Tutto
ciò è troppo divertente. È come il circo di provincia, dove c è sempre
lo stesso spettacolo da 30 anni, con il domatore che ha messo la panza,
il leone sdentato, la donna cannolo e i pagliacci che fanno finta di
litigare. Però non si paga nemmeno il biglietto.
Bisogna dirlo una volta per tutte: è un bene che questi qua non contino più un cazzo. Quando hanno pensato di contare qualcosa, hanno fatto danni che stiamo ancora a leccarci le ferite. Soprattutto coloro che hanno pensato che ci fossero le condizioni per un governo delle sinistre, oggi dovrebbero il pudore di tacere e disporsi a una serena vecchiaia.
Ci vorranno molti morti prima che la sinistra si ricomponga in Italia. Almeno due o tre generazioni, compresa la mia [SGA].
Fratoianni: «Per noi il processo costituente va avanti»
«Sbaglia chi vuole mantere le vecchie organizzazioni, serve un'innovazione soprattutto per quelli che non hanno tessere» «Ci daremo appuntamento con chi condivide un percorso che rompa col passato, innovativo, largo, aperto al confronto con tutti»Bisogna dirlo una volta per tutte: è un bene che questi qua non contino più un cazzo. Quando hanno pensato di contare qualcosa, hanno fatto danni che stiamo ancora a leccarci le ferite. Soprattutto coloro che hanno pensato che ci fossero le condizioni per un governo delle sinistre, oggi dovrebbero il pudore di tacere e disporsi a una serena vecchiaia.
Ci vorranno molti morti prima che la sinistra si ricomponga in Italia. Almeno due o tre generazioni, compresa la mia [SGA].
Fratoianni: «Per noi il processo costituente va avanti»
di Daniela Preziosi il manifesto 12.12.15
«Dobbiamo prendere atto che ci sono punti di vista diversi su quello che
dobbiamo costruire. Io, con altri, penso sia necessario dare vita a una
forza politica capace di rompere con quello che c’è, di costruire
un’innovazione radicale, di mettere in discussione non solo i consumati
contenitori esistenti, ma anche le consumatissime identità». Nicola
Fratoianni, coordinatore di Sel è uno dei ’mediatori’ che in questi mesi
hanno discusso del soggetto unitario a sinistra. Un processo che ieri
ha avuto una battuta d’arresto. La ragione, tagliando grossa la
questione, è che Sel chiede di sciogliere i partiti nella nuova
creatura. Il Prc non intende farlo. Naturalmente Fratoianni difende il
suo punto di vista: «C’è bisogno di andare in mare aperto, e lo faremo
insieme a tutti quelli che condividono questa prospettiva».
In sostanza voi volete rottamare i partiti di provenienza?
Non accuso nessuno di proporre surrogati o federazioni, anzi riconosco
lo sforzo di tutti. Ma ho l’impressione che conservare le organizzazioni
rischia di non metterci nella condizione di costruire un processo
attraente e attrattivo per i tantissimi che una tessera non ce l’hanno.
Che invece sono il principale punto di riferimento a cui dovremmo
guardare. Anche per questo sarebbe sbagliato tradurre la nascita di
Sinistra italiana, il nuovo gruppo parlamentare, in un nuovo soggetto:
c’è bisogno di una cosa più larga, più ricca, ma per farla c’è bisogno
che tutti mettano in discussione fino in fondo la propria appartenenza.
La differenza di modello organizzativo non nasconde differenze politiche
più profonde e antiche? Prendiamo il caso di Milano: Sel sta decidendo
se partecipare o meno alle primarie di centrosinistra, per altri
l’opzione è neanche in discussione.
Le differenze ci sono, ma non vedo perché dovrebbero spaventarci. Darsi
un partito significa dotarsi di un’analisi teorica, una lettura,
un’identità. Le amministrative sono il terreno di un’articolazione
possibile, ma il partito che dobbiamo costruire non deve fare delle
amministrative il suo primo test. Dovunque è possibile lavorare a
percorsi unitari, soprattutto in rapporto con percorsi civici, lo
faremo.
Perché non volete dare tempo per sciogliere il proprio partito a chi lo chiede?
Nessuno ha chiesto tempo, per alcuni sciogliersi è sbagliato. E io
considero questa scelta al di sotto di quello di cui abbiamo bisogno.
Rispetto tutti e non metto voti, ma non mi sembra quello che ci viene
chiesto. Oggi ci viene chiesto un salto, un’ambizione. Siamo dentro un
cambiamento enorme che riguarda il mondo e dobbiamo mettere in
discussione un apparato che è molto più della forma organizzata, ha a
che fare con l’apparato teorico, con la proposta politica. Per farlo è
necessario mettersi dentro questo percorso tutti nella stessa
condizione, una testa un voto. Garantendo a tutti quelli che non
appartengono a nessuna organizzazione di poterci stare da protagonisti.
In Europa ci sono fronti di sinistra che consentono di mantenere in vita i partiti di provenienza.
