lunedì 8 dicembre 2014
Teoria dell'inflazione contro teoria del Big Bang
Max Tegmark: L'universo matematico. La ricerca della natura ultima della realtà, Bollati Boringhieri, Torino, pagg. 458 € 32,00
Fisica teorica Sembra folle? Ma è la realtà
La
teoria dell'inflazione eterna dell'universo dice che lo spazio è
infinito, popolato da una infinità di galassie e che il Big Bang non è
stato l'inizio di tutto
di Umberto Bottazzini Il Sole 7.12.14
Che cosa è
la realtà? si chiede Max Tegmark in apertura di questo libro. È uno dei
grandi interrogativi che si sono posti pensatori di ogni epoca, e lo
spettro delle risposte è quanto mai ampio e affascinante. Tegmark non
sta a discuterle, si limita ad una sommaria lista. È un fisico teorico
che, dopo un periodo trascorso al Max-Planck-Institut di Monaco e
all'Institute for Advanced Study di Princeton, dal 2004 insegna al Mit, e
la sua è la risposta di un fisico: «la fisica moderna ha chiarito fin
troppo bene che la natura fondamentale della realtà non è quella che
sembra». Da qui discende un grappolo di domande sempre più impegnative:
se la realtà non è quella che credevamo, cos'è allora? Quali i
costituenti ultimi di ogni cosa? Come funziona il tutto e perché? Quale
ne è il senso, ammesso che ve ne sia uno? Prima di rispondere, Tegmark
ci anticipa la sua convinzione, che non esita a definire «a prima vista
folle» e cioè che «il mondo fisico non sia solamente descritto dalla
matematica, ma che sia matematica». Insomma, «un gigantesco oggetto
matematico di cui noi siamo elementi consapevoli». E per motivare questa
convinzione, che porta ad ipotizzare una nuova famiglia di universi
paralleli al nostro, ci invita a seguirlo in un lungo percorso
intellettuale che coniuga i tratti dell'autobiografia con la storia
delle recenti conquiste della cosmologia e l'astrofisica in pagine di
agevole lettura e grande fascino. «Mi ritengo molto fortunato a poter
passare gran parte del mio tempo a riflettere su domande interessanti»,
dice Tegmark del suo lavoro.
Domande come quella che gli ha posto un
compagno di asilo di suo figlio: Lo spazio non finisce mai? «Questo
ragazzino di cinque anni – confessa Tegmark – mi ha chiesto qualcosa cui
non so rispondere!». E in verità, egli continua, nessuno conosce la
risposta. È una domanda che a sua volta ne genera numerose altre,
attorno alle quali gravita tutta la prima parte del libro. Per
cominciare: quanto è grande lo spazio? Nel corso del tempo l'espansione
del nostro orizzonte conoscitivo è cresciuta in maniera spettacolare:
oggi sappiamo che lo spazio è almeno un miliardo di trilioni (ossia
1021) volte più grande di quello che immaginavano i
cacciatori-raccoglitori della preistoria. Nel 1925 l'astronomo americano
Edwin Hubble in una conferenza lasciò il pubblico a bocca aperta con
l'affermazione che la galassia di Andromeda distava circa un milione di
anni luce: ma come nel passato Aristarco e Copernico anch'egli si
sbagliava per difetto, e in seguito altri astronomi hanno espanso i
nostri orizzonti fino a miliardi di anni luce e oltre. Dal punto di
vista matematico, la geometria di Euclide consente di descrivere
rigorosamente uno spazio infinito. Ma, dopo la scoperta di geometrie non
euclidee, per sapere in quale spazio viviamo la pura logica non basta.
«Una delle idee più belle della teoria einsteiniana della gravitazione –
sostiene Tegmark – è che la geometria non è solo matematica: è anche
fisica». Infatti, le equazioni di Einstein spiegano la gravità come "una
manifestazione della geometria". Nella teoria di Einstein lo spazio può
essere finito in quanto curvo: in uno spazio del genere, dice Tegmark,
«procedendo con una certa velocità e per un tempo sufficiente, finireste
per tornare a casa dalla direzione opposta a quella di partenza». Lo
stesso Einstein si rese conto che un universo infinito, statico e con
una distribuzione uniforme di massa non obbediva alle sue equazioni
della gravità e, con quello che definì il suo più grande errore, vi
aggiunse un termine supplementare per fare in modo che l'universo fosse
statico ed eterno (e invece oggi invece sembra necessario per descrivere
l'energia oscura.
Fu il fisico russo Alexander Friedman nel 1922 a
rendersi conto che la gran parte delle soluzioni delle equazioni di
Einstein non erano statiche, e che la situazione più naturale era quella
di un universo in espansione o in contrazione: Friedmann mostrò che per
un universo in espansione c'era un istante in cui tutto era concentrato
in un punto di densità infinita: «era nato il Big Bang» dice Tegmark
ma, per ironia, la risposta della comunità dei cosmologi fu «un silenzio
assordante». Lo stesso che accolse cinque anni dopo il lavoro di
Georges Lemaître che riottenne i risultati di Friedmann. Dalla teoria
del Big Bang di Gamow del 1946, alla scoperta della radiazione cosmica
di fondo da parte di Arno Penzias e Robert Wilson, ai più recenti
risultati sperimentali collegati ad essa, Tegmark ripercorre le tappe
che hanno portato la frontiera delle nostre conoscenze all'indietro nel
tempo da 13,8 miliardi (l'età dell'Universo) fino a circa 400.000 anni
dopo il Big Bang. Restano numerosi misteri, dei quali forse il più
clamoroso da spiegare è che la materia conosciuta dell'Universo occupa
solo il 4% e la restante si divide tra energia oscura (il 70%) e materia
oscura. "Oscura" nel senso che non si sa cosa sia. Un altro mistero è
legato alla teoria del Big Bang: misure estremamente precise dicono che
lo spazio è piatto, ma nel modello di Friedmann si tratta di una
situazione estremamente instabile e appare misterioso come abbia potuto
l'Universo durare così a lungo senza incurvarsi verso un Big Crunch (un
Big Bang al contrario) o espandersi verso un Grande Freddo. Una risposta
è venuta dalla teoria dell'inflazione eterna, secondo cui il Big Bang
non è stato l'inizio di tutto, ma solo «la fine dell'inflazione nella
nostra parte di spazio». La teoria dell'inflazione eterna risponde anche
alla domanda del bambino: lo spazio è infinito, popolato da un'infinità
di galassie e «si è sviluppato a partire da condizioni iniziali
generate a caso dalle fluttuazioni quantistiche». Da questo punto si
entra nel «regno del controverso», ammette Tegmark, quello dei
multiversi paralleli, frutto della previsione di una teoria come quella
dell'inflazione. Avventurarsi in quegli universi significa esplorare
multiversi in una gerarchia di livelli di crescente diversità: il
livello I (le regioni di spazio distanti e non osservabili), il livello
II (le regioni post-inflazionarie), il livello III («altrove nello
spazio di Hilbert quantistico») e infine il livello IV, un multiverso in
cui «tutte le strutture che esistono in senso matematico esistono anche
in senso fisico». E quest'ultima è la convinzione profonda di Tegmark, e
in 300 pagine prova a convincerci che non è "folle" come sembra a prima
vista.
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