C’era una volta la Russia. Lo sguardo di Ivan Glazunov
Fondazione Querini Stampalia Dal 15 Ottobre 2014 al 11 Gennaio 2015
La Mostra
Il progetto espositivo nasce dalla ricerca e dalla personale collezione del pittore Ivan Glazunov.
La sua maniera pittorica è stata spesso associata alle grandi tradizioni delle scuole europee di pittura, e la tematica centrale del suo lavoro è dedicata alla progressiva scomparsa dei valori tradizionali che stanno alla base della cultura russa e di quella europea.
Con questa esposizione Glazunov vuole condividere con il pubblico europeo una personale, ma in realtà sempre più diffusa, preoccupazione culturale, quella che origina dalla incessante distruzione dei nessi storici e culturali che hanno caratterizzato per lunghi secoli le nostre civiltà.
Come molti altri artisti del suo Paese, Glazunov è interessato alle peculiarità delle culture nazionali, delle lingue e dei percorsi storici..., a partire da quelli della sua terra.
"Tutto ciò che è stato creato fino a noi – osserva Glazunov - e che abbiamo ereditato, è la ricchezza e la diversità della nostra civiltà comune. Da sempre la Russia ha mantenuto la memoria del suo passato, e con questa capacità di rendere viva la propria tradizione il nostro popolo è arrivato ai tragici eventi del XX secolo. Ora, dopo essere sopravvissuti alla rivoluzione, alla guerra, al regime sovietico, stiamo cercando in noi la forza di continuare, ricordando il codice genetico culturale che ci sostiene da secoli. Proprio ora, quando il mondo sta cambiando impetuosamente e noi viviamo in un potente e aggressivo flusso di informazioni. Abbiamo bisogno di preservare i nostri valori originari, che ci hanno sostenuto in ogni momento: sono il perno che ci ha permesso di non perderci, che ha conservato la nostra immagine come popolo. Voglio mostrare ciò che mi è caro della Russia, ciò che io amo. Durante tutta la mia vita, ho raccolto e studiato pezzi di antiquariato russo: ognuno di essi può raccontarci le persone che hanno vissuto secoli fa o più recentemente... Anche questi segni hanno creato l'immagine della Russia che amo, che mi è cara, che è importante per me. Che voglio conservare per i miei figli e condividere con il pubblico".
Per questo progetto tra segni e memoria, caratterizzato da una forte impronta familiare, non poteva esserci sede più adatta dell’antica dimora dei Querini Stampalia. Nata nel 1869, la Fondazione integra gli ambienti della casa museo, le sue preziose raccolte, la ricca biblioteca, con gli spazi di architettura contemporanea, pensati da Scarpa, Pastor, Botta: suggestivo manifesto della sua missione culturale di luogo di frontiera e di confronto, fra custodia del passato e ricerca attenta ai tempi nuovi.
La mostra, curata da Silvia Burini e Giuseppe Barbieri, responsabili del Centro Studi sulle Arti della Russia (CSAR) dell'Università Ca' Foscari Venezia, allinea dipinti, antichi costumi russi di eccezionale fattura e preziosi oggetti di arte popolare che provengono dalla collezione dell'artista.
La combinazione nello stesso spazio di dipinti, costumi e oggetti d'antiquariato, gli uni riflessi negli altri, restituisce, anche attraverso un allestimento non convenzionale e l'impiego di originali devices multimediali, la forza e la bellezza di un passato ancora presente, immergendo lo spettatore nella contemplazione a volte della maestosa intimità dei paesaggi russi oppure in una serie di coinvolgenti ritratti femminili.
Componente rilevante del progetto espositivo, nello sforzo di allestire una speciale partecipazione dello spettatore all'atmosfera della mostra, è la video installazione con riprese d'autore nel Nord della Russia (la regione di Archangel'sk) eseguite dall'artista e da sua moglie, la regista Julija Glazunova. La video installazione presenta una speciale e suggestiva struttura musicale realizzata con la collaborazione di Andrej Kotov, maestro di cappella, uno tra i massimi esperti nel campo dell'antica cultura musicale russa, direttore e maestro del coro dell'ensemble "Sirin"(http://sirin.svyatovo.com).
Il celebre ensemble, con la direzione di Andrej Kotov, caratterizzerà l'esposizione con concerti dal vivo.
