate ».
Il paese si è assuefatto al discorso xenofobo e sciovinista del Fn, come sostiene Libération?
«La
Francia è un paese particolare in cui ci sono sempre stati
intellettuali impegnati. La nostra modernità si sviluppata attraverso un
acceso dibat- tito intellettuale. Questa ‘Repubblica delle Idee’ è
scomparsa. La maggior parte dei francesi ragiona secondo logiche della
società consumista, in cui i valori economici sostituiscono quelli
morali, filosofici».
Hollande dovrebbe sciogliere l’Assemblée Nationale come chiede Le Pen?
«In
una democrazia sana avrebbe senso. Il socialisti hanno avuto il 14% dei
voti. Tenendo conto dell’astensione significa che rappresenta meno del
6% del paese. Hollande è il Presidente più impopolare da quando esistono
i sondaggi. Come può portare avanti le difficili riforme di cui la
Francia ha bisogno? Detto questo, convocare oggi nuove elezioni
significherebbe consegnare il paese a Le Pen, con un rischio di guerra
civile, perché una parte dei francesi non accetterebbe l’estrema destra
al governo».
Cosa dovrebbe fare Hollande?
«L’unica strada è dare
più poteri al primo ministro Manuel Valls, che gode di una sua
popolarità. Ma il sistema presidenziale francese non lo permette. Valls è
l’uomo giusto nel posto sbagliato. Non riesco a immaginare come
Hollande potrà durare ancora tre anni in questa situazione esplosiva.
Siamo andando contro un muro. Con gli occhi bendati».
Parigi, lo spettro della decadenza
di Marc Lazar Repubblica 28.5.14
LO SPETTACOLARE successo del Fn di Marine le Pen, divenuto il primo
partito con quasi il 25%, ha sbalordito l’Ue. Secondo alcuni osservatori
la Francia è ormai il nuovo malato d’Europa, colpito da una sindrome di
declino storico.
EDè proprio questa sensazione di decadenza,
largamente diffusa, a far progredire un partito come il Front national,
che ne attribuisce la responsabilità all’Europa, ai partiti di governo e
agli immigrati, facendo appello a una riscossa nazionale - che di fatto
ha però il significato di un ripiegamento nazionale.
Non è la prima
volta che la Francia attraversa una fase delicata. Per limitarci al XX
secolo, nel periodo tra le due guerre è stata scossa dalle conseguenze
economiche e sociali della Grande Depressione e da una profonda crisi di
rappresentanza politica, caratterizzata dall’instabilità dei governi,
dal dilagare della corruzione, dalla paralisi parlamentare, dalla
mancanza di coraggio di gran parte delle élite e dalle lacerazioni della
società francese. Nel maggio-giugno 1940 la sconfitta subita ad opera
delle truppe naziste fu un trauma e un’umiliazione spaventosa, che
lasciò un segno durevole negli animi, anche se cinque anni dopo la
Francia si ritrovò a fianco dei vincitori. La IV Re- pubblica, nata nel
1946, assicurò la ricostruzione e quindi lo sviluppo economico,
lanciando un processo di modernizzazione della società, e partecipò alla
costruzione europea. Ma a partire dal 1954 fu corrosa dal cancro della
guerra d’Algeria. I francesi si indignavano allora per le ricorrenti
crisi di governo e per la mediocrità - tranne qualche rara eccezione -
del personale politico. Perciò nel 1958 il generale de Gaulle apparve
come un salvatore, e la V Repubblica fu plebiscitata.
Ai nostri
giorni la Francia soffre sia sul piano economico che su quello sociale.
Il deficit pubblico è del 4,3% del Pil, il debito pubblico del 93,5%. La
competitività delle imprese sta crollando, l’attrattività del Paese è
in calo. Nel 2013 gli investimenti esteri diretti sono precipitati in
Francia del 77%, mentre nell’insieme dell’Unione europea hanno fatto
registrare un aumento del 37,7%. Parigi, che nel 2012 era classificata
come la quarta città più attraente del mondo, quest’anno è re- trocessa
al sesto posto. L’uso del francese regredisce nel mondo, e l’influenza
intellettuale e culturale della Francia si è appannata. Il tasso di
disoccupazione ha superato il 10%, mentre crescono le disuguaglianze
sociali, generazionali, territoriali e di genere, così come quelle tra
francesi e immigrati. Il modello di integrazione degli immigrati
traballa, provocando tensioni e ripiegamenti comunitari. La convivenza,
il « vivre ensemble » francese appare in via di disgregazione. Rimasta
senza bussola e senza un progetto, la Francia non è più il grande
Stato-nazione che è stata, e fatica a ridefinire il suo posto in Europa.
Ciò contribuisce, insieme ad altri fattori, ad alimentare la
contestazione della costruzione europea. Oggi però, a differenza degli
anni Trenta o del periodo della IV Repubblica, le istituzioni politiche
non vengono messe in discussione, se non da alcune voci isolate che
postulano una VI Repubblica. Quello che non funziona più è il sistema
dei partiti. Le due grandi formazioni, il Partito Socialista e l’Ump
(Union pour un mouvement populaire) di centro-destra, sono profondamente
destabilizzati. L’insuccesso dei socialisti al governo non va
automaticamente a vantaggio dell’Ump, scosso da episodi di corruzione,
incerto sulla strategia da adottare e diviso sulla scelta del suo
candidato alle presidenziali del 2017. Le elezioni europee stanno forse
facendo emergere una novità: il passaggio a un sistema di tripartitismo
squilibrato, a vantaggio della destra e dell’estrema destra. Quanto ai
responsabili politici, hanno perduto gran parte della loro
legittimazione e credibilità.
La Francia allora è condannata al
tracollo? Le sue risorse sono innegabili. È la seconda potenza economica
dell’Unione europea, possiede grandi gruppi industriali e di servizi
competitivi, sviluppa settori di alta tecnologia, dispone di manodopera
qualificata ad alto tasso di produttività, vanta prestigiosi istituti
universitari e di ricerca, è demograficamente dinamica, può contare su
infrastrutture di qualità e su un’amministrazione ancora efficiente,
nonostante alcune disfunzioni. Infine, grazie al suo ricco patrimonio
artistico e storico, è la prima destinazione turistica mondiale.
La
responsabilità di valorizzare al meglio queste risorse spetta
storicamente alle élite dirigenti del Paese, che devono rinnovarsi
profondamente. Nell’interesse della Francia, ma anche di tutta l’Europa.
(Traduzione di Elisabetta Horvat)
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