domenica 16 novembre 2014

Sinistra Carina, Sinistra Tachipirina: tutti insieme per il 3%

di Domenico Coviello - sabato, 15 novembre 2014

Consensi al 38,3%, in calo di 2,5 punti. Balzo della Lega (+1,9%), unico partito in crescita
di Nando Pagnoncelli Corriere 16.11.14

Più largo il solco sinistra Pd-Cgil: la scissione impossibile
di Emilia Patta Il Sole 16.11.14

L'apertura di Matteo Renzi alla minoranza del suo partito sul Jobs act, con la decisione di inserire già nella delega la questione del reintegro per i casi più gravi di licenziamento disciplinare, ha avuto l'effetto politico di depontenziare l'opposizione interna e di allargarne la distanza dalla piazza della Cgil e della Fiom. Basta mettere in fila le reazioni indignate dei vari esponenti della sinistra del Pd – da Roberto Speranza a Guglielmo Epifani a Cesare Damiano – alle pesanti accuse del leader Fiom Maurizio Landini («questo accordo è una presa in giro, serve solo ai parlamentari per conservare il proprio posto») per misurare il solco scavato in poche ore. Al netto delle volgari accuse di voler conservare il posto, in un certo senso Landini ha ragione, perché la delega recepirà un principio che il premier si era impegnato a recepire comunque con i decreti delegati davanti alla direzione del suo partito e davanti al Parlamento tramite le dichiarazioni del suo ministro Giuliano Poletti. Ma rinunciando alla fiducia su un testo blindato Renzi ha dato ai suoi oppositori interni una onorevole via di uscita, lasciando isolati i critici più tenaci come Gianni Cuperlo, Stefano Fassina e Pippo Civati.

Non è certo un caso che lo scontro nel Pd stava per deflagrare proprio sull'articolo 18, il "totem" attorno a cui la sinistra democratica si dilania da circa un ventennio. Val la pena ricordare che il libro Il mercato e il lavoro del giuslavorista e già parlamentare del Pci (quindi non un pericoloso esponente della destra radicale) Pietro Ichino – libro che per la prima volta introdusse in Italia il dibattito sulla flexsecurity e che fu molto apprezzato dall'allora leader del Pds Massimo D'Alema – è uscito non qualche settimana fa ma nel 1996, quasi vent'anni fa. La leadership di Renzi, la prima post-ideologica, ha fatto venire il nodo al pettine, e la decisione è stata scioglierlo in senso riformista. Questo è un bene per il Pd e per il Paese, e forse ci si arriva troppo tardi. Ma Bersani coglie nel segno quando, ribadendo che a suo avviso è stato un errore riparlare di articolo 18, nota che «è complicato rimettere il dentifricio dentro il tubetto». La scelta di riformare il mercato del lavoro è una di quelle scelte che vanno nella direzione di modernizzare il Paese, e appare irreversibile. Così come irreversibile, e comunque al momento vincente, sembra essere il processo avviato da Renzi di trasformare il vecchio Pd in un moderno "partito della Nazione" rappresentativo di interessi sociali trasversali.
Alla parte più corposa della minoranza interna non resta che percorrere la strada dell'opposizione dentro il Pd per far valere e dare rappresentanza ai principi della sinistra («il Pd è casa nostra sul serio, non lasciamo andare via la gente», ha detto ieri Bersani). Certo, i toni talvolta acrimoniosi contro Renzi usati dai vecchi leader (lo stesso Bersani, e soprattutto D'Alema) sono anche frutto del dato oggettivo che per la prima volta la componente ex diessina del Pd si ritrova in netta minoranza nel partito dopo averlo gestito direttamente o indirettamente dalla sua fondazione. Ma i vecchi leader sanno che almeno dal 2008, quando Walter Veltroni impose la scelta maggioritaria costringendo anche il centrodestra ad unirsi nel Pdl, non c'è più spazio in Italia per una sinistra radicale di tipo tradizionale che superi le piccole percentuali del 3-4%. Una scissione importante, insomma, non è alle viste. Ciò non toglie che la soglia del 3% prevista dall'ultima versione dell'Italicum potrà favorire qualche fuoriuscita al momento delle elezioni politiche (molti pensano a Fassina e a Civati, non a caso molto corteggiati in questi giorni dal leader di Sel Nichi Vendola). Ma si tratta di fuoriuscite che il premier e segretario del Pd ha già messo ampiamente nel conto.

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