venerdì 7 novembre 2014
Come funziona la costruzione dell'indignazione morale dirittumanista
Il povero e indifeso Occidente ricattato economicamente dal mostro totalitario. Si potrebbe scrivere un saggio, su questo articolo [SGA].
Ma Jian “Caro Barack, a Pechino parla di diritti umani La libertà conta più degli affari con i cinesi”
Lo sfogo dello scrittore alla vigilia del viaggio del capo della Casa Bianca: “L’Occidente ha le mani legate di fronte allo strapotere economico del dragone Ma dovrebbe alzare la voce per far liberare Liu Xiaobo”
di Enrico Franceschini Repubblica 7.11.14
LONDRA «Barack Obama dovrebbe approfittare della visita a Pechino per
denunciare le violazioni dei diritti umani in Cina. L’Occidente dovrebbe
chiedere a gran voce il rilascio di Liu Xiaobo e degli altri
dissidenti». L’auspicio di Ma Jian, lo scrittore cinese da anni in
esilio a Londra, è solo un pio desiderio e lui per primo lo sa:
«Purtroppo né Obama né l’Occidente faranno qualcosa del genere, perché
la potenza economica di Pechino è un ricatto che induce tutti i suoi
interlocutori al silenzio ». Ma l’autore di Tira fuori la lingua,
Spaghetti cinesi e Pechino in coma, i romanzi (tutti usciti in Italia
con Feltrinelli, che a marzo pubblicherà il suo nuovo libro, La via
oscura) che lo hanno fatto mettere al bando in patria e costretto a
emigrare per non finire anche lui in prigione, mantiene un cauto
ottimismo a lungo termine: «Anche la Cina conoscerà la democrazia, solo
con un po’ di ritardo», dice ironicamente in questa intervista, concessa
a Repubblica alla vigilia del viaggio a Pechino (che inizia domenica)
del presidente americano, in cui potrebbe essere discussa la sorte di
Liu Xiaobo, lo scrittore condannato a 11 anni di carcere nel 2009 per
“sovversione” e insignito l’anno seguente del premio Nobel per la pace
per il suo impegno a tutela dei diritti umani in Cina.
Liu Xiaobo è tenuto prigioniero dalla Cina come un sepolto vivo: nessun
contatto con l’esterno, neanche con il suo avvocato, non ha nemmeno il
permesso di scrivere. Le pare che questo muro di silenzio abbia
contribuito a farlo dimenticare dall’Occidente?
«Il muro del silenzio non è provocato dalle misure contro Liu Xiaobo, o
almeno non solo da quello, bensì in primo luogo dalla strapotere
economico della Cina. L’Occidente ha le mani legate nei confronti di
questo colosso dell’economia globale. Pur di fare affari con Pechino, la
comunità internazionale rinuncia ai propri principi etici».
Tra pochi giorni Obama sarà in Cina. Pensa che parlerà pubblicamente di
Liu o che almeno farà pressioni privatamente sul presidente Xi Jinping
per ottenerne il rilascio?
«Non credo che lo farà. Obama vive nell’epoca dell’economia integrata e
globalizzata. Sa bene che termini come diritti umani, democrazia, valori
universali, equivalgono a brutte parole in Cina e dunque, in nome dei
propri interessi economici, eviterà di parlare di diritti umani».
Ma cosa pensa che dovrebbe fare l’Occidente davanti la nuova superpotenza della terra?
«Dovrebbe accettare la sfida, senza nascondersi, denunciando Pechino e
chiedendo il rilascio dei dissidenti come Liu. Invece, investendo in
Cina, ha contribuito al boom dell’economia cinese. Se il Partito
comunista cinese, uscito male dalla strage di piazza Tiananmen nel 1989,
ha recuperato fiducia, è in buona parte merito dell’Occidente. Dunque
non mi aspetto molto dai paesi occidentali ».
Crede che libertà economiche possano spingere gradualmente la Cina verso le libertà politiche?
«È da escludere che accada sotto il governo del presidente Xi Jingping,
che si ispira piuttosto al modello autocratico di Putin in Russia e di
Singapore ».
Liu Xiaobo disse una volta che la cosa migliore per la democratizzazione
della Cina sarebbero stati “300 anni di colonialismo occidentale”. In
quale altro modo l’Occidente può esportare i propri ideali democratici
in Cina? Forse con una “colonizzazione” culturale, attraverso cinema,
musica, letteratura?
«Chiunque sogna una vita libera. Ci arriveranno anche i cinesi, ma con
un po’ di ritardo. Chi è stato per tanto tempo sotto un regime
totalitario non può capire immediatamente cosa sia la democrazia.
L’attuale sistema monopartitico è diverso dalla dittatura maoista ed è
ciò che meglio corrisponde alle esigenze dei cinesi di oggi: ripudiare
libertà e democrazia in cambio del benessere. La maggior parte dei
cinesi non ha interesse per le libertà politiche, è interessata solo ai
soldi. Penso quindi che, più di una colonizzazione culturale,
l’Occidente dovrebbe fare percepire ai cinesi la propria fede nelle
libertà individuali. Ma ha timore a farlo, per non urtare la
suscettibilità di Pechino».
Cosa provò quando Liu Xiabo ricevette il Nobel per la pace? Si aspettava
quello che sarebbe poi successo? Immaginava che anche la moglie del
dissidente venisse di fatto arrestata e tenuta come prigioniera in
ospedale?
«Ho conosciuto Liu nel 1989. Fui molto felice per il Nobel, avevo timori
per le conseguenze ma non mi aspettavo un trattamento così severo nei
suoi confronti. Dopo la sua condanna, né sua moglie Liu Xia né io siamo
più riusciti a raggiungerlo telefonicamente Liu Xia, segregata in casa
propria, soffre ancora di più di lui. So che fuma e beve pesantemente,
potrebbe crollare prima di lui. Sebbene le prigioni della Cina non siano
come quella in cui era rinchiuso Mandela in Sud Africa. I dissidenti
che sono stati rilasciati sono usciti profondamente segnati. È raro che
poi dicano ancora quello che pensano. Xiaobo sarà più fortunato? Non lo
so. Se e quando uscirà di prigione, potrebbe essersi spento anche lui».
E lei? Ha timori per se stesso? Le manca la Cina? Vorrebbe tornarci?
«Il mio sogno sarebbe di annientare almeno l’inquisizione contro la
letteratura, magari non ce la farò ma farò del mio meglio per
contrastarla e onorare il mio mestiere di scrittore. I miei familiari
rimasti in Cina non capiscono, del resto sono sottomessi al partito e
tenuti come in ostaggio. Sì, mi manca il mio Paese, mi piacerebbe
tornare nella mia Qingdao di quando ero piccolo. Ma forse ci arriverò
soltanto dentro un’urna cineraria». (ha collaborato Silvia Pozzi)
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento