giovedì 3 dicembre 2015

Era tanto che non si parlava del papiro di Artemidoro, se ne sentiva il bisogno

Papiro di Artemidoro, s’indaga per ricettazione 
3 dic 2015  Corriere della Sera Di Marco Bardesono © RIPRODUZIONE RISERVATA 
Quelle carte, ingiallite come papiri e chiuse in un cassetto dal 2004, hanno suscitato la curiosità del nuovo procuratore di Torino Armando Spataro, che ha avocato a sé un’inchiesta ormai prossima all’archiviazione. Nel faldone, non particolarmente voluminoso, il magistrato ha trovato fotocopie, un misterioso esposto, ritagli di giornali, fotografie di ben altro papiro: quello di Artemidoro. 
Se il dibattito accademico sulla sua autenticità dura da più di dieci anni e vede gli studiosi divisi, Spataro non sembra voler interferire sul tema, ma vuol vederci chiaro sul lungo viaggio (dall’Egitto a Torino) della pergamena e sulle procedure d’acquisto. 
Il papiro era stato comprato dalla Fondazione per l’arte della Compagnia di San Paolo al prezzo di due milioni e 750 mila euro. Qualche ombra sul venditore, Serop Simonian, un abile mercante d’arte tedesco di origine armena, coinvolto in passato in una vicenda di falsi d’autore rifilati al museo di Hildesheim in Sassonia. 
Se allo stato dei fatti non si ipotizzano truffa e falso, reati ampiamente prescritti, l’ipotesi su cui indaga la Procura sarebbe, tanto per cominciare, la ricettazione. In queste settimane in Procura sono sfilati, per essere interrogati come testimoni, dirigenti della Fondazione, come Marco Demarie (responsabile dell’Area filantropica) e il direttore del Museo Egizio Christian Greco. Sarebbe emerso che il discusso rotolo sarebbe stato acquistato per 2.500.000 euro e che i restanti 250 mila sarebbero stati il prezzo pattuito con il mercante armeno per altri 30 papiri che oggi si troverebbero presso i laboratori dell’Università di Milano nella disponibilità, per motivi di studio, del professor Claudio Gallazzi. 
C’è da ricordare, infine, che il papiro di Artemidoro non è mai stato esposto all’Egizio di Torino, museo per il quale era stato acquistato, per i dubbi manifestati sulla sua autenticità dai direttori che si sono succeduti e che hanno abbracciato la tesi sostenuta dal filologo Luciano Canfora, per cui quel papiro è un falso prodotto nell’Ottocento.

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