sabato 8 novembre 2014

Un mondo nel quale Sharon può diventare il protagonista pacifista di un romanzo


Breaking NewsFrank Schatzing: Breaking News, Editrice Nord

Risvolto
Afghanistan, 2008. È l'occasione della sua vita, lo scoop che lo farà entrare nell’empireo dei giornalisti d’inchiesta: essere testimone diretto del blitz che dovrebbe portare alla liberazione di tre occidentali sequestrati dai talebani. È un azzardo, eppure Tom Hagen deve scommettere. E perderà.
Tel Aviv, 14 maggio 1948. Quando David Ben Gurion annuncia la nascita dello Stato d'Israele, per Yehuda Khan e Arik Scheinerman è un sogno che si realizza. Giovani, istruiti e ambiziosi, non vedono l'ora di mettersi al servizio del loro Paese. Yehuda, che studia agraria, vuole rendere fertile il deserto; invece Arik pensa alla carriera militare e, chissà, magari anche a quella politica: un giorno, Israele avrà bisogno di un leader forte e carismatico che possa realizzare un altro sogno. La pace.
Tel Aviv, 2011. Da quella maledetta notte di tre anni prima, da quel blitz che, per colpa sua, era finito in tragedia, Tom Hagen si sente un fallito, come uomo e come giornalista. Finché non si materializza davanti a lui una preziosa, forse unica, occasione di riscatto: la possibilità di pubblicare un dossier sulle attività illegali del governo israeliano. Hagen sa che quel dossier è come un fiammifero gettato nella polveriera del Medio Oriente. Ma non può immaginare la violenza dell’esplosione che lo travolge: nel giro di poche ore, si ritrova solo, in fuga, braccato da spie e assassini. E mentre ogni luogo diventa una trappola e ogni passo rischia di farlo cadere nell’abisso, capisce che la verità – tutta la verità – si nasconde nel passato di due famiglie che hanno attraversato la storia d’Israele. Perché nel passato è già scritto il presente e, forse, il futuro del mondo intero.
Acclamato dalla critica come il capolavoro di Frank Schätzing, Breaking News unisce slancio epico e avventure mozzafiato, decisioni epocali e sacrifici quotidiani, la disperata ricerca della normalità e la costante maledizione della guerra. Parla di ieri, di oggi, di domani. Parla di tutti noi, dei segni che lasciamo nel mondo. E, dopo averlo letto, non guarderete più la Storia con gli stessi occhi.

Il falso scoop su Sharon si rivela un complotto veroNella finzione il premier è messo fuori gioco da fanatici ultrasionisti

di Ranieri Polese Corriere 8.11.14
COLONIA Seduto al Wippn’bk Kafé sullo Ubierring, un viale alberato nella parte sud di Colonia («uno dei pochi quartieri risparmiati dalle bombe, che invece rasero al suolo il centro lasciando in piedi miracolosamente solo la Cattedrale»), Frank Schätzing racconta come gli venne l’idea di questo Breaking News , pubblicato in Germania a marzo e subito in testa alle classifiche (il libro esce in questi giorni in Italia, da Nord). 