Ci sono molti modelli, noi ne proponiamo uno. Noi di Sel abbiamo avviato
un processo di scioglimento, con un atto politico sul terreno
parlamentare. Ed è un processo che di fatto abbiamo avviato anche nella
nostra organizzazione. Naturalmente il modello organizzativo non è
tutto, conta l’idea che c’è dietro: in Italia riproporre quello che
abbiamo visto tante volte, e cioè la somma delle debolezze di ciascuno,
non serve. Si rischia una coazione a ripetere, condannata
all’inefficacia.
Andrete comunque avanti?
Certo, è necessario mettere in campo comunque un processo costituente
aperto, innovativo largo. Da subito: con tutti quelli che condividono
questa necessità, sapendo che è aperto e pronto a confrontarsi con
tutti. Pippo Civati, oggi ha scelto di costruire Possibile, resta un
interlocutore. Chiunque anche abbia un’altra idea, resta un
interlocutore. Con questa premessa, e il massimo dell’apertura,
affrontiamo la stagione referendaria su cui sta ragionando la Cgil. Ci
sarà poi un referendum decisivo contro la pessima riforma
costituzionale.
Pisapia, Doria, Zedda e anche Laura Boldrini vi chiedono di riaprire la stagione del centrosinistra.
Il centrosinistta che abbiamo conosciuto è stato il terreno di un
impegno non solo di un pezzo della politica ma di una parte del paese.
Oggi non c’è più, cancellato dalle politiche di Renzi. Senza un’analisi e
un giudizio di queste politiche evocare il centrosinistra è un
esercizio di nostalgia. Evocarlo per la paura delle destre non funziona:
rischia di non farci vedere qual è la ragione dell’avanzata delle
destre neofasciste e populiste. Che è tutta dentro il fallimento delle
sinistre di governo e della loro incapacità di rispondere alla crescita
della disuguaglianza. Per questo il nuovo soggetto deve collocarsi in
uno spazio chiaro di alternativa.
Che farete a Milano?
Difendo il laboratorio di Pisapia, ma quel laboratorio sta diventando il
terreno di conquista del partito della nazione. Colpisce che Giuseppe
Sala dica che le primarie non debbono essere un rodeo. Le primarie solo
il terreno di un confronto politico su un’idea di città. E forse qui c’è
il cuore del problema: la città non è un consiglio di amministrazione.
Frena il ’soggetto unitario’, si litiga sul modello organizzativo Salta l’assemblea di gennaio
di Daniela Preziosi il manifesto 12.12.15
Il confronto ruvido, a lungo rimandato, alla fine era inevitabile ed è
arrivato. Ieri mattina dopo una combattuta riunione nella sede nazionale
di Sinistra ecologia e libertà, il gruppo di contatto delle forze
politiche e delle personalità che lavorano alla nascita di un soggetto
unitario a sinistra si è salutato, ma stavolta senza darsi un nuovo
appuntamento. Insomma, ha rotto, almeno fino a nuovo ordine.
Il ’tavolo (il «tavolo rosso» l’avevamo definito per farci capire, ma
avevamo fatto saltare i nervi a molti dei partecipanti) negli scorsi
mesi ha concordato una piattaforma per «l’avvio di un percorso
costituente» a partire dal prossimo gennaio, con tanto di primo
appuntamento già fissato. Vi avevano partecipato Sel, Prc, l’Altra
Europa con Tsipras, Possibile di Pippo Civati, Act, gli ex Pd Stefano
Fassina e Alfredo D’Attorre, l’europarlamentare Sergio Cofferati con un
altro ex Pd, suo sodale dai tempi della Cgil, Andrea Ranieri. Ma alla
prima curva gruppo ha perso subito un pezzo pregiato: gli stati generali
civatiani, riuniti a Napoli a novembre, avevano deciso di ritirarsi
dalla costituente, con tanto di mozione in assemblea.
Intanto però sono andate avanti le candidature comuni molte delle città
che vanno al voto nelle prossime amministrative. Giorgio Airaudo a
Torino, Stefano Fassina a Roma, per fare due esempi di città in cui il
centrosinistra si è rotto e la nuova futuribile formazione ha
l’occasione di testarsi.
Invece ieri la nuova frenata. La cronaca della discussione,
rigorosamente a porte chiuse, è un terreno minato. La sostanza del
busillis sta, a detta di tutti, nello scioglimento dei partiti che
dovrebbero confluire nel processo costituente. Sel e il gruppo
parlamentare di Sinistra Italiana (presente in forze con Fassina e
D’Attorre) propone la chiusura dei soggetti di provenienza. Rifondazione
comunista non è disponibile a rottamare il suo partito. In mezzo, le
ragioni e le mediazioni di molti altri, per esempio degli esponenti
dell’Altra Europa, che però stavolta non sono andate in buca. La
polemica è dura, ma inevitabile. Del resto dietro la questione dei
partiti ci sono culture politiche difficili da riavvicinare. «Sinistra
italiana antepone al processo unitario della sinistra la costruzione di
un nuovo partito», spiega Paolo Ferrero, segretario del Prc. «Noi non
siamo d’accordo perché pensiamo che per “unire ciò che il neoliberismo
divide” non serva un nuovo partito ma un soggetto unitario plurale, in
grado di valorizzare tutte le soggettività sociali, politiche e
culturali interessate a sconfiggere il neoliberismo: da Civati ai centri
sociali. Continueremo quindi a lavorare per l’unità della sinistra
valorizzando il 90 per cento che ci unisce e lasciando fuori dalla porta
il 10 per cento che ci divide». Ferrero nega che il Prc voglia
riproporre una federazione (un’esperienza nata e poi fallita, durò dal
2009 al 2012). «Non abbiamo mai proposto federazione. Abbiamo sempre
proposto ’una testa un voto’». In pratica nell’idea del Prc c’è un
tesseramento parallelo, «con vincolo per i partiti che si riconoscano
nel soggetto unitario di non presentarsi alle elezioni e il divieto
cumuli incarichi fra partito e soggetto unitario». Per Sel, come spiega
il coordinatore Nicola Fratoianni nell’intervista qui sotto, la doppia
tessera non è proponibile.
E poi ci sono i sospetti reciproci, ovvero le cose che non si dicono
ufficialmente. In area Sel si teme che mantenere le organizzazioni di
provenienza significhi lasciarsi le mani libere e la possibilità di
tornare ai partiti, in caso di dissenso politici; in area opposta invece
si considera la nascita del gruppo Sinistra italiana come
un’accelerazione e un’appropriazione del processo unitario.
Delusione cocente anche in Altra Europa, l’associazione che a più
riprese si era accollata il compito di trovare soluzioni ai litigi.
Massimo Torelli accusa Sel «di aver deciso di rompere a freddo», gli ex
Pd di usare «argomentazioni tardo Pci sul tema del partito», il Prc di
essere «guidato dall’ansia di tutelarsi», e conclude: «Fra noi c’è chi
mette in primo piano le sue esigenze particolari invece creare le
condizioni di un processo costituente per un soggetto politico come
definito nella Costituzione. E questo dimostra che siamo fuori dal
mondo».
“No al Partito della Nazione” La Lunga marcia degli antirenziani
Iniziative divise per colpire uniti: Fassina-D’Attorre a Napoli i bersaniani a Roma per riproporre un Pd ulivista e di sinistradi Carlo Bertini La Stampa 12.12.15
Come nella massima resa famosa da Mao del feldmaresciallo prussiano Von Moltke «marciare divisi per colpire uniti», i compagni fuoriusciti dal Pd e quelli ancora fermi nel recinto della «ditta», si ritroveranno oggi sotto le comuni (e non dichiarate) insegne dell’anti-renzismo. I primi a Napoli, Fassina-D’Attorre, a braccetto con i compagni di Sel Vendola, Scotto e Fratoianni, per fare pelo e contropelo al governo, sotto le bandiere di Sinistra Italiana. I secondi, con Bersani in grande spolvero e sotto le bandiere di Cuperlo e Speranza, al teatro Vittoria di Roma, per il primo battesimo del “correntone” (non vogliono per scaramanzia sia chiamato così) della sinistra Pd. Certo, la competition tra i due fronti è aspra, lo scambio di colpi tra le due guarnigioni è a dir poco acceso da quando Fassina e compagni hanno varcato il Rubicone; ma se gli avversari comuni sulla carta restano le destre e i grillini, il bersaglio grosso, vero comun denominatore è uno, il premier: che nelle stesse ore farà entrare nel vivo la sua sesta Leopolda. Bollata dai bersaniani tipo Federico Fornaro come «il congresso fondativo del partito della Nazione, con il corredo dell’orgoglioso rifiuto dei simboli del Pd». Se lo storytelling ormai ha un peso anche per la sinistra ex comunista, lo storyboard delle due «iniziative» è evocativo.
Sel e la campagna social
Dopo le polemiche delle ultime 24 ore seguite all’appello dei sindaci Pisapia, Zedda e Doria a marciare tutti uniti alle comunali, Sel si è scatenata sui social con una serie di vignette caustiche. Il volto di Guerini che sogghigna toccandosi un orecchio e la scritta, «caro Lorenzo, se volete governare con noi perché non avete esteso gli 80 euro a incapienti e pensionati?». Quello di Orfini accompagnato da un «caro Matteo, ma se volete...perché avete bocciato il reddito minimo?». E ancora la faccia di Fassino, «caro Piero, perché togliete la Tasi anche ai proprietari di case che valgono milioni di euro?». Ecco il lancio della manifestazione napoletana di Sinistra Italiana (sul sud e contro le politiche economiche del governo) parla da solo.
Il correntone e il congresso
Il filo rosso della giornata romana di Cuperlo-Speranza e Bersani è filo-ulivista, per un Pd che guardi a sinistra e non al centro. Insomma, l’antitesi è un nuovo centrosinistra contro la formula del partito della Nazione rilanciata dal renzianissimo Nardella e la stagione congressuale si può dire aperta con un anno di anticipo. Al Vittoria si comincia con un video sugli attacchi francesi, commentato dal giovane segretario del Pd parigino. Segue relazione introduttiva di Speranza, poi interventi esterni, tra cui Piero Ignazi e la Bonino. Per gettare un ponte con lo stato maggiore e restituire l’immagine di una «ditta» unita, parlerà anche il vicesegretario Pd Guerini. Spazio anche a Sergio Lo Giudice, capofila dei civatiani rimasti nel Pd e poi chiuderà Cuperlo. In mezzo interventi di sindaci, amministratori, segretari di sezione. «L’idea è di mettere in campo non una componente - sostiene Nico Stumpo - ma un contributo per realizzare una nuova stagione di centrosinistra». Ma il nodo ora sono le comunali. «Certo, questo campo da costruire è un po’ lesionato, forse perché non lo si è curato abbastanza», dice Bersani, «ma il Pd non si deve presentare isolato ai ballottaggi».
Salta la fusione tra Sel, Prc e Fassina
Fallisce il tentativo di creare un soggetto politico radicale sul modello spagnolo di “Podemos”di Matteo Pucciarelli Repubblica 13.12.15
MILANO«Ora ci sarà da avvertire Jeremy Corbyn che l’assemblea di lancio non si fa più, peccato, sarebbe venuto… », si cruccia Massimo Torelli dell’Altra Europa con Tsipras. «Una dura sconfitta per tutti», sentenzia Alfonso Gianni, per una vita mente politica di Bertinotti. È l’ennesimo capitolo della saga dell’unità a sinistra che non arriva mai, neanche ora che il Pd targato Renzi è diventato il nemico comune.
A metà gennaio infatti doveva tenersi l’iniziativa di lancio della “fase costituente” del nuovo partito che mettesse insieme i fuoriusciti del Pd e Rifondazione, Sel e area movimentista; La “brigata Kalimera” dovevano farla a settembre, poi rimandata a ottobre, infine fissata con l’inizio del nuovo anno. Ma niente da fare, la trattativa è finita male. Sul tavolo c’era la proposta di Act, piattaforma di movimento vicina al nuovo corso della Sel post- Vendola targata Nicola Fratoianni: «Un percorso basato su piena cessione di sovranità e sulla partecipazione, anche con una piattaforma digitale che consenta l’effettività della pratica democratica». In sostanza, la creazione di una specie di Podemos italiana, partendo da zero, dallo scioglimento delle varie organizzazioni. Una testa e un voto, con l’intento di aprire a chi non si riconosce nelle vecchie sigle e un programma da rifare “dal basso”. E invece, «spiace constatare — è il resoconto di Act — che di fronte alla palese insufficienza di tutte le forze politiche esistenti e davanti alla drammaticità della situazione politica del Paese non ci sia la forza e il coraggio per mollare tutti gli ormeggi». In parole povere, Rifondazione non ha accettato la clausola dello scioglimento. Nella testa di Paolo Ferrero, infatti, c’è più il modello Syriza, l’altra stella polare della sinistra radicale nostrana: cioè una unione di forze, una coalizione, con la possibilità della doppia tessera (quindi per il Prc di mantenere la propria identità comunista), e per la formazione in partito vero e proprio poi si vedrà.
In mezzo alle diatribe di metodo, ci sono anche i malumori — ad esempio — per il protagonismo di Stefano Fassina, «ora sembra Suslov, fa i discorsi da rivoluzionario — malignano in diversi — quando ieri era viceministro nel governo di larghe intese». Senza dimenticare Pippo Civati, che al tavolo non c’era proprio perché si è fondato il suo partito, cioè Possibile. E ancora, le amministrative: a Napoli e Torino l’area va alle elezioni unita e in alternativa al centrosinistra, a Roma probabilmente, a Bologna Sel è spaccata in due ed è stata commissariata, a Milano Sel per ora sta dentro alle primarie e il resto fuori, a Cagliari tutti insieme con il Pd. «Sel in parlamento non c’è già più e abbiamo dato vita a Sinistra Italiana. Presto ci scioglieremo e ci metteremo a disposizione per allargare ancora, di più cosa dobbiamo fare?», si domanda Fratoianni. Insomma, la strada resta in salita, nonostante la necessità di costruire una nuova aggregazione per sopravvivere.
Ferrero: «Serve una forza unitaria, non un partito»
Ferrero: chiudere il Prc? No, dall’Uruguay alla Grecia le organizzazioni restanointervista di Daniela Preziosi il manifesto 15.12.15
Paolo Ferrero (segretario del Prc, ndr) il nuovo soggetto unitario della sinistra non si fa più?
C’è stato un colpo di arresto. Ma io penso che sia assolutamente necessario e che bisogna continuare a lavorarci. Il neoliberismo sta imbarbarendo e distruggendo la terra, basti pensare che la conferenza sul clima di Parigi ha fissato alcuni obiettivi ma non gli strumenti con cui realizzarli né le sanzioni. Di fronte a tutto questo in Italia dobbiamo costruire una forza politica che raccolga tutti gli strati popolari che per mille e una ragione sono contro le politiche di austerità. E che punti alla maggioranza e a fare un governo alternativo.