La visita all’esposizione temporanea è gratuita.
Catalogo : Terra Ferma
Il progetto espositivo nasce dalla ricerca e dalla personale collezione del pittore Ivan Glazunov.
La sua maniera pittorica è stata spesso associata alle grandi tradizioni delle scuole europee di pittura, e la tematica centrale del suo lavoro è dedicata alla progressiva scomparsa dei valori tradizionali che stanno alla base della cultura russa e di quella europea.
Con questa esposizione Glazunov vuole condividere con il pubblico europeo una personale, ma in realtà sempre più diffusa, preoccupazione culturale, quella che origina dalla incessante distruzione dei nessi storici e culturali che hanno caratterizzato per lunghi secoli le nostre civiltà.
Come molti altri artisti del suo Paese, Glazunov è interessato alle peculiarità delle culture nazionali, delle lingue e dei percorsi storici..., a partire da quelli della sua terra.
"Tutto ciò che è stato creato fino a noi – osserva Glazunov - e che abbiamo ereditato, è la ricchezza e la diversità della nostra civiltà comune. Da sempre la Russia ha mantenuto la memoria del suo passato, e con questa capacità di rendere viva la propria tradizione il nostro popolo è arrivato ai tragici eventi del XX secolo. Ora, dopo essere sopravvissuti alla rivoluzione, alla guerra, al regime sovietico, stiamo cercando in noi la forza di continuare, ricordando il codice genetico culturale che ci sostiene da secoli. Proprio ora, quando il mondo sta cambiando impetuosamente e noi viviamo in un potente e aggressivo flusso di informazioni. Abbiamo bisogno di preservare i nostri valori originari, che ci hanno sostenuto in ogni momento: sono il perno che ci ha permesso di non perderci, che ha conservato la nostra immagine come popolo. Voglio mostrare ciò che mi è caro della Russia, ciò che io amo. Durante tutta la mia vita, ho raccolto e studiato pezzi di antiquariato russo: ognuno di essi può raccontarci le persone che hanno vissuto secoli fa o più recentemente... Anche questi segni hanno creato l'immagine della Russia che amo, che mi è cara, che è importante per me. Che voglio conservare per i miei figli e condividere con il pubblico".
Per questo progetto tra segni e memoria, caratterizzato da una forte impronta familiare, non poteva esserci sede più adatta dell’antica dimora dei Querini Stampalia. Nata nel 1869, la Fondazione integra gli ambienti della casa museo, le sue preziose raccolte, la ricca biblioteca, con gli spazi di architettura contemporanea, pensati da Scarpa, Pastor, Botta: suggestivo manifesto della sua missione culturale di luogo di frontiera e di confronto, fra custodia del passato e ricerca attenta ai tempi nuovi.
La mostra, curata da Silvia Burini e Giuseppe Barbieri, responsabili del Centro Studi sulle Arti della Russia (CSAR) dell'Università Ca' Foscari Venezia, allinea dipinti, antichi costumi russi di eccezionale fattura e preziosi oggetti di arte popolare che provengono dalla collezione dell'artista.
La combinazione nello stesso spazio di dipinti, costumi e oggetti d'antiquariato, gli uni riflessi negli altri, restituisce, anche attraverso un allestimento non convenzionale e l'impiego di originali devices multimediali, la forza e la bellezza di un passato ancora presente, immergendo lo spettatore nella contemplazione a volte della maestosa intimità dei paesaggi russi oppure in una serie di coinvolgenti ritratti femminili.
Componente rilevante del progetto espositivo, nello sforzo di allestire una speciale partecipazione dello spettatore all'atmosfera della mostra, è la video installazione con riprese d'autore nel Nord della Russia (la regione di Archangel'sk) eseguite dall'artista e da sua moglie, la regista Julija Glazunova. La video installazione presenta una speciale e suggestiva struttura musicale realizzata con la collaborazione di Andrej Kotov, maestro di cappella, uno tra i massimi esperti nel campo dell'antica cultura musicale russa, direttore e maestro del coro dell'ensemble "Sirin"(http://sirin.svyatovo.com).
Il celebre ensemble, con la direzione di Andrej Kotov, caratterizzerà l'esposizione con concerti dal vivo.
