Mohamed Husen era molto apprezzato dai registi Fu denunciato per la relazione sul set con una bianca
di Carlo Antonio Biscotto il Fatto 16.11.14
Un
attore di colore nel cinema nazista. Il documentario appena uscito, Il
viaggio di Majub di Eva Knopf, racconta la straordinaria vita di Mohamed
Husen, da soldato-bambino ad attore cinematografico nella Germania
degli anni 30. Non ha mai avuto ruoli da protagonista ma era molto
apprezzato dai registi. E poi – come acutamente commenta la cineasta Eva
Knopf - “Ci sono molti più sudditi che re; in un film in genere ci sono
più comparse che attori di primo piano”.
Mohamed era nato a Dar es
Salaam (attuale Tanzania) il 22 febbraio 1904, figlio di un ascaro della
Schutztruppe tedesca. A 10 anni era stato arruolato nelle forze
coloniali tedesche durante la prima guerra mondiale. Ferito gravemente
aveva trascorso un po’ di tempo in un campo di prigionia a Nairobi.
DOPO
LA GUERRA si era imbarcato sulle navi mercantili e nel 1929, di
passaggio in Germania, aveva chiesto di essere riconosciuto come ascaro e
naturalizzato tedesco con il nome di Mohamed Husen. Aveva trovato
lavoro come cameriere e come insegnante di lingua Swahili a Berlino. Ma
la sua popolarità la deve al cinema. All’epoca a Berlino e Amburgo le
persone di colore erano abbastanza numerose e molte trovavano lavoro nel
mondo dello spettacolo in un momento in cui Josephine Baker era
all’apice della popolarità anche in Germania. Mohamed apparve in
numerosi film e nel 1932 sposò la cittadina tedesca Maria Schwadner
dalla quale ebbe tre figli. Per Mohamed e altri tedeschi nati in Africa,
la vita sul set era molto migliore di quella di tutti i giorni.
L’ambiente del cinema era una sorta di zona di sicurezza, una realtà
parallela dove la fantasia permetteva di dimenticare le durezze della
vita reale.
NEGLI STUDI cinematografici, come ricorda Dorothea Diek,
erano tutti amici, non si parlava di politica, non c’erano nazisti e gli
attori africani erano accettati senza problemi. Ma il quarto d’ora di
popolarità e di tranquillità passò in fretta. Già nel 1933 era stata
tolta a Mohamed e alla sua famiglia la cittadinanza tedesca e nel 1935
perse il lavoro da cameriere perché i colleghi bianchi dissero alle
autorità che non volevano lavorare con lui. Husen non si diede per vinto
e, allo scoppio della seconda guerra mondiale, chiese di essere
arruolato come volontario. La sua domanda fu respinta.
Per qualche
tempo tirò avanti con le poche scritture che gli riuscì di trovare. La
fortuna gli voltò definitivamente le spalle nel 1941 sul set del suo
ultimo film, la storia dell’esploratore tedesco Carl Peters con la regia
di Herbert Selpin. Mohamed interpretava il ruolo del fedele servitore
di Peters, tristemente famoso per aver fatto uccidere senza pietà la sua
amante nera perché aveva una relazione con il suo servitore. Nel
settembre del 1941 fu accusato – pare da alcuni colleghi – di aver avuto
sul set una storia con una attrice ariana da cui aveva avuto un figlio.
Nessuno ebbe pietà di lui. Sua moglie fu costretta a chiedere il
divorzio e Mohamed fu rinchiuso, senza processo, nel campo di
concentramento di Sachsenhausen dove morì il 24 novembre 1944.
È
sepolto nel cimitero delle “Vittime della guerra e della violenza” a
Berlno -Reinickendorf. Il suo figlio maggiore Bodo morì sotto i
bombardamenti mentre si ignora il destino degli altri figli e di sua
moglie.
Il film di Eva Knopf si attiene in modo molto asciutto ai
fatti. Altri registi avrebbero potuto fare di lui un eroe, un pioniere,
il simbolo dell’ingratitudine della Germania nei confronti degli
africani che l’avevano servita durante l’avventura coloniale.
“NON SO
PROPRIO che giudizio dare di lui - spiega la cineasta - non era quello
che i nazisti volevano che fosse, un vero ascaro, ma non era nemmeno
quello che noi avremmo voluto che fosse: un combattente per la libertà o
un antifascista”.
In realtà – se lo ha fatto per convinzione
politica o per opportunismo non è dato sapere – verso la metà degli anni
30 in divisa militare partecipava ai raduni nazisti urlando slogan del
tipo “la Germania ha bisogno delle colonie in Africa”. Come molti
immigranti provenienti dalle ex colonie, Mohamed era un fantasma e il
poco che sappiamo di lui non ha alcunché di eroico. Resta la figura di
un giovane di colore che per qualche tempo diventò attore nel momento
più buio e razzista della storia della Germania, e poi fu travolto dagli
eventi.
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