Su questo siete tutti d’accordo. Ma questa forza non nasce. Perché per farla nascere voi non volete sciogliere il Prc nel nuovo soggetto, invece Sel sì?
Il dissenso è su cosa dobbiamo fare. Sel propone un partito. Per noi non può essere un partito a riunificare quello che il neoliberismo ha diviso, a meno che non ci si voglia fermare al 5 per cento. La crisi della forma-partito è evidente, il percorso unitario deve darsi una forma allargata, plurale, che valorizzi le autonomie culturali e politiche. Non serve un fortino ma un campeggio. Com’è in tutto il mondo, a sinistra, dall’America latina all’Europa.
Lei parla di crisi della forma-partito. Allora perché non scioglie il suo partito?
Diciamo da anni che il Prc è necessario ma non sufficiente. Proprio per questo serve un percorso unitario, ampio, non federativo, basato su una testa un voto.
Nella vostra idea quale rapporto ci sarebbe fra partiti e soggetto unitario? Proponete una doppia tessera?
Sì. Il soggetto avrebbe piena titolarità sulla costruzione del programma e dell’iniziativa politica. E monopolio della rappresentanza. Il Prc non si presenterà più al voto.
Quindi quale sarebbe il ruolo, se permette l’utilità, di un Prc partito ’parallelo’?
Vi è un enorme lavoro politico che i comunisti e le comuniste oggi fanno poco perché stiamo sempre a discutere di elezioni. Penso all’analisi del capitale e della composizione sociale, all’individuazione delle contraddizioni, alla formazione e controinformazione, al conflitto sociale e alla sua unificazione, alla formazione di militanti in grado di connettere conflitti e linguaggi.
In pratica un’associazione culturale?
No, resterebbe un partito che però si riconosce in una struttura più ampia. In Italia molti fanno politica, la faceva il sindaca dei consigli, la fa la Coalizione sociale di Landini, la fanno i movimenti. È un fatto positivo: bisogna valorizzare la pluralità delle forme della politica, non ridurle ad una. Non capisco perché si pone il problema di chiudere il Prc.
La Coalizione di Landini non non si presenta alle elezioni per statuto. E così farebbe Rifondazione. Il Frente Amplio dell’Uruguay è fatto di quaranta fra associazioni e partiti. Hanno vinto e governano. In Grecia Syriza ha una formula molto più federativa di quella che propongo.
La vecchia Federazione della sinistra doveva funzionare come lei propone, e invece si è rotta. Proprio sulle alleanze.
Quell’esperienza non c’entra niente, e non la ripropogo. Non funzionò perché lì si decideva in quattro, i segretari. E quando il Pdci chiese a Bersani di stare nel centrosinistra si ruppe tutto. Non riproponiamo la federazione. Tant’è che chiediamo che chi fa parte degli esecutivi dei partiti non faccia parte di quelli del soggetto unitario.
A proposito del ’si decideva in quattro’. Non state facendo lo stesso con il ’tavolo’ del soggetto unitario?
Se avessimo raggiunto un accordo a quel tavolo sarebbe stato un passo avanti. Ma accolgo la critica: un processo così deve partire dall’alto e dal basso. E non può fermarsi per un dissenso tra i vertici. Per rilanciarlo serve il protagonismo dei territori.
La sinistra si spacca sull’alleanze. Le differenze fra voi e altri è che sulle alleanze avete un’analisi diversa e irriducibile?
Le politiche di Renzi, l’Italicum e il fallimento dell’ipotesi del condizionamento del Pd, che ormai sta a destra, sono oggi un punto unitario rilevante. Per spirito di unità abbiamo scelto di non far saltare tutto sulle divisioni milanesi. Nel testo ’Noi ci siamo’ (un accordo fra partiti e associazioni approvato a novembre, ndr) era scritto chiaro che occorre costruire una sinistra alternativa alternativa al Pd, ed è stato sottoscritto da tutti: da Sel a Fassina a Civati. Continuo a pensare che uno spazio per stare insieme alle prossime politiche ci sia.
Almeno finché l’Italicum vi costringe a stare insieme?
Da questo punto l’Italicum di vista alza un muro. Ma quando il processo partirà la questione delle alleanze con il Pd sparirà. Io nelle assemblee di gente che chiede il ritorno al centrosinistra non ne incontro.
All’osso: voi dite ’mai con il Pd, altri dicono ’mai con Renzi’.
Con il Pd noi non faremo alleanze. Non le ho fatte neanche con quello di Bersani.
Ma avete governato insieme: dalla Milano di Pisapia alla Liguria di Burlando.
Oggi abbiamo superato quella fase. Il Pd ormai è costitutivamente un pezzo di liberismo. Sono avversari.
Civati si è sfilato dal soggetto unico.
Civati non pone un problema di indirizzo politico ma di modo di costruzione di un soggetto unitario. Sulla forma che proponiamo noi, unitaria ma plurale, Possibile potrebbe starci. Ma va chiesto a lui.
Andrete avanti lo stesso con il soggetto unitario?
Certo, è necessario. Stiamo discutendo con gli altri per vedere come. Sono anni che proponiamo una Syriza italiana, non a caso siamo nel percorso dell’Altra Europa con Tsipras. Un nuovo partito non risolve il problema. Se Sel e Fassina vogliono fare un nuovo partito, nulla da obiettare. Civati lo ha fatto. Ma questo non deve sostituire il processo costituente unitario in cui dobbiamo stare tutti e tutte. Chi dice che il soggetto unitario deve essere un partito in realtà vuole farsi il suo partito.
A Milano il Prc non parteciperà alle primarie con il Pd. Avete un’alternativa?
Ne cominciamo a discutere in un’assemblea mercoledì a Milano, ci saranno anche Revelli e Civati. Alle primarie del Pd può vincere un esponente del centrodestra. Per noi è semplicemente improponibile.
Iniziative divise per colpire uniti: Fassina-D’Attorre a Napoli i bersaniani a Roma per riproporre un Pd ulivista e di sinistradi Carlo Bertini La Stampa 12.12.15
Come nella massima resa famosa da Mao del feldmaresciallo prussiano Von Moltke «marciare divisi per colpire uniti», i compagni fuoriusciti dal Pd e quelli ancora fermi nel recinto della «ditta», si ritroveranno oggi sotto le comuni (e non dichiarate) insegne dell’anti-renzismo. I primi a Napoli, Fassina-D’Attorre, a braccetto con i compagni di Sel Vendola, Scotto e Fratoianni, per fare pelo e contropelo al governo, sotto le bandiere di Sinistra Italiana. I secondi, con Bersani in grande spolvero e sotto le bandiere di Cuperlo e Speranza, al teatro Vittoria di Roma, per il primo battesimo del “correntone” (non vogliono per scaramanzia sia chiamato così) della sinistra Pd. Certo, la competition tra i due fronti è aspra, lo scambio di colpi tra le due guarnigioni è a dir poco acceso da quando Fassina e compagni hanno varcato il Rubicone; ma se gli avversari comuni sulla carta restano le destre e i grillini, il bersaglio grosso, vero comun denominatore è uno, il premier: che nelle stesse ore farà entrare nel vivo la sua sesta Leopolda. Bollata dai bersaniani tipo Federico Fornaro come «il congresso fondativo del partito della Nazione, con il corredo dell’orgoglioso rifiuto dei simboli del Pd». Se lo storytelling ormai ha un peso anche per la sinistra ex comunista, lo storyboard delle due «iniziative» è evocativo.
Sel e la campagna social
Dopo le polemiche delle ultime 24 ore seguite all’appello dei sindaci Pisapia, Zedda e Doria a marciare tutti uniti alle comunali, Sel si è scatenata sui social con una serie di vignette caustiche. Il volto di Guerini che sogghigna toccandosi un orecchio e la scritta, «caro Lorenzo, se volete governare con noi perché non avete esteso gli 80 euro a incapienti e pensionati?». Quello di Orfini accompagnato da un «caro Matteo, ma se volete...perché avete bocciato il reddito minimo?». E ancora la faccia di Fassino, «caro Piero, perché togliete la Tasi anche ai proprietari di case che valgono milioni di euro?». Ecco il lancio della manifestazione napoletana di Sinistra Italiana (sul sud e contro le politiche economiche del governo) parla da solo.
Il correntone e il congresso
Il filo rosso della giornata romana di Cuperlo-Speranza e Bersani è filo-ulivista, per un Pd che guardi a sinistra e non al centro. Insomma, l’antitesi è un nuovo centrosinistra contro la formula del partito della Nazione rilanciata dal renzianissimo Nardella e la stagione congressuale si può dire aperta con un anno di anticipo. Al Vittoria si comincia con un video sugli attacchi francesi, commentato dal giovane segretario del Pd parigino. Segue relazione introduttiva di Speranza, poi interventi esterni, tra cui Piero Ignazi e la Bonino. Per gettare un ponte con lo stato maggiore e restituire l’immagine di una «ditta» unita, parlerà anche il vicesegretario Pd Guerini. Spazio anche a Sergio Lo Giudice, capofila dei civatiani rimasti nel Pd e poi chiuderà Cuperlo. In mezzo interventi di sindaci, amministratori, segretari di sezione. «L’idea è di mettere in campo non una componente - sostiene Nico Stumpo - ma un contributo per realizzare una nuova stagione di centrosinistra». Ma il nodo ora sono le comunali. «Certo, questo campo da costruire è un po’ lesionato, forse perché non lo si è curato abbastanza», dice Bersani, «ma il Pd non si deve presentare isolato ai ballottaggi».