La visita all’esposizione temporanea è gratuita.
Catalogo : Terra Ferma
La rinascita della vecchia Russia con la pittura di Ivan Glazunov
Sabato 8 Novembre, 2014 CORRIERE DELLA SERA © RIPRODUZIONE RISERVATA
M emoria del passato di un artista moderno dal cuore antico. Parliamo del pittore moscovita Ivan Glazunov, nelle cui tele ( C’era una volta la Russia ) — circa 60, esposte alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia, assieme a costumi, bauli, porte, finestre, stoffe di antica fattura — rivivono tradizioni e costumi popolari. Nato sicuramente nel XVII secolo (lo si deduce dal ritratto adolescente de Lo zar Michail Fedorovich , capostipite dei Romanov), ma del quale i curatori, Silvia Burini e Giuseppe Barbieri — avendo scoperto che l’artista s’è reincarnato quattro secoli dopo —, hanno spostato la data di nascita al 1969.
Naturalmente, Ivan ha subito tentato di inserirsi nei nostri giorni, entrando a far parte della famiglia del pittore Il’ja Glazunov, rappresentante del realismo socialista che, col tempo, s’era avvicinato ad una pittura visionaria. La moglie, Nina Vinogradova-Benois, era della famiglia di Aleksandr Benois, uno dei fondatori della famosa rivista «Mir iskusstva» («Il mondo dell’arte»).
Ivan ha frequentato istituti statali d’arte, accademie, ha insegnato, collaborato all’arredamento degli interni del Cremlino, affrescato chiese e palazzi; s’è persino sposato ed ha avuto quattro figli. Ma, non potendosi adattare del tutto al XXI secolo («Dove trovare una fonte di ispirazione? Dipingere quadri di carattere sociale su argomenti di attualità? Entrare in una logica commerciale e dedicarsi alle installazioni? Non fa per me»), ha cominciato a guardarsi intorno ed ha deciso di ripercorrere il cammino della sua vita passata.
«Un giorno i miei genitori mi affidarono a uno strano individuo, tale Vasilij Aleksandrovich, non ho mai saputo chi fosse, ma spesso mi ritorna in mente. Viaggiavamo nel gelo sul treno locale, d’inverno, di mattina presto, ancora al buio. Ricordo che Vasilij indossava solo giacca e sciarpa. Un giorno mi condusse nella chiesa dell’Intercessione, nel cimitero Rogozskoe, dei Vecchi Credenti. Al ritorno mi mancarono le forze per raccontare ciò che mi era accaduto. Era come se avessi visto qualcosa che avevo già sognato prima», scrive l’artista.
Ed ecco la chiave della sua pittura: la suggestione di scoperte, ricerche e recupero della tradizione russa. Così decide di andare per paesi e villaggi sperduti, in estinzione, dalle tradizioni secolari, «senza mai sentirsi un turista».
Per mesi viaggia a piedi, «con un enorme zaino sulle spalle». Nella regione di Archangel’sk, si imbatte nel villaggio dove il premio Nobel Iosif Brodskij trascorse gli ultimi due anni della deportazione. Sconvolto dal paesaggio, Glazunov si impossessa degli interni poveri delle case, recupera l’umanità di alcune persone come la contadina Aleksandra Filippovna, che ritrae all’interno della sua usad’ba (costruzione del ‘700-‘800).
Ivan è affascinato dagli abiti e da piccoli gioielli di qualche secolo addietro. Come, ad esempio, da un paio di orecchini del XVII (argento, smalto, corallo e perle), che da soli possono costituire l’unica ricchezza, tramandata, d’una famiglia. Che l’artista fa indossare alla sua modella, seduta su una cassapanca intarsiata, prima di ritrarla. Da qui, una pittura ricca di suggestioni e di «rimandi», in cui spesso l’artigianato diventa uno degli elementi basilari della composizione.
Ivan tornerà a visitare la contadina qualche anno dopo; stavolta con moglie e figli. A Natale, la donna manda loro un biglietto: «Un saluto a voi tutti. Vi scrive la vostra Aleksandra Filippovna. Quest’anno c’è abbondanza di sorbe e pure di ciliege selvatiche». Che l’artista legge nello studio, mentre ascolta la Messa vespertina di Rachmaninov.
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