domenica 30 novembre 2014

Mazzucato critica le proposte di Piketty


Mariana Mazzucato: “Solo riducendo le disuguaglianze ci può essere vera crescita”

Parla l’economista, docente all’università del Sussex, che sabato dialogherà con Ezio Mauro
“I dati sulla povertà sono allarmanti. Bisogna investire risorse e energia su alimentazione e stili di vita”

di Giulio Azzolini Repubblica 27.11.14

«UNA vera strategia di innovazione richiede di investire non solo sui settori a profitto immediato, ma anche sugli stili di vita. Per questo oggi riflettere sull’industria del cibo è fondamentale». Parola di Mariana Mazzucato, docente di Economia dell’innovazione all’Università del Sussex, autrice un anno fa del fortunatissimo Lo stato innovatore ( Laterza) e protagonista, sabato a Reggio Emilia, di un dialogo con Ezio Mauro. I dati diffusi da Oxfam due settimane fa confermano che la forbice tra ricchi a poveri continua a crescere. «Ma non basta lamentarsi, bisogna capire perché».
Qual è la causa delle nuove disuguaglianze?
«Per tante persone è stato difficile adattarsi agli enormi processi di innovazione e di globalizzazione degli ultimi decenni. Ma il punto cruciale è un altro. La disuguaglianza aumenta quando il settore privato non investe più né sul capitale umano né sulle aree ad alta produttività e, dall’altra parte, un settore pubblico senza coraggio si preoccupa soltanto di tagliare i servizi e di abbassare le tasse. Risultato: chi estrae valore viene premiato più di chi il valore lo crea davvero».
Thomas Piketty chiede di aumentare le imposte sulle grandi ricchezze. Lei è d’accordo?
«Piketty si concentra sulla tassa sulla ricchezza, ma secondo me è ancora più importante capire come dagli anni Settanta in poi molte tasse abbiano contribuito ad aumentare le disuguaglianze. Il capital gains tax , l’imposta sui profitti finanziari. Dal 1976 al 1981 fu abbassata dal 40 al 20 per cento: le lobbies la presentarono come uno stimolo per l’innovazione, invece ha comportato solo una gigantesca redistribuzione del reddito dal basso verso l’alto. Ma agire sulla leva fiscale non basta».
Come si contrasta la disuguaglianza?
«Ancorando l’azione dello Stato a una nuova teoria del valore e della crescita.
Solo mettendo insieme gli insegnamenti di Keynes sulla domanda e quelli di Schumpeter sul rischio e sull’innovazione, sarà infatti possibile una “crescita inclusiva”, che sia cioè accompagnata da una riduzione della disuguaglianza ».
Ma la crescita da quali fattori dipende?
«Sul breve può anche basarsi sulla finanza e sul debito, ma sul lungo periodo dipende dalla qualità e dalla quantità di investimenti in innovazione. Se analizziamo i paesi cresciuti negli ultimi anni grazie all’innovazione, possiamo imparare almeno tre lezioni eterodosse rispetto alle teorie mainstream: che il tasso di investimenti pubblici è stato enorme, in particolare tramite finanziamenti diretti alle imprese; che lo Stato ha avuto il ruolo di creare il mercato, non semplicemente di aggiustarlo quando questo falliva; e che lo Stato non è necessariamente una macchina mangiasoldi, ma può agire come un buon imprenditore. Dovrà socializzare i rischi, sì, ma anche i ricavi».
Questa ricetta potrebbe funzionare anche in Italia?
«Perché no? Pensi al caso dell’Iri: fino a quando è rimasta indipendente dai partiti, è stata un enorme successo. Il discrimine non è tra pubblico e privato, ma tra un certo tipo di pubblico e un certo tipo di privato. Il problema principale dell’Italia non è lo Stato, che certo andrebbe reso più efficiente. Il problema vero è che da vent’anni non ci sono investimenti né privati né pubblici in tutti i settori chiave che aumentano la produttività e, di conseguenza, la crescita».
Non pensa che la priorità sia “sbloccare” il paese?
«L’idea che lo sviluppo italiano sia frenato solo dalla burocrazia e dalle tasse mi sembra folle. Il patent box appena introdotto nella legge di stabilità (la defiscalizzazione fino al 50 per cento per i prossimi 5 anni su redditi da brevetti e altri beni immateriali, ndr) non avrà alcun effetto sulla crescita. Il governo non può essere solo business friendly. Vanno bene gli 80 euro, ma per rilanciare la domanda il governo deve stare più attento a tutte le parti sociali e discutere con loro su come aumentare gli investimenti, privati e pubblici, in aree fondamentali quali la formazione del capitale umano, l’adattamento alle nuove tecnologie e la ricerca e sviluppo. Altrimenti l’economia rimarrà ferma e la disuguaglianza continuerà a crescere».
Il 9 agosto, con una lettera pubblicata su Repubblica , lei scriveva a Renzi che «è indispensabile rendersi conto di dove sta il problema». Crede sia stato individuato?
«No, ancora no».

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