Salta la fusione tra Sel, Prc e Fassina
Fallisce il tentativo di creare un soggetto politico radicale sul modello spagnolo di “Podemos”di Matteo Pucciarelli Repubblica 13.12.15
MILANO«Ora ci sarà da avvertire Jeremy Corbyn che l’assemblea di lancio non si fa più, peccato, sarebbe venuto… », si cruccia Massimo Torelli dell’Altra Europa con Tsipras. «Una dura sconfitta per tutti», sentenzia Alfonso Gianni, per una vita mente politica di Bertinotti. È l’ennesimo capitolo della saga dell’unità a sinistra che non arriva mai, neanche ora che il Pd targato Renzi è diventato il nemico comune.
A metà gennaio infatti doveva tenersi l’iniziativa di lancio della “fase costituente” del nuovo partito che mettesse insieme i fuoriusciti del Pd e Rifondazione, Sel e area movimentista; La “brigata Kalimera” dovevano farla a settembre, poi rimandata a ottobre, infine fissata con l’inizio del nuovo anno. Ma niente da fare, la trattativa è finita male. Sul tavolo c’era la proposta di Act, piattaforma di movimento vicina al nuovo corso della Sel post- Vendola targata Nicola Fratoianni: «Un percorso basato su piena cessione di sovranità e sulla partecipazione, anche con una piattaforma digitale che consenta l’effettività della pratica democratica». In sostanza, la creazione di una specie di Podemos italiana, partendo da zero, dallo scioglimento delle varie organizzazioni. Una testa e un voto, con l’intento di aprire a chi non si riconosce nelle vecchie sigle e un programma da rifare “dal basso”. E invece, «spiace constatare — è il resoconto di Act — che di fronte alla palese insufficienza di tutte le forze politiche esistenti e davanti alla drammaticità della situazione politica del Paese non ci sia la forza e il coraggio per mollare tutti gli ormeggi». In parole povere, Rifondazione non ha accettato la clausola dello scioglimento. Nella testa di Paolo Ferrero, infatti, c’è più il modello Syriza, l’altra stella polare della sinistra radicale nostrana: cioè una unione di forze, una coalizione, con la possibilità della doppia tessera (quindi per il Prc di mantenere la propria identità comunista), e per la formazione in partito vero e proprio poi si vedrà.
In mezzo alle diatribe di metodo, ci sono anche i malumori — ad esempio — per il protagonismo di Stefano Fassina, «ora sembra Suslov, fa i discorsi da rivoluzionario — malignano in diversi — quando ieri era viceministro nel governo di larghe intese». Senza dimenticare Pippo Civati, che al tavolo non c’era proprio perché si è fondato il suo partito, cioè Possibile. E ancora, le amministrative: a Napoli e Torino l’area va alle elezioni unita e in alternativa al centrosinistra, a Roma probabilmente, a Bologna Sel è spaccata in due ed è stata commissariata, a Milano Sel per ora sta dentro alle primarie e il resto fuori, a Cagliari tutti insieme con il Pd. «Sel in parlamento non c’è già più e abbiamo dato vita a Sinistra Italiana. Presto ci scioglieremo e ci metteremo a disposizione per allargare ancora, di più cosa dobbiamo fare?», si domanda Fratoianni. Insomma, la strada resta in salita, nonostante la necessità di costruire una nuova aggregazione per sopravvivere.
Ferrero: «Serve una forza unitaria, non un partito»
Ferrero: chiudere il Prc? No, dall’Uruguay alla Grecia le organizzazioni restanointervista di Daniela Preziosi il manifesto 15.12.15
Paolo Ferrero (segretario del Prc, ndr) il nuovo soggetto unitario della sinistra non si fa più?
C’è stato un colpo di arresto. Ma io penso che sia assolutamente necessario e che bisogna continuare a lavorarci. Il neoliberismo sta imbarbarendo e distruggendo la terra, basti pensare che la conferenza sul clima di Parigi ha fissato alcuni obiettivi ma non gli strumenti con cui realizzarli né le sanzioni. Di fronte a tutto questo in Italia dobbiamo costruire una forza politica che raccolga tutti gli strati popolari che per mille e una ragione sono contro le politiche di austerità. E che punti alla maggioranza e a fare un governo alternativo.
Su questo siete tutti d’accordo. Ma questa forza non nasce. Perché per farla nascere voi non volete sciogliere il Prc nel nuovo soggetto, invece Sel sì?
Il dissenso è su cosa dobbiamo fare. Sel propone un partito. Per noi non può essere un partito a riunificare quello che il neoliberismo ha diviso, a meno che non ci si voglia fermare al 5 per cento. La crisi della forma-partito è evidente, il percorso unitario deve darsi una forma allargata, plurale, che valorizzi le autonomie culturali e politiche. Non serve un fortino ma un campeggio. Com’è in tutto il mondo, a sinistra, dall’America latina all’Europa.
Lei parla di crisi della forma-partito. Allora perché non scioglie il suo partito?
Diciamo da anni che il Prc è necessario ma non sufficiente. Proprio per questo serve un percorso unitario, ampio, non federativo, basato su una testa un voto.