«Era il 2011, facevo il breakfast con degli amici proprio in questo caffè. Si parlava della crisi infinita del Medio Oriente. Qualcuno domandò chi poteva risolverla. L’unico in grado di chiudere il conflitto, risposi, avrebbe potuto essere Ariel Sharon. Se l’emorragia cerebrale del gennaio 2006 non l’avesse fermato, avrebbe vinto le elezioni a cui si presentava con il progetto del ritiro degli insediamenti di coloni israeliani in Cisgiordania. L’aveva già fatto nella Striscia di Gaza, attirandosi l’odio della destra conservatrice. Se non fosse caduto in un coma irreversibile, la storia del Medio Oriente oggi sarebbe diversa. Da qui, passai a immaginarmi un complotto: un gruppo di fanatici ultrasionisti, con l’aiuto di farmaci letali, riescono a mettere fuori gioco Sharon. Un’ipotesi plausibile, ma senza prove: io comunque non volevo scrivere un saggio storico. Volevo fare un thriller». 
Cinquantasette anni, bestseller mondiale nel 2004 con l’eco-thriller Der Schwarm ( Lo sciame , in Italia Il quinto giorno : oltre cinque milioni di copie, tradotto in 27 lingue), Frank Schätzing scrive da vent’anni. Prima aveva creato e diretto un’agenzia di pubblicità, Intevi («ne sono uscito nel 2003»). Ma già il primo romanzo, un thriller medievale, Il diavolo nella cattedrale , riscuote un discreto successo. Segue nel 2000 Silenzio assoluto , dal Medioevo si passa a una riunione del G8 ai tempi nostri, con un ex terrorista dell’Ira che prepara un attentato («mi piace saltare da un’epoca all’altra, da un luogo all’altro»). Poi, dopo Il quinto giorno , un altro intrigo internazionale: Limit , la sfida mortale in un futuro vicino per la conquista di nuove risorse energetiche. E ora eccoci al Medio Oriente. Per documentarsi Schätzing ha passato alcune settimane in Israele, ha visitato la Cisgiordania («la città vecchia di Nablus è meravigliosa, una meta ideale per turisti: ma non c’è nessuno») e attraversato in un senso e nell’altro il muro di divisione, la «barriera» fra Cisgiordania e Israele. 
Che effetto ha fatto a lei tedesco vedere un altro muro? 
«Ho avuto una sensazione spiacevole, un’impressione sinistra. Ero stato più volte a Berlino prima dell’89. Ma lì, per vedere il Muro, si doveva andare proprio vicino. Il muro di Israele è lunghissimo, lo si vede da tutte le parti». 
Come ha usato nel romanzo l’idea del complotto? 
«Immaginando un giornalista tedesco, Thomas Hagen, che va a caccia di scoop. Deve rifarsi nome e credibilità dopo una missione disastrosa in Afghanistan. Indaga, in Israele, sulle attività occulte dei servizi segreti: un altro fallimento. Allora s’inventa la notizia esplosiva: Sharon, in coma dal gennaio 2006, è stato vittima di un’azione combinata per farlo fuori. Scoprirà, poi, che quella storia è vera, ma scoprirà anche di essere braccato dal gruppo di terroristi nemici di Sharon che lo vogliono eliminare». 
Ma nel romanzo c’è anche una parte storica, la vita di Sharon. 
«È una storia molto romanzata, con molti personaggi di fiction, come i gemelli Ben e Yehuda Khan, cresciuti insieme a Sharon — che allora si chiamava Arik Scheinerman — nella cooperativa agricola di Kfar Malal. Con la fondazione dello Stato di Israele e la guerra del 1948, le loro vite si dividono: Sharon si arruola nell’esercito, Ben diventa un rabbino ultraortodosso, Yehuda è un agronomo che sperimenta nuovi sistemi di irrigazione. Mi affascina il personaggio controverso di Sharon, che dopo la Guerra dei Sei giorni favorisce gli insediamenti di coloni israeliani nei territori occupati. Poi, invece, da primo ministro, imporrà lo sgombero dei coloni da Gaza. È il vincitore della Guerra del Kippur, 1973, ma è anche il ministro della Difesa durante la Guerra del Libano, 1982, quando milizie cristiane massacrarono i palestinesi nei campi di Sabra e Shatila senza che l’esercito israeliano intervenisse. È ancora lui che decide di fare la fatale passeggiata sulla Spianata delle moschee nel settembre 2000». 
Chi è stato davvero Sharon? 
«Profondamente laico grazie all’educazione della famiglia arrivata in Palestina dalla Russia negli Anni 20, Sharon non aveva simpatie per gli ultrareligiosi. E non osservava molti dei divieti alimentari. Il suo scopo, sempre, è stato quello di difendere l’esistenza di Israele. Da politico pragmatico, alla fine, comprende che per risolvere il conflitto con i palestinesi e il mondo arabo occorre una politica di appeasement. E decide lo sgombero degli insediamenti. Poi, l’emorragia cerebrale chiuderà la sua carriera». 
In Israele, Breaking News è stato acquistato? 
«So dal mio agente che è stato proposto a vari editori, ma nessuno l’ha comprato». 
Dal romanzo dovrebbe essere tratto un film? 
«Nico Hoffman di Ufa Fiction ha acquistato i diritti. È un produttore di successo, negli anni ha realizzato importanti serie tv, come Medicus dal romanzo di Noah Gordon e Unsere Väter, unsere Mütter , ragazzi e ragazze tedeschi durante la guerra. Ha prodotto il film sui movimenti neonazisti a Rostock, dopo l’unificazione, Wir sind jung, wir sind stark , passato al Festival di Roma ». 
