Risvolto
»Soziale Freiheit ist die eigentliche Idee des Sozialismus.«
Die Idee des Sozialismus, die der Empörung über die kapitalistischen Lebensbedingungen für mehr als 150 Jahre normativen Halt und geschichtliche Orientierung gegeben hat, scheint heute jegliche Zugkraft verloren zu haben. Trotz eines wachsenden Unbehagens lässt sich gegenwärtig jedenfalls kaum jemand dazu hinreißen, in ihrem Namen noch einmal Vorstellungen einer Lebensform jenseits des Kapitalismus zu entwerfen. Wie ist das rapide Veralten dieser einst so faszinierenden Idee zu erklären? Und was müssen wir tun, wenn wir sie für unsere Zeit retten wollen?
Die Idee des Sozialismus hat ihren Glanz verloren, so Axel Honneth in seinem luziden politisch-philosophischen Essay, weil in ihr theoretische Hintergrundannahmen am Werk sind, die aus der Zeit des Industrialismus stammen, nun aber, im 21. Jahrhundert, keinerlei Überzeugungskraft mehr besitzen. Sie müssen ersetzt werden, und zwar durch Bestimmungen von Geschichte und Gesellschaft, die unserem heutigen Erfahrungsstand angemessen sind. Nur wenn das gelingt, kann das Vertrauen in ein Projekt zurückgewonnen werden, das nach wie vor zeitgemäß ist und auch einschließt, die Wirtschaft nach Maßgabe einer solidarisch verstandenen Freiheit zu gestalten.
Honneth: ripensare il socialismo
Francesca Rigotti Domenicale 15 11 2015
Axel Honneth, filosofo politico e direttore dell’Istituto per la ricerca sociale di Francoforte, noto soprattutto per la sua teoria del riconoscimento, ritiene venuto il momento per ripensare il socialismo e riproporlo in una nuova versione adatta ai tempi: le sue assunzioni di base, nate all’epoca dell’industrializzazione, hanno perduto di smalto e forza di persuasione e necessitano di una revisione adeguata. Questo il progetto di Honneth, che tra l’altro è presidente della Società Hegeliana Internazionale e che quest’anno ha vinto il prestigioso premio Ernst Bloch (al suo maestro Jürgen Habermas, 86 anni, è andato invece, a metà con Charles Taylor, 83, il ben più lucrativo premio Kluge della Biblioteca del Congresso di Washington, detto il Nobel per la filosofia).
Nota Honneth che le società in cui viviamo sono caratterizzate da uno iato profondo. Da una parte il disagio, diffuso come mai dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, per le condizioni socioeconomiche, disparità di reddito, disoccupazione; dall’altra, la mancanza di elaborazioni critiche di direzioni di senso, come se fosse venuta meno la capacità di andare oltre l’esistente e immaginare condizioni sociali che superino il capitalismo. Sono scomparse le utopie, s’è persa la capacità di immaginare alternative mirate a ottenere più giustizia, più democrazia, maggiore solidarietà. Dove trovarle? Con uno sguardo all’indietro, anzi con una paradossale «andata al passato» più che un «ritorno al futuro»: al socialismo delle origini, di Owen, Fourier, Proudhon e ovviamente Marx. Partire di qui per comprendere i motivi della perdita di appeal del socialismo e per individuare le trasformazioni concettuali da intraprendere affinché l’idea ritorni ad essere vincente e capace di fornire orientamento etico-politico, compito che oggi si sono ripreso le religioni.
Il socialismo, nato come pensiero critico del nuovo ordine sociale dell’industrializzazione capitalista, si diede come compito di realizzare i principi teorici della rivoluzione francese, libertà, eguaglianza, fraternità anche se dovette ben presto rendersi conto della difficoltà di conciliare l’individualismo della libertà coi tratti intersoggettivi degli altri principi. E se la reazione fu quella di sottovalutare il peso della libertà, il punto di Honneth è proprio quello di enucleare una libertà individuale che si concili e si completi con eguaglianza e fraternità/solidarietà dando luogo alla «libertà sociale». È stato il primato dell’economico che ha portato a dare poco o nullo rilievo all’autonomia dell’individuo e ai diritti e al processo politico democratico, a imporre la pretesa che fosse il proletariato rivoluzionario l’unica espressione critica al capitalismo. Honneth ritiene che vada superato il collegamento istituito da Marx tra economia di mercato e capitalismo, come va separata l’idea di socialismo politico da quella di pianificazione. Trovare spazi alternativi e solidali per il mercato che lo sciolgano dall’abbraccio mortifero col capitale, ecco il compito diretto a contrastare la visione ufficiale degli economisti che dalle loro cattedre si premurano di giustificare il mercato capitalistico presentandolo come l’unico mezzo efficiente per coordinare l’operato economico, a condizioni di crescita demografica e corrispondente aumento dei bisogni.
Insomma la riduzione all’economico ha mostrato l’incapacità di trovare un accesso produttivo all’idea della democrazia politica e ha cancellato le esigenze di altre sfere, in particolare quelle dei rapporti personali da una parte e della costruzione della volontà democratica dall’altra. Ecco perchè un socialismo rinnovato e postmarxista dovrebbe – conclude Honneth – rivolgersi alle sfere ignorate dal centrismo economico per elaborare una società del futuro non orientata dal basso, ovvero da onnideterminanti rapporti di produzione, ma immaginata come un tutto organico di sfere funzionali intersoggettive, indipendenti tra loro ma dirette insieme a uno scopo comune, dove la libertà individuale fiorisca non a scapito della solidarietà ma grazie al suo aiuto.
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