Nella vostra idea quale rapporto ci sarebbe fra partiti e soggetto unitario? Proponete una doppia tessera?
Sì. Il soggetto avrebbe piena titolarità sulla costruzione del programma e dell’iniziativa politica. E monopolio della rappresentanza. Il Prc non si presenterà più al voto.
Quindi quale sarebbe il ruolo, se permette l’utilità, di un Prc partito ’parallelo’?
Vi è un enorme lavoro politico che i comunisti e le comuniste oggi fanno poco perché stiamo sempre a discutere di elezioni. Penso all’analisi del capitale e della composizione sociale, all’individuazione delle contraddizioni, alla formazione e controinformazione, al conflitto sociale e alla sua unificazione, alla formazione di militanti in grado di connettere conflitti e linguaggi.
In pratica un’associazione culturale?
No, resterebbe un partito che però si riconosce in una struttura più ampia. In Italia molti fanno politica, la faceva il sindaca dei consigli, la fa la Coalizione sociale di Landini, la fanno i movimenti. È un fatto positivo: bisogna valorizzare la pluralità delle forme della politica, non ridurle ad una. Non capisco perché si pone il problema di chiudere il Prc.
La Coalizione di Landini non non si presenta alle elezioni per statuto. E così farebbe Rifondazione. Il Frente Amplio dell’Uruguay è fatto di quaranta fra associazioni e partiti. Hanno vinto e governano. In Grecia Syriza ha una formula molto più federativa di quella che propongo.
La vecchia Federazione della sinistra doveva funzionare come lei propone, e invece si è rotta. Proprio sulle alleanze.
Quell’esperienza non c’entra niente, e non la ripropogo. Non funzionò perché lì si decideva in quattro, i segretari. E quando il Pdci chiese a Bersani di stare nel centrosinistra si ruppe tutto. Non riproponiamo la federazione. Tant’è che chiediamo che chi fa parte degli esecutivi dei partiti non faccia parte di quelli del soggetto unitario.
A proposito del ’si decideva in quattro’. Non state facendo lo stesso con il ’tavolo’ del soggetto unitario?
Se avessimo raggiunto un accordo a quel tavolo sarebbe stato un passo avanti. Ma accolgo la critica: un processo così deve partire dall’alto e dal basso. E non può fermarsi per un dissenso tra i vertici. Per rilanciarlo serve il protagonismo dei territori.
La sinistra si spacca sull’alleanze. Le differenze fra voi e altri è che sulle alleanze avete un’analisi diversa e irriducibile?
Le politiche di Renzi, l’Italicum e il fallimento dell’ipotesi del condizionamento del Pd, che ormai sta a destra, sono oggi un punto unitario rilevante. Per spirito di unità abbiamo scelto di non far saltare tutto sulle divisioni milanesi. Nel testo ’Noi ci siamo’ (un accordo fra partiti e associazioni approvato a novembre, ndr) era scritto chiaro che occorre costruire una sinistra alternativa alternativa al Pd, ed è stato sottoscritto da tutti: da Sel a Fassina a Civati. Continuo a pensare che uno spazio per stare insieme alle prossime politiche ci sia.
Almeno finché l’Italicum vi costringe a stare insieme?
Da questo punto l’Italicum di vista alza un muro. Ma quando il processo partirà la questione delle alleanze con il Pd sparirà. Io nelle assemblee di gente che chiede il ritorno al centrosinistra non ne incontro.
All’osso: voi dite ’mai con il Pd, altri dicono ’mai con Renzi’.
Con il Pd noi non faremo alleanze. Non le ho fatte neanche con quello di Bersani.
Ma avete governato insieme: dalla Milano di Pisapia alla Liguria di Burlando.
Oggi abbiamo superato quella fase. Il Pd ormai è costitutivamente un pezzo di liberismo. Sono avversari.
Civati si è sfilato dal soggetto unico.
Civati non pone un problema di indirizzo politico ma di modo di costruzione di un soggetto unitario. Sulla forma che proponiamo noi, unitaria ma plurale, Possibile potrebbe starci. Ma va chiesto a lui.
Andrete avanti lo stesso con il soggetto unitario?
Certo, è necessario. Stiamo discutendo con gli altri per vedere come. Sono anni che proponiamo una Syriza italiana, non a caso siamo nel percorso dell’Altra Europa con Tsipras. Un nuovo partito non risolve il problema. Se Sel e Fassina vogliono fare un nuovo partito, nulla da obiettare. Civati lo ha fatto. Ma questo non deve sostituire il processo costituente unitario in cui dobbiamo stare tutti e tutte. Chi dice che il soggetto unitario deve essere un partito in realtà vuole farsi il suo partito.
A Milano il Prc non parteciperà alle primarie con il Pd. Avete un’alternativa?
Ne cominciamo a discutere in un’assemblea mercoledì a Milano, ci saranno anche Revelli e Civati. Alle primarie del Pd può vincere un esponente del centrodestra. Per noi è semplicemente improponibile.
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