E “Der Schwarm”? Anni fa, sembrava che Hollywood lo volesse a ogni costo. 
«L’avventura hollywoodiana fu disastrosa. Molti erano entusiasti del romanzo, come l’attrice Uma Thurman. Purtroppo, il libro quando uscì fu un flop terribile. Era stato acquistato da Harper Collins per la consociata Regan Books. Ma l’editor Judith Regan volle realizzare un libro (e un programma tv) con una lunga intervista-confessione a O.J. Simpson. Rupert Murdoch, padrone del complesso editoriale, si arrabbiò; la Regan fu licenziata. Il mio libro uscì senza promozioni, senza nessuno che se ne occupasse. E Hollywood lasciò perdere. Ma alla fine qualcosa si è mosso, fortunatamente. Un nuovo team di produttori europei ha ripreso i diritti. Si conosce già il nome del regista, Tom Tykwer ( Lola rennt , Il profumo , Cloud Atlas ). Uscita prevista, fine 2015». 
«Ora più che mai servono inviati nelle zone calde»
In «Breaking News» lo scrittore tedesco affronta il ginepraio mediorientale e immagina Sharon ucciso dagli estremisti12 nov 2014  Libero ALBERTO PEZZINI
Con Il Diavolo nella cattedrale ha vinto il premio Bancarella nel 2007. In Germania aveva fatto furore ancor prima con Il
Lo scrittore tedesco Frank Schätzing (1957) . Con «Il diavolo nella cattedrale» ha vinto il Bancarella nel 2007 romanzo fantascientifico in cui ipotizzava la rivolta del mare contro l’uomo. È Frank Schaetzing, vive a Colonia e sembra un cantante rock, in patria, dove ha fondato un'importante agenzia pubblicitaria e l’etichetta musicale Sounds Fiction, è una superstar. Ora è uscito il suo ultimo gigantesco libro, Breaking News ( Nord, pp. 1022, euro 22), con protagonista il giornalista Tom Hagen che cerca di riscattare vita e carriera. Ha causato la morte di alcune persone nel 2008 in Afghanistan, quando pensava di ottenere un grande scoop. Nel 2011 riceve un dossier segreto che gli potrebbe consentire un colpo sensazionale: dimostrare che Ariel Sharon è stato ucciso.
Sharon, considerato un assassino dai Palestinesi, è praticamente il coprotagonista del suo romanzo. Non pensa di averne scritto una sorta di agiografia e, nel caso, non ha qualche rimpianto?
«Assolutamente no. Sharon resta il nucleo dell’intera storia. Tutto è cominciato qualche anno fa: ebbi modo di intrattenere una conversazione con amici sul conflitto in Medioriente e su chi sarebbe stato in grado di trovare una soluzione. Io dissi che l’ultimo uomo avrebbe potuto essere Sharon. È possibile che abbia voluto restituire ai Palestinesi la Palestina, ma rimase colpito da un fatale ictus. Il mio pensiero fu: non è stata solo un’emorragia. Che cosa sarebbe successo se i radicali avessero tentato di eliminarlo? Così è cominciata la storia e non è una celebrazione di Sharon. Aveva lati oscuri. Se uno legge il buio capitolo di Sabra e Shatila, comprende subito che non ho scritto un’agiografia. Da un altro punto di vista, ho evitato di demonizzarlo. Nei fatti va detto che Sharon è stato un personaggio importante».
Sharon era stratega brillante, e militare imprevedibile. Ben Gurion lo apprezzava moltissimo anche se - disse - il suo difetto era che non diceva mai la verità. Lei pensa che sia stato più abile come militare o come politico? È stato davvero responsabile dei crimini che gli vengono attribuiti?
«Per alcuni sì, mentre per molti altri è stato un capro espiatorio. Come generale ha ricoperto un ruolo essenziale. Specialmente durante la guerra dello Jom Kippur. Ma la sua influenza maggiore è stata senza dubbio come politico, avendo deciso l’assetto definitivo dei territori occupati. Puoi amarlo, oppure odiarlo. Ma è stato l’ultimo uomo forte di Israele e ha tentato di porre fine alla crisi».
Ha mai pensato che il protagonista del suo romanzo potesse assomigliare al Robert Redford di Spy Game?
«No. Se dovessi immaginare un viso cinematografico, penserei piuttosto a un Jason Statham».
James Patterson ha raccontato questa storia: sono seduti a un ristorante lui, Clint Eastwood e Morgan Freeman. Un signore si avvicina e chiede a Patterson un autografo. Clint corruga un sopracciglio: «Bisogna proprio che mi decida a girare un film importante». Lei crede davvero che la scrittura sia la più nobile delle arti?
«È una storiella carina. Io avrei chiesto un autografo a Eastwood. Comunque, penso che l’arte più nobile sia raccontare una storia in modo da colpire le persone».
Quante volte le è capitato di usare la sua videocamera per raccogliere il materiale per i suoi libri?
«Non l’ho mai spenta nei miei viaggi in Israele e Cisgiordania. Ho filmato ore e ore. C’erano così tante impressioni che mi colpivano, ed era impossibile ricordarle tutte. La mia telecamera è stata fondamentale per le descrizioni locali».
Il suo romanzo è Breaking News. Quanto contano per lei gli inviati in un mondo dominato da Internet?
«Resto persuaso che nulla sia più autentico del mondo reale. Dobbiamo continuare a inviare giornalisti nelle zone di crisi. Più di prima